Un anno da presidente: il mondo a rovescio del governatore Acquaroli


Nel surreale resoconto del primo anno da presidente, Acquaroli non si vergogna neppure di rivendicare la gestione della pandemia che, invece, ha fatto acqua da tutte le parti. Ed esalta il potenziamento delle Usca che, però, non erano state riattivate nel momento più drammatico

Non è certo una novità che la vita politica italiana è caratterizzata da una smisurata propaganda, una serie interminabile di annunci e proclami che, nella maggior parte dei casi, non corrispondono per niente (o solo in minima parte) alla realtà. Al punto che ormai ci siamo abituati e rassegnati alle faraoniche e improbabili promesse fatte in campagna elettorale, che puntualmente poi non vengono mai mantenute, e ai trionfali bilanci dei primi 100 giorni, del primo anno o di un intero mandato che disegnano scenari idilliaci che esistono solo nella fervida immaginazione dei nostri politici e amministratori.

Non poteva sfuggire a questa discutibile prassi neppure il governatore marchigiano Francesco Acquaroli. Che nei giorni scorsi ha tracciato un bilancio del suo primo anno da presidente delle Marche tra interviste, dichiarazioni e post sui social, tutte ovviamente con toni a dir poco trionfalistici, con tanto di manifesto nel quale elenca i (molto) presunti risultati positivi ottenuti in questi primi 12 mesi. Un concentrato di chiacchiere, mistificazioni, illusioni, con anche il patetico tentativo di accreditarsi risultati che in realtà sono ascrivibili a chi l’ha preceduto (ad esempio la banda larga, la difesa della costa, i nuovi voli aerei solo per citarne qualcuno) o ad altri (la presunta accelerazione della ricostruzione, esclusivo merito del commissario Legnini nominato dal governo Conte).

Sarebbe sin troppo semplice smontare, con fatti e dati concreti, il racconto virtuale del presidente della Regione, come ha fatto con assoluta precisione e nel dettaglio la consigliera regionale ascolana Anna Casini. C’è, però, in particolare un aspetto che colpisce e sconcerta nel resoconto incantato del governatore marchigiano. Che, poi, è anche il segno di come sia precipitato sempre più in basso il livello della politica italiana, di come di fronte alla smania di ottenere un voto in più, un maggiore apprezzamento, non ci si ferma di fronte a nulla, al punto che passa in secondo piano anche il doveroso rispetto umano che bisognerebbe invece avere in determinate vicende.

Senza troppi giri di parole, è un insulto all’intelligenza e alla memoria dei marchigiani vantarsi, come ha fatto Acquaroli, della gestione della seconda fase della pandemia, con tutto quello che è accaduto in quei drammatici mesi. Soprattutto, però, è una gravissima mancanza di rispetto nei confronti delle oltre 3 mila vittime marchigiane provocate dal covid e delle loro famiglie vantarsi di qualcosa di cui invece bisognerebbe vergognarsi, per cui bisognerebbe addirittura chiedere scusa. “Gestione della pandemia: potenziamento Usca e terapie intensive, maggiore tracciamento, screening di massa, covid hotel e terapie domiciliari” scrive Acquaroli nel suo manifesto celebrativo.

Sarebbe sin troppo facile ricordare quello che in realtà è accaduto nei mesi più difficili, da settembre fino a primavera, tutti gli imbarazzanti errori commessi dalla Regione stessa. Dalla mancata differenziazione degli ospedali, al ritardo nel decretare la zona rossa in alcune territori regionali, fino alle incertezze per quanto riguarda gli interventi da attuare nelle scuole. Per non parlare della serie imbarazzante di “panzane” raccontate dalla coppia di assessori più squinternata della storia delle Marche, Filippo Saltamartini (salute) e Giorgia Latini (cultura). Senza dilungarci ulteriormente, per ricordare cosa è accaduto in quei difficili mesi si possono consultare alcuni degli articoli e degli approfondimenti pubblicati allora (vedi in fondo all’articolo), sufficienti a fornire un quadro ovviamente ben differente rispetto a quello millantato dal governatore.

Quel riferimento alle Usca (Unità speciali di continuità assistenziale), però, è un vero e proprio inaccettabile schiaffo, una gravissima mancanza di rispetto nei confronti di tutti quei marchigiani e delle loro famiglie che nella fase iniziale della seconda ondata hanno subito le conseguenze della mancata tempestiva riattivazione delle Usca. “Servirebbero le Usca, che nella prima fase avevano così bene seguito i pazienti nelle loro abitazioni, con visite e consulti a distanza. Peccato, però, che nella nostra zona sono state riattivate solo in questi giorni” scrivevamo nel novembre scorso nell’articolo “La morte disumana ai tempi del covid” nel quale raccontavamo la tragica fine di un anziano ascolano colpito dal covid e lasciato per giorni a casa senza una reale assistenza.

Era la fine di ottobre e la situazione nelle Marche (come nel resto del Paese) era drammatica, con tantissimi casi, terapie intensive e ospedali al collasso e, purtroppo, centinaia di morti ogni giorno. In quel momento le Usca sarebbero assolutamente servite, solo che nella maggior parte del territorio marchigiano non erano state riattivate. Ovviamente nessuno, tanto meno chi scrive, può o vuole sostenere che, se fossero state presenti, quell’anziano e tanti altri marchigiani non sarebbero morti. Ma chi ha vissuto da vicino quei giorni così drammatici non può certo accettare di sentire il presidente Acquaroli che, invece di chiedere scusa ai marchigiani, addirittura prova a pavoneggiarsi per qualcosa di cui invece dovrebbe vergognarsi.

Come abbiamo anticipato, ormai siamo abituati ad ogni genere di propaganda e siamo rassegnati a farci scivolare addosso, senza neppure dargli troppo peso, i surreali racconti di imprese e risultati che semplicemente non esistono. Ma in questo caso è impossibile far finta di nulla, il minino che si poteva pretendere dal governatore marchigiano e dalla sua sgangherata amministrazione era di avere la sensibilità per evitare certe “bassezze”. Ma, come diceva Manzoni per il coraggio, la sensibilità se uno non ce l’ha non se la può dare. Più in generale i nostri politici e i nostri amministratori dovrebbero proprio smetterla di utilizzare anche le vicende sanitarie per fare la più bassa e becera propaganda, non è il caso quando c’è di mezzo la salute dei cittadini.

Invece, in particolare nel nostro territorio, l’ultima campagna elettorale per le regionali è stata quasi esclusivamente incentrata sulla sanità, con i più scaltri candidati che hanno cavalcato il più becero tifo campanilistico per “salvare” due ospedali (Ascoli e San Bendetto) che insieme non ne fanno mezzo e che rendono la nostra provincia (per distacco…) la cenerentola delle Marche in campo sanitario. Così ora, sempre nel solco della più becera propaganda, Acquaroli nel suo rendiconto incantato può esibire con orgoglio lo “stop agli ospedali unici, avvio del percorso del nuovo piano socio sanitario”.

Sorvolando sul fatto che in realtà per il Piceno quello che si ipotizzava di realizzare nella vallata non sarebbe certo stato unico quanto, invece, un ospedale di primo livello, l’alternativa proposta per non scontentare nessuno  è quasi comica, il famoso ospedale di primo livello su due strutture (che quindi in questa visione sarebbero entrambe di mezzo livello), in concreto una schifezza senza precedenti. Ma anche in questo caso, al di là della propaganda, ci sono i fatti drammatici e reali che, purtroppo, accadono quotidianamente che dovrebbero far riflettere e far ragionare seriamente, mettendo da parte la propaganda ma pensando esclusivamente alla tutela della salute. Basterebbe, ad esempio, citare la vicenda accaduta qualche settimana fa ad un anziano ascolano colpito nella notte da un ictus.

Trasportato con il 118 al Pronto Soccorso dell’ospedale di Ascoli, da lì è stato subito trasferito al Pronto Soccorso dell’ospedale di San Benedetto dove, a differenza della struttura ascolana, è presente il reparto di Neurologia. Che, però, non è attrezzato adeguatamente per intervenire nei casi più gravi. Così, dopo aver effettuato immediatamente una trombolisi, il paziente è stato trasferito all’ospedale Torrette di Ancona per sottoporlo a trombectomia.

Dopo un paio di giorni, poi, alcune complicanze hanno richiesto lo spostamento dell’uomo nel reparto di Rianimazione. Ma al Torrette non c’era posto e, per il tipo di terapia a cui doveva essere sottoposto, gli ospedali di Ascoli e San Benedetto non erano attrezzati. Quindi il trasferimento all’ospedale di Fermo da dove, poi, dopo diversi giorni, il successivo trasferimento nuovamente ad Ascoli. Ancora qualche giorno e, una volta che il ricovero in Rianimazione non era più necessario, ecco  il nuovo trasferimento a San Benedetto dove è presente la Neurologia.

Una vera e propria follia, evitabile con la presenza nel territorio di un ospedale davvero di primo livello, come appunto quello che si ipotizzava di realizzare lungo la vallata. In realtà c’è poco da stupirsi perché sarebbe stato sufficiente chiedersi nei mesi scorsi come mai la quasi totalità del personale medico e sanitario era non solo favorevole ma addirittura spingeva per quella soluzione, considerata l’unica in grado di migliorare la qualità della sanità del territorio ascolano.

Al di là di ogni altra considerazione, queste vicende dovrebbe far riflettere e insegnare che almeno la tutela della salute dei cittadini dovrebbe essere lasciata fuori dalla propaganda politica. Cosa che non ha fatto il governatore Acquaroli…

Per non dimenticare…

Non ci resta che piangere…

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