Dal monitoraggio dell’associazione Civico97 emerge come il 92,4% dei Comuni capoluoghi di provincia (110 su 119) nel 2016 ha adottato il piano triennale di Prevenzione della Corruzione. Ma tra i 9 Comuni inadempienti c’è quello di Ascoli che è anche rimasto senza responsabile della trasparenza e dei controlli interni…
E’ sicuramente estremamente positiva la notizia che ci fornisce l’associazione Civico97 secondo cui ben 110 Comuni capoluoghi di provincia su 119 (il 92,4%) ha adottato il piano triennale di Prevenzione della Corruzione che, secondo la legge n.190 del 2012, doveva essere adottato entro il 31 gennaio 2016. Certo, un po’ meno positivo è il fatto che solo 65 su quei 110 lo hanno fatto entro il termine previsto dalla legge, mentre gli altri 35 hanno provveduto ad adeguarsi solo nei mesi successivi (il monitoraggio è stato effettuato a fine maggio). Però, come si legge anche nel comunicato con il quale l’associazione presenta i risultati del monitoraggio, è un bel segnale constatare che ” i dati raccolti dimostrano chiaramente come la quasi la totalità dei Comuni capoluoghi di provincia abbia compreso l’importanza di dotarsi di un Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, come strumento per governare i fenomeni illeciti al proprio interno”.
Molto meno positivo, anzi decisamente negativo, è però il fatto che tra i 9 Comuni inadempienti, cioè che non hanno adottato il Piano anti corruzione neppure in ritardo, ci sia, guarda il caso, proprio Ascoli Piceno. In realtà quelli che sicuramente non l’hanno adottato sono 6 perché Benevento, Rieti e Trieste non hanno risposto alle ripetute richieste dirette a confermare o smentire l’adozione del piano, quindi sono considerati inadempimenti. Insieme ad Ascoli chi sicuramente non lo ha adottato sono i Comuni di Biella, Crotone, Cuneo, Nuoro e Pisa. Ne consegue, quindi, che quello piceno è l’unico capoluogo di provincia marchigiano a non aver rispettato quanto previsto dalla legge. Occorre aggiungere, a scanso di equivoci, che se il risultato di quel monitoraggio fotografa la situazione a maggio 2016, 7 mesi dopo, almeno per quanto riguarda il capoluogo piceno, nulla è cambiato.
Basta andare nel sito internet del Comune per scoprire che non è ancora presente il piano triennale anti corruzione 2016-2018. Perciò, nella migliore delle ipotesi, se ne riparlerà il prossimo anno. Ancora una volta, quindi, Ascoli finisce per essere la “pecora nera” delle Marche, una regione che, soprattutto per quanto riguarda i capoluoghi di provincia, continua a viaggiare con due velocità differenti. E in questo caso non stiamo parlando di mancanza di attenzione da parte dell’ente regionale, semplicemente del fatto che il capoluogo piceno in tanti importanti aspetti della vita amministrativa resta sempre un passo indietro (anche qualcosa in più) rispetto agli altri capoluoghi di provincia marchigiani.
Ma che cos’è, in poche parole, il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione? Il piano non è un documento di studio o di indagine ma uno strumento attraverso il quale ogni ente deve dimostrare di aver individuato le attività a maggior rischio di corruzione, di aver ponderato tale rischio e di aver individuato concretamente le azioni dirette a prevenirlo. L’importanza dell’aggiornamento e della conseguente adozione annuale era sottolineata, ironia della sorte, dalla stessa amministrazione comunale di Ascoli.
Che, non a caso, nell’ultimo piano triennale approvato sosteneva come il piano “si configura come un processo ciclico, mediante un aggiornamento annuale in cui le strategie e gli strumenti vengono via via affinati, modificati o sostituiti in relazione al feedback ottenuto dalla loro applicazione. L’adeguamento annuale deve tener conto dell’esigenza di uno sviluppo graduale e progressivo del sistema di prevenzione, nella consapevolezza che il successo degli interventi dipende in larga misura dal consenso sulle politiche di prevenzione, dalla loro accettazione e dalla concreta promozione delle stesse da parte di tutti gli attori coinvolti”.
Sempre l’amministrazione comunale, per altro, sottolineava anche l’importanza del piano per perseguire obiettivi strategici nell’ambito della prevenzione che mirassero a “ridurre le opportunità che favoriscono i casi di corruzione, aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione, creare un contesto sfavorevole alla corruzione”. A tal proposito venivano anche elencate le strategie e le azioni da attuare per cercare di perseguire correttamente quegli obiettivi. E tra queste veniva indicata come priorità proprio l’adozione annuale del Piano anti corruzione. Questo dimostra chiaramente come l’amministrazione comunale sia perfettamente a conoscenza di quanto importante sia aggiornare e adottare annualmente il piano.
Come se non bastasse, però, al danno per i cittadini ascolani si aggiunge anche la beffa , per certi versi addirittura duplice. Infatti entrando nel sito internet del Comune di Ascoli, nella pagina dedicata proprio alla Corruzione, si legge: “Il Responsabile della Prevenzione della corruzione (ovviamente per il Comune di Ascoli) è il Dott. Angelo Ruggiero. E’ possibile segnalare eventuali illeciti, concernenti il personale comunale, compilando l’apposito modulo e presentarlo, in una delle modalità sullo stesso riportato, al Responsabile per la prevenzione della corruzione”.
Benissimo, peccato però che il dott. Angelo Ruggiero (che era il Segretario generale) da oltre 3 mesi non fa più parte del Comune di Ascoli. Che, di conseguenza, al momento oltre ad essere senza il piano anti corruzione è anche privo del Responsabile della Prevenzione della corruzione. Ancora, nella prima relazione dell’allora Responsabile della Prevenzione della corruzione lo stesso Angelo Ruggiero sottolineava l’importanza del fatto che l’amministrazione comunale avesse individuato nella sua figura non solo il responsabile per la corruzione ma anche per la trasparenza e per il sistema di controlli interni.
“Tale accentramento di funzioni è sicuramente positivo sia in termini organizzativi che attuativi” scriveva allora il Dott. Ruggiero. Che, però, ora non è più in Comune e il risultato di quell’accentramento è che non solo non c’è il responsabile della prevenzione della corruzione ma anche della trasparenza e dei controlli interni. Un Comune senza controllo, verrebbe da dire. Al di là delle battute, però, il dato di fatto che deve far riflettere è che tutte le amministrazioni comunali degli agli altri capoluoghi di provincia marchigiani e, complessivamente, il 92% dei capoluoghi italiani è riuscito ad adempiere (qualcuno magari con qualche ritardo) a quanto previsto dalla legge in tema di lotta alla corruzione.
Il Comune di Ascoli, invece, no e, rifiutandoci comunque di pensare che a sindaco e assessori non freghi nulla della corruzione, saremmo curiosi di sapere dal primo cittadino il perché. In realtà qualche sospetto ce l’abbiamo, potrebbe essere stata colpa del terremoto, visto che qualunque cosa succede, qualunque ritardo ed inefficienza dell’amministrazione comunale viene ora giustificato tirando in ballo il terremoto. Certo, però, in questo caso è un po’ complicato, visto che la scadenza da rispettare era il 31 gennaio 2016, qualche mese prima degli eventi sismici.
E allora, se non c’entra il terremoto, è sicuramente colpa dei “gufi”, gli stessi che hanno fatto ritardare la riapertura (parziale) del ponte di San Filippo e che continuano a far rinviare il termine di tanti altri lavori pubblici (dallo stadio alla piscina, passando per il teatro Filarmonici). Che, però, faranno bene a prepararsi e a comprare una buona dose di bicarbonato perché a gennaio del prossimo anno, quando siamo certi che questa volta il sindaco non mancherà di far approvare il nuovo piano triennale della Prevenzione della Corruzione, ne avranno bisogno per digerire l’ennesima cosa fatta… in ritardo dal Comune.