Spese eccessive, disagi per i pazienti, reparti depotenziati: gli effetti dell’ospedale di primo livello su due plessi
Mentre il piano sanitario regionale accentua il divario tra il Piceno e il resto della regione, come dimostrano i dati su ospedali e case di comunità, gli eventi e i dati emersi negli ultimi giorni dimostrano i danni provocati dalla “follia” dell’ospedale di primo livello su due plessi
Mentre la Regione continua a penalizzare sempre più spudoratamente il Piceno, con un piano regionale sanitario che accentua notevolmente l’abisso che separa il nostro territorio, ancora una volta sono i fatti concreti, gli eventi che si ripetono quotidianamente ad evidenziare quanto dannosa e demenziale sia la geniale trovata dell’ospedale di primo livello su due plessi (quello di Ascoli e di San Benedetto) pensata dagli Acquaroli’s boys per mascherare la realtà e vergognosamente sostenuta da politici e amministratori della destra ascolana.
Abbiamo ampiamente e diffusamente evidenziato quanto penalizzante sia per il Piceno il nuovo piano sanitario regionale (vedi articolo “Beffa piano sanitario regionale, ennesimo schiaffo al Piceno”), ci sono due dati sugli ospedali di comunità e le case di comunità, al centro dello sgangherato piano regionale, che lo confermano. Per i primi la provincia di Ascoli avrà solo 19 posti letto ogni 100 mila abitanti rispetto ai 40 ogni 100 mila abitanti del resto della regione, mentre per le case di comunità nella provincia di Ascoli ne è prevista una ogni 35 mila abitanti rispetto alla media regionale di una ogni 22-25 mila abitanti.
“Ma se il diritto alla salute e all’assistenza deve essere uguale per tutti i cittadini perché nelle Marche il governo Acquaroli ha scelto di fare cittadini di serie A e serie B?” chiede il segretario provinciale del Pd Francesco Ameli. Il problema è che il piano sanitario infierisce su una situazione già disastrosa, con il diritto alla salute e all’assistenza che sono messi in discussione soprattutto dalla mancanza di ospedali e strutture sanitarie degne di tal nome nel territorio provinciale. Un problema che si trascina da tempo ma che ora si è ulteriormente e notevolmente aggravato con la demenziale trovata dell’ospedale di primo livello su due plessi che provoca disagi e problemi a non finire ai cittadini, non garantisce un’assistenza e servizi quanto meno sufficienti e, per altro, provoca situazioni paradossali e un vero e proprio spreco di soldi (che potrebbero e dovrebbero essere utilizzati proprio per rendere più decenti i servizi stessi).
Come sempre più di tante parole sono i fatti concreti e alcuni eventi dei giorni scorsi che dimostrano, in maniera sin troppo eloquente, l’assurdità e i gravi problemi che determina questa assurda situazione. Che innanzitutto provoca gravissimi disagi ai cittadini ascolani e sambenedettesi, in particolare agli anziani che, inevitabilmente, devono rivolgersi con più frequenza alle strutture sanitarie. Come nel caso di un’anziana 80enne ascolana con un’importante ferita ad una gamba. Che, innanzitutto, richiedeva una visita urgente da parte di un chirurgo, con il solito problema, però, che il primo posto utile tra Ascoli e San Benedetto era a settembre (da metà luglio).
La donna è quindi costretta a rivolgersi ad un privato (costo della visita 100 euro) che le prescrive inizialmente le medicazioni da parte dell’Adi (Assistenza domiciliare integrata) ma, al tempo stesso, le richiede una visita presso la struttura dell’Ast che si occupa di questo genere di ferite, l’ambulatorio infermieristico delle ferite difficili. Che, però, proprio nell’ottica di questa assurda divisione di servizi tra Ascoli e San Benedettosi trova in riviera, presso il Poliambulatorio Idi di via Romagna. Dopo una quindicina di giorni (e dopo aver ricevuto alcune medicazioni in casa da parte dell’Adi) la donna viene accompagnata dalla figlia a San Benedetto ed effettua la visita dalla quale emerge che c’è la necessità di effettuare (ogni 3-4 giorni) un genere di medicazione che è in grado effettuare solo quell’ambulatorio. Che, proprio per la specificità della prestazione, è del tutto evidente che dovrebbe essere presente sia ad Ascoli che a San Benedetto.
Però quei “geni” di Acquaroli e della sua giunta, con il benestare e l’incondizionato appoggio di gran parte dei politici e amministratori ascolani, hanno deciso che nel nostro territorio, a differenza del resto delle Marche, bisogna portare avanti questo indecoroso “spezzatino”. Così quella donna ultra 80enne è ora costretta a doversi recare ogni 3-4 giorni a San Benedetto per ricevere le necessarie cure, con tutti i disagi e le complicazioni che ciò comporta per chi è in quello stato ed è così avanti con l’età.
Nelle ore scorse, poi, un’altra sconcertante vicenda ha contribuito a rendere manifesto la follia di questa geniale trovata. E’, infatti, emerso che l’Ast 5 di Ascoli avrebbe speso 3,6 milioni di euro solo di carburante per i viaggi necessariamente molto più frequenti tra l’ospedale di Ascoli e di San Benedetto. Proprio la scorsa estate avevamo raccontato il calvario che aveva dovuto affrontare per ben due volte nel giro di pochi giorni un’altra anziana ascolana che, ricoverata per una frattura al bacino al “Mazzoni”, aveva dovuto attendere in entrambe le occasioni diverse ore, in condizioni di inaccettabile disagio e abbandono, che arrivasse l’ambulanza da San Benedetto per riportarla a casa (vedi articolo “La sanità disumana ai tempo dell’ospedale di primo livello su due plessi”).
Perché nell’ospedale di primo livello su due plessi accade spesso anche questo, che si complica e si trasformano in situazioni inaccettabili anche semplici servizi che potrebbero essere effettuati rapidamente, in pochissimi minuti, e senza provocare neppure il minimo disagio ai pazienti. Che invece o vengono sballottati da un ospedale all’altro o, in alternativa, devono attendere ore l’arrivo di un’ambulanza. Ora si scopre che questa “geniale idea” oltre che provocare inutili e inaccettabili disagi per i cittadini è anche causa di un autentico e consistente spreco di soldi (a quei 3,6 milioni di euro bisogna aggiungere anche le spese per il personale) che, invece, dovrebbero e potrebbero essere spesi per migliorare la qualità dei servizi.
Per altro un’altra vicenda che si sta sviluppando in queste ore dimostra che questa folle divisione dei servizi non è neppure utile e non produce neppure un miglioramento e un innalzamento di quei servizi che sono presenti solo in uno dei due ospedali. Come dimostra l’assurda situazione del reparto di diabetologia dell’ospedale di San Benedetto, denunciata dall’associazione dei diabetici di San Benedetto (“Onde Glicemiche”), insieme all’associazione diabetici di Ascoli Piceno. “Il reparto rischia il collasso per assoluta carenza di personale medico, l’unità diabetologica si ritrova con sole tre unità di personale medico che devono gestire i reparti di Ascoli e San Benedetto. E la prima e la più evidente conseguenza di questa situazione è l’interruzione di circa metà delle visite ambulatoriali necessarie” accusano le due associazioni.
“La patologia diabetica – aggiungono – è in costante aumento tra la popolazione e non è assolutamente possibile mantenere sottodimensionato un reparto che è stato sempre un’eccellenza della sanità sambenedettese”. Già, in un mondo normale effettivamente non sarebbe possibile. Ma nel Piceno penalizzato e umiliato dalla Regione, con la demenziale trovata dell’ospedale di primo livello su due plessi, purtroppo è possibile questo e anche molto altro…