Il Vaticano insorge dopo le accuse di Fedez (“ha un debito di 5 miliardi di euro su ici non pagata”), mentre i giornali di destra e il presidente dell’Apsa lo accusano di dire solo fesserie. Ma i dati citati da Corte europea, Anci e ministero sono simili a quelli forniti del rapper…
Al netto delle imbarazzanti imprecisioni (per usare un eufemismo) delle questioni sollevate, l’inopportuna ingerenza del Vaticano sul ddl Zan ha quanto meno avuto il merito di riaprire la discussione sui debiti che il Vaticano stesso ha nei confronti del nostro paese. In realtà a riportare l’attenzione su un tema che continua ad essere inspiegabilmente ignorato è stato Fedez con il suo duro commento postato sui social. “Riassumendo – ha scritto – il Vaticano che ha un debito stimato di 5 miliardi di euro su tasse immobiliari mai pagate dal 2005 ad oggi per le strutture a fini commerciali dice all’Italia guarda che con il ddl Zan stai violando il concordato…”.
Ed è significativo che il Vaticano stesso e tutta la schiera di politici, giornali e giornalisti sempre pronti a schierarsi dalla parte della Santa Sede sono insorti più per replicare a quelle accuse che per provare a giustificare (una sorta di impresa impossibile…) l’inopportuna ingerenza. “Fedez ha detto fesserie, la Chiesa paga regolarmente le tasse” ha titolato il giorno successivo “Il Giornale”, mentre giornali e siti internet rilanciavano la replica polemica di monsignor Nunzio Galantino, presidente dell’Apsa (l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica che gestisce gli immobili della Santa Sede).
“L’unica risposta che si può dare ad una persona disinformata sono le carte, i fatti, non so se lo faccia per ignoranza o per malafede, non ci sono alternative. A fronte di affermazioni che lui non può documentare, io posso invece documentare che il Dicastero che presiedo paga” ha affermato mons. Galantino, fornendo poi alcune cifre: “nel 2020 l’Aspa ha pagato 5,95 milioni di euro per l’imu e 2,88 milioni di euro per l’ires. A queste vanno aggiunte le imposte pagate da Governatorato, Propaganda Fide, Vicariato di Roma, Conferenza Episcopale italiana e singoli enti religiosi. Nel 2019 abbiamo pagato oltre 9 milioni e 300 mila euro”.
Sarebbe sin troppo facile utilizzare nei confronti di Galantino lo stesso tono che il monsignore utilizza nei confronti di Fedez, sottolineando che non si capisce se il presidente dell’Apsa, che con consumata abilità prova a cambiare le carte in tavola e a stravolgere e strumentalizzare le affermazioni del rapper, “lo faccia per ignoranza o per malafede”. Perché lo capisce anche un bambino che il rapper parla di una cosa (le tasse immobiliari non pagate dalla Chiesa nel passato e ancora non recuperate) mentre la risposta “piccata” e i numeri forniti da monsignor Galantino riguardano tutt’altro (le tasse immobiliari giustamente pagate nel 2019 e nel 2020).
Difficile pensare che il presidente dell’Apsa abbia frainteso o non capisca l’enorme differenza, sarebbe quanto meno inquietante scoprire che il Vaticano ha messo alla guida della struttura che gestisce il proprio patrimonio immobiliare uno che non comprende neppure una differenza così elementare. Molto più logico pensare che monsignor Galantino abbia preferito spostare volutamente il tiro per non addentrarsi su un terreno estremamente scivoloso. Per questo è interessante provare a fare un po’ di chiarezza, partendo innanzitutto dalla premessa che sull’entità del debito della Chiesa nei confronti dello Stato italiano non c’è un dato certo al 100%.
Questo, però, non vuol dire affatto che Fedez abbia citato un dato a caso anzi, come vedremo il rapper fa riferimento ad alcuni documenti ufficiali che riportano quella cifra. Quello che, però, è sicuro e assolutamente non in discussione è che la Chiesa ha un debito consistente nei confronti dell’Italia, nato nel periodo del governo Berlusconi (2005) quando venne approvato un regime di esenzione dall’ici per i beni ecclesiastici che poi è stato ritenuto illegittimo dall’Unione europea.
Prima di quell’intervento, l’ici per i beni della Chiesa era regolata dall’art. 7 del d.lgs 504/1992 che prevedeva l’esenzione dal pagamento per i “fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto e alle relative pertinenze” e anche per i fabbricati impiegati dagli enti ecclesiastici in attività a vocazione sociale e filantropica “quando fossero destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”.
Nel 2004 una sentenza della Corte di Cassazione intervenne in maniera restrittiva, escludendo l’esenzione per quegli immobili appartenenti ad un ente ecclesiastico ma destinati ad attività “oggettivamente commerciali”. Nel 2005, poi, il governo Berlusconi (con d.l. 30 settembre 2005 n. 203 poi modificato dal d.l. 4 luglio 2006 n. 223) stabilì che l’esenzione fosse applicabile alle attività che non avessero “esclusivamente natura commerciale”. Di conseguenza una qualsiasi attività commerciale, gestita da religiosi anche con la volontà di realizzare un profitto, solo per il fatto di essere collegata ad una finalità di religione o di culto aveva diritto all’esenzione dall’imposta.
Un’evidente mostruosità che inevitabilmente ha generato una serie di controversie giudiziarie, soprattutto da parte di chi riteneva (a ragione) di subire una concorrenza sleale determinata dal fatto che quelle attività della Chiesa, non dovendo pagare la tassa sugli immobili, avevano un ingiusto vantaggio. Nel 2012, poi, il governo Monti, cambiando la vecchia ici con l’imu, stabilì che le esenzioni riguardassero solo gli immobili della Chiesa dove non venivano svolte attività economiche. Nello stesso anno la Commissione europea, chiamata a pronunciarsi su una serie di ricorsi presentati dopo l’intervento del governo Berlusconi nel 2005, stabilì che quel regime di esenzione in vigore tra il 2006 e il 2011 fosse illegittimo perché costituiva un aiuto di Stato non legittimo.
Allo stesso tempo, però, la Commissione sostenne che era oggettivamente impossibile per l’Italia recuperare l’ici non versata dalla Chiesa in quei 6 anni. Decisione contro la quale fecero ricorso diversi privati cittadini, con la Corte di giustizia dell’Ue che nel novembre 2018 ha sentenziato che la Commissione aveva torto. E sulla base di quella sentenza la stessa Commissione europea, nell’aprile 2019, ha chiesto all’Italia di recuperare l’ici arretrata e non versata dalla Chiesa, suggerendo anche tre possibili strade per farlo. Senza addentrarci negli aspetti tecnici suggeriti dalla Commissione, quello che conta è che il governo italiano inspiegabilmente da allora non ha fatto nulla.
Quindi è vero, come ha sostenuto Fedez, che il Vaticano ha un debito nei confronti dello Stato italiano che, appunto, si riferisce all’ici non versata nei 6 anni che vanno dal 2006 al 2011. Ed è del tutto evidente, quindi, che repliche stizzite alle affermazioni del rapper di alcuni giornali e di monsignor Galantino non hanno alcun valore, perché nessuno ha messo in discussione le tasse immobiliari pagate dalla Chiesa dal 2012 in poi. Piuttosto c’è da capire la reale entità del debito, se i 5 miliardi citati da Fedez sono un dato reale o un’invenzione. Come già anticipato non c’è una stima certa e verificata, quel che è certo è che il rapper italiano fa riferimento a quanto è riportato in alcuni documenti ufficiali.
In particolare ad una relazione dell’Anci, che parla di un debito di circa 5 miliardi di euro, mentre anche nella proposta di legge presentata nel 2019 dal Movimento 5 Stelle, nella relazione istruttoria allegata, si cita un’analisi dell’Anci secondo cui nel periodo in cui è stato in vigore il provvedimento di Berlusconi ogni anno la Chiesa non versava allo Stato circa 800 milioni di euro di ici (per 6 anni sono, appunto, circa 5 miliardi di euro). Va detto che l’Anci stessa non ha mai chiarito adeguatamente su che basi ha calcolato quella cifra.
Allo stesso tempo è opportuno ricordare che già nel 2006, quando entrò in vigore il provvedimento del governo Berlusconi, sempre l’Anci aveva previsto che quell’esenzione determinava mancati introiti tra 500 e 800 milioni di euro all’anno. Va per altro sottolineato come la stessa Corte di giustizia europea, nella sentenza del 2018, aveva parlato di un debito da parte del Vaticano di oltre 4 miliardi, mentre la cifra di 4,8 miliardi di euro è riportata anche in una relazione del ministero dell’economia dei primi mesi del 2019. Quando il governo giallo-verde (M5S e Lega) sembrava essere sul punto di chiudere un accordo con il Vaticano sulla base di una sorta di sanatoria che prevedeva il versamento da parte della Santa Sede di 2 miliardi di euro per chiudere definitivamente la questione ici non pagata.
Accordo, che secondo quanto scrivevano allora i giornali il Vaticano sembrava vedere positivamente, saltato poi per la posizione più intransigente di una parte del M5S. Per concludere, quindi, non si può dire con certezza che la cifra citata da Fedez sia esatta ma, di certo, quanto meno è molto vicina alla realtà e, ancor più, il suo intervento è fondato su documenti che, pur non essendo mai stati definitivamente certificati, nessuno ha mai concretamente smentito o messo in discussione.
E in tutta questa vicenda ciò che è veramente scandaloso non sono certo le dichiarazioni del rapper ma il fatto che lo Stato italiano, a 3 anni dalla sentenza della Corte europea, non abbia ancora fatto nulla per ottenere dal Vaticano la restituzione di quanto non pagato in quei 6 anni…