Contagi in crescita, ospedali e terapie intensive al collasso: delle Marche i dati peggiori d’Italia


Eppure, nonostante l’evidenza, il governatore Acquaroli, che già a fine gennaio e a metà febbraio parlava di dati in continuo miglioramento, vede una flessione, sia pure troppo lenta. Forse perché da quando è peggiorata la situazione d’incanto sono diminuiti i tamponi effettuati…

Passati il venerdì ed il sabato, credevamo di essercela scampata dall’ormai tradizionale annuncio carico di immotivato ottimismo del governatore Acquaroli. Invece domenica (21 marzo) mattina puntuale è arrivato il messaggio presidente della Regione, anche se questa volta l’ottimismo era decisamente più contenuto, non come le settimane passate. Come, ad esempio, a fine gennaio quando annunciava il passaggio in zona arancione, rassicurando però tutti i marchigiani. “Le prossime due settimane saremo arancioni – affermava allora Acquaroli – ma il provvedimento è eccessivo, i dati stanno già migliorando”.

Invece nelle settimane successive si è purtroppo assistito ad un deciso e diffuso peggioramento. Eppure a fine febbraio, mentre nella provincia di Ancona la situazione era già precipitata, Acquaroli annunciava di aver scritto al presidente del Consiglio Draghi invocando per Pasqua l’apertura dei ristoranti anche nelle ore serali nelle regioni in fascia gialla, certo che tra queste sicuramente ci sarebbe stata anche la nostra. Intanto, però, nel mondo reale i dati delle Marche sono continuati a peggiorare, tanto che lo stesso governatore marchigiano è stato costretto (purtroppo con notevole ritardo) a mettere tutte le province, ad eccezione di quella di Ascoli, in zona rossa. Nel fine settimana scorso, poi, è arrivata l’inevitabile decisione della cabina di regia del ministero di mettere tutta la regione in zona rossa.

La speranza è che restiamo rossi solo due settimane – ha commentato l’inguaribile ottimista del presidente della Regione – d’altra parte i dati sono già in miglioramento”. Nell’ultimo fine settimana non sono arrivate novità ma le prospettive non sembrano essere particolarmente incoraggianti. Per questo anche l’ottimismo di Acquaroli si è di molto stemperato, anche se il presidente continua a vedere un, sia pure lento, miglioramento dei dati. “Purtroppo la curva dell’andamento dei contagi, che aveva iniziato a decrescere già da due settimane, flette molto lentamente e addirittura nella scorsa settimana, per alcune fasce di età, nonostante le scuole chiuse, continua a crescere” ha scritto sui social il governatore marchigiano secondo cui, quindi, sia pure lentamente, ma i dati sarebbero in miglioramento.

Lo sono da fine gennaio per Acquaroli, lo erano anche la settimana scorsa. Ma, allora, come mai non riusciamo neppure ad intravedere la fine della zona rossa? La realtà, molto semplice ma anche molto sconfortante, è che il miglioramento dei dati è solo nella fantasia del governatore marchigiano. A cui forse qualcuno dovrebbe spiegare che se il numero di contagi settimanali diminuisce di poco, solo perché vengono effettuati molti meno tamponi rispetto alle settimane precedenti, non significa affatto che la situazione stia migliorando, anzi. In tal senso i numeri sono chiarissimi.

Nella settimana che va dal 1 al 7 marzo si sono registrati complessivamente 5.254 nuovi contagi nelle Marche a fronte di 28.120 tamponi effettuati (nel percorso nuove diagnosi), con un tasso di positività del 18,6%. Inoltre domenica 7 marzo i ricoveri in terapia intensiva erano 98, mentre i ricoveri ordinari 714. Nella settimana successiva (8-14 marzo) sono stati riscontrati 5.064 nuovi contagi a fronte di 26.662 tamponi, con un tasso di positività del 18,9%, mentre domenica 14 marzo erano 131 i ricoveri in terapia intensiva e 834 quelli ordinari. La settimana scorsa (15 – 21 marzo) i nuovi contagi sono stati 4.998 su 22.994 tamponi, con un tasso di positività del 21,7%, mentre i ricoveri in terapia intensiva sono 145 e quelli ordinari 905. In altre parole non c’è alcuna flessione, anzi, il tasso di positività cresce di settimana in settimana, con un aumento negli ultimi 7 giorni di quasi il 3%.

Certo se poi di settimana in settimana diminuisce il numero dei tamponi effettuati è ovvio che diminuiscono i positivi e che, di conseguenza, da questo punto di vista “la curva dell’andamento dei contagi flette molto lentamente”. Potrebbe essere una soluzione, se smettiamo del tutto di fare tamponi i contagi si ridurranno notevolmente, quasi allo zero… Ironia a parte, ci sarebbe innanzitutto da capire per quale ragione con il peggiorare della situazione, con la crescita del tasso di positività invece di aumentare si riduce il numero dei tamponi effettuati in una sorta di “occhio non vede, cuore non duole”.

Purtroppo, però, si può far finta di non vedere, si possono interpretare i dati nel modo che si vuole ma la situazione nelle Marche resta a dir poco preoccupante. Per altro è sconfortante scoprire che, mentre nel resto del paese si iniziano a intravedere segnali di rallentamento (come evidenza la Fondazione Gimbe), le Marche sono invece in totale controtendenza. Non solo, sempre secondo la Fondazione Gimbe, i dati in area medica delle Marche sono in assoluto i peggiori d’Italia. Per i ricoveri ordinari il dato nazionale supera di poco (41%) la soglia di allerta del 40%, con Lombardia, Piemone ed Emilia Romagna che sono oltre il 50% mentre la nostra regione fa segnare uno sconfortante 63%.

Per quanto concerne le terapie intensive il dato nazionale, 37%, è decisamente sopra la soglia di guardia ma ci sono regioni che hanno sforato il 50%, con le Marche (in compagnia della Provincia di Trento) che raggiunge il 58%. In altre parole qui non si flette un bel niente, neppure lentamente, ma continua la crescita da ogni punto di vista. Il problema è che una situazione così negativa purtroppo non è per nulla imprevista e inattesa, solo Acquaroli nel suo perenne stato da “Alice nel paese delle meraviglie” può stupirsene. Lo avevamo ampiamente previsto nelle settimane scorse, e mai come in questo caso avremmo preferito dover ammettere di aver sbagliato, di fronte ai provvedimenti sterili e tardivi adottati dalla Regione. Senza tornare ancora una volta sulla mancata differenziazione degli ospedali regionali in covid e no covid, con tutte le conseguenze “nefaste” che ha determinato, non ci sono scusanti e giustificazioni per quello che è avvenuto e per quello che continua ad accadere.

Ormai lo hanno capito tutti, evidentemente tranne Acquaroli, che con questa pandemia bisogna giocare d’anticipo, prevenire e intervenire ai primi segnali e non aspettare il peggio. A febbraio i segnali negativi nelle Marche c’erano tutti, i medici che sono sul campo, tutto il personale sanitario per settimane ha invocato immediate misure restrittive, la chiusura delle scuole per evitare il peggio ma il presidente Acquaroli era impegnato a contestare i provvedimenti del governo, a chiedere addirittura maggiori riaperture, cercando ad ogni costo di far credere che non c’erano problemi, nonostante l’evidenza clamorosamente contraria. Inevitabili le conseguenze, dove sono intervenuti senza aspettare (Toscana, Umbria e Abruzzo) ora la situazione è sensibilmente migliorata, al punto che quelle regioni sono tornate arancioni.

Nelle Marche, invece, solo da lunedì 15 marzo tutta la regione è in zona rossa e soltanto pochi giorni prima il governatore si è deciso a portare tutte le province, ad eccezione di quella di Ascoli, in zona rossa. Prima c’erano stati provvedimenti semplicemente surreali, come quello che chiudeva (per modo di dire…) in entrata e in uscita la provincia di Ancona, lasciando però al suo interno tutto aperto. La Fondazione Gimbe ha ribadito nei giorni scorsi che servono almeno 15-20 giorni dopo l’adozione delle restrizioni (serie, non farsa come quelle inizialmente adottate nelle Marche) per iniziare a vedere i primi effetti, quindi bisognerà attendere fine marzo e il periodo di Pasqua per avere un concreto miglioramento.

Almeno si spera, perché restano delle anomalie nella nostra regione che rischiano di far allungare ulteriormente i tempi. Mentre tutte le attività sono chiuse, mentre i normali cittadini devono rimanere il più possibile in casa, nella Marche continuano regolarmente a svolgersi ogni fine settimana decine e decine di eventi sportivi che muovono centinaia di atleti/e e componenti dello staff tecnico, senza seri e concreti controlli (nella maggior parte dei casi solo sulla base dell’autocetificazione). Parliamo, tra l’altro, non di atleti/e professionisti ma di ragazze e ragazzi che, poi, nel corso della settimana vanno al lavoro, quando erano aperte a scuola o all’università, sono in casa con genitori e nonni e non ci sarebbe bisogno di spiegare che tipo di rischio possono rappresentare. In alcune regioni i governatori non si sono fatti scrupoli di intervenire e di bloccare ogni evento del genere, almeno fino a che i dati sono da zona rossa.

Invece nelle Marche tutto procede come se nulla fosse, come se gli ospedali e le terapie intensive non fossero al collasso. Certo una qualche responsabilità ce l’hanno anche le rispettive federazioni che fingono di non rendersi conto della situazione. Nell’ultimo fine settimana, ad esempio, si sono regolarmente giocate 14 partite del campionato regionale di volley (maschile e femminile), con palazzetti e palestre aperti (ovviamente solo per atleti e staff tecnico) ovunque, anche nelle province di Ancona e Pesaro che sono nella situazione peggiore, e con decine e decine di squadre (15-20 componenti, tra giocatori e staff tecnico, per squadra) tranquillamente in giro per le Marche.

Nel primo fine settimana di marzo, invece, al Pala Prometeo di Ancona si è regolarmente svolta una gara di ginnastica artistica al termine della quale si è sviluppato un focolaio che ha determinato anche la positività della campionessa italiana Vanessa Ferrari (che ha denunciato la situazione con un post sui social) che ora rischia anche di saltare i campionati europei. Sicuramente inaccettabile il comportamento delle federazioni, ma in altre regioni ci hanno pensato i governatori a fermare tutto (o quasi), Certo, però, se Acquaroli continua a vedere dati in miglioramento è difficile sperare che qualcosa cambi…

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