La vittoria della Raggi avrebbe dovuto portare una ventata di aria nuova e un nuovo modo di amministrare la cosa pubblica. Invece il Campidoglio si è nuovamente riempito di personaggi dubbi, legati ai vecchi poteri politici e ai soliti “affaristi” che hanno spolpato la Capitale
Non serviva certo l’arresto di Raffaele Marra (corruzione, in manette perché considerato “socialmente pericoloso”…) per considerare un vero e proprio disastro, per la capitale ma anche per il suo Movimento, i primi 6 mesi in Campidoglio del sindaco a 5 Stelle Virginia Raggi. Semmai, se ancora ce ne fosse stato bisogno, la vicenda Marra dovrebbe aver tolto ogni residuo dubbio sulla scarsa (anzi, inesistente) credibilità del primo cittadino. “Marra viene attaccato in modo così violento perché lui è nemico dei poteri forti, quegli stessi poteri che stiamo cercando di combattere. Perciò abbiamo il dovere di difenderlo” dichiarava il 30 ottobre scorso Virginia Raggi. Che, solo 3 giorni dopo, ribadiva con ancora più chiarezza il concetto: “Deve essere chiaro, Raffaele Marra non si tocca o andiamo tutti a casa”.
Per questo venerdì scorso, quando, dopo l’arresto di Marra, è arrivata la notizia che il primo cittadino aveva convocato una conferenza stampa (anche se ci vuole una buona dose di coraggio a chiamare così un incontro nel quale viene letto un comunicato e non c’è alcuna possibilità di fare domande…) qualcuno aveva ipotizzato che la Raggi annunciasse il “tutti a casa” o che, per coerenza, annunciasse iniziative clamorose per proseguire la sua battaglia insieme a Marra contro i (molto presunti) poteri forti. Invece ha fatto quanto di peggio non avrebbe potuto fare, si è comportata esattamente come uno di quei polituncoli cosi combattuti e presi di mira dal suo Movimento.
Nessuna seria e obiettiva assunzione di responsabilità per l’accaduto, patetico tentativo di stravolgere la realtà, imbarazzante e improbabile intento di sminuire la vicenda. “Marra è solo un dipendente della pubblica amministrazione, non un politico – ha dichiarato la Raggi – forse abbiamo sbagliato, ma ora andiamo avanti”. Si potrebbero dire tantissime cose sulla sceneggiata finale del primo cittadino ma sarebbe inutile e superfluo. I fatti (e le dichiarazioni) in questo caso parlano chiaro e se c’è ancora qualcuno che riesce a credere alla favoletta di “Marra solo un dipendente della pubblica amministrazione” buon per lui, siamo in pieno periodo natalizio, esistono Babbo Natale e la Befana, figuriamoci se non è credibile quell’affermazione…
Come detto, però, tutta la vicenda Marra cambia di poco, al massimo appesantisce, il giudizio sulla disastrosa avventura alla guida del Campidoglio di Virginia Raggi. Un disastro le cui conseguenze rischia di pagarle in maniera consistente proprio il Movimento 5 Stelle che a Roma doveva fare le prove generali per il governo del paese. In una Capitale devastata sotto ogni punto di vista (economico, morale, sociale, infrastrutturale) dalle precedenti amministrazioni di destra e di sinistra, imbarazzante simbolo del degrado e della decadenza del vecchio sistema politico, i 5 Stelle avevano l’opportunità innanzitutto di portare una ventata di aria nuova, di proporre un nuovo modo di intendere la politica, principalmente al servizio dei cittadini e non dei soliti interessi di parte, dei soliti gruppi di potere.
Certo si sapeva che sarebbe stato difficilissimo, viste le macerie lasciate a Roma dalle amministrazioni precedenti. E chi non guardava a questa esperienza con pregiudizio sapeva perfettamente che, dovendo formare una classe politica e una classe dirigente nuova, quasi “vergine”, alcune ingenuità, alcuni errori sarebbero stati inevitabili. Così come, senza ipocrisia, era chiaro sin dall’inizio che ogni eventuale errore, ogni ingenuità sarebbe stata enfatizzata e amplificata da una parte dell’informazione che non aspettava altro che dimostrare l’incapacità del Movimento 5 Stelle ad andare oltre la protesta e la sua totale inaffidabilità. Però gli errori e le ingenuità di una nuova classe dirigente sarebbero stati comprensibili e giustificabili, l’inevitabile scotto da pagare per il vero rinnovamento.
Invece è accaduto l’esatto contrario, altro che ventata di aria nuova, altro che nuovo modo di intendere la politica. I primi 6 mesi di amministrazione Raggi sono stati il trionfo di quel vecchio modo di fare politica che così tanti danni ha prodotto nella capitale, abbiamo assistito ai soliti sotterfugi, intrighi e favoritismi ai limiti della legalità (in qualche caso forse oltre…) tipici di quella classe politica così giustamente bistrattata dal Movimento 5 Stelle. Invece di una nuova classe dirigente, ingenua quanto si voglia, magari diretta espressione del Movimento stesso, la Raggi si è contornata di dubbi personaggi provenienti dalla peggiore destra romana (quella legata ad Alemanno e vicina a tutti quei personaggi che hanno dato vita a quella che viene chiamata “Mafia Capitale”), legati ai vecchi poteri politici, legati ai soliti affaristi che hanno spolpato la Capitale.
Non solo Marra, non solo la Muraro (che, al di là dell’inchiesta che la coinvolge, non poteva e non doveva fare parte della giunta visto il suo macroscopico conflitto dì’interessi ), non solo Frongia, Romeo, grazie alle scelte della Raggi hanno ripreso (se mai avevano smesso) a coltivare i propri interessi personaggi del calibro del re dei palazzinari Sergio Scarpellini, del ras dei rifiuti Manlio Cerroni, addirittura sono tornati in auge alcuni vecchi esponenti della banda della Magliana come Manlio Vitale, meglio conosciuto come “er Gnappa”. E quel che è peggio è che solo qualche sprovveduto può considerare tutto ciò casuale.
Chi fosse la Raggi, il mondo da cui veniva e che rappresentava, le sue frequentazioni con certi ambienti della peggiore destra romana (da Previsti a Sammarco, fino a Panzironi) era ampiamente noto, nonostante la futura sindaca avesse provato a celarlo, con quelle imbarazzate e imbarazzanti omissioni sul suo curriculum che già allora, prima ancora delle elezioni, avrebbero dovuto spingere i vertici del Movimento a trarne le inevitabili conseguenze. Non solo dubbi personaggi e vecchi “affaristi”, i primi 6 mesi di amministrazione Raggi sono stati caratterizzati anche dall’esaltazione di quelle liturgie tipiche della prima e della seconda Repubblica, tra incarichi e posti di importanza distribuiti a mogli, amici, fidanzate, portaborse, nel segno del peggior familismo sempre giustamente denunciato dai grillini.
Per non parlare degli artifici e dei sotterfugi tipici della vecchia politica per far lievitare stipendi ed introiti ai componenti della propria corte. Tra gli esempi più sconcertanti c’è quello di Salvatore Romeo, funzionario comunale vicino ai 5 Stelle che, dopo la vittoria alle amministrative, si è messo in aspettativa per poi essere riassunto al triplo dello stipendio. Ma anche il clamoroso aumento di stipendio per Carla Raineri, poi costretta a dimettersi dopo che l’Anac (l’autorità anti corruzione) aveva sollevato dubbi sulla legittimità della sua nomina. Per non parlare, poi, della promozione del fratello di Marra al Dipartimento della promozione turistica, con contestuale mega aumento di stipendio (un atto che la Raggi, per evitare le contestazioni di conflitto di interesse per Raffaele Marra, si è intestato).
Ma l’elenco di incarichi, collaborazioni, posti di prestigio assegnati ad amici e parenti è impressionante, come un Pd o un Forza Italia qualsiasi… L’ultimo, in ordine di tempo, è quello di Alessandra Manzin, assunta come collaboratrice dell’assessora Linda Mineo e fidanzata di uno degli uomini di fiducia di Rocco Casalino (responsabile della comunicazione), Dario Adamo. Ma si potrebbero citare la moglie di Marcello De Vito (Giovanna Teodonio), la fidanzata del consigliere comunale Enrico Stefano (Veronica Mami), il portaborse del deputato Enrico Baroni (Mario Podeschi), il consulente dell’onorevole Vignaroli (Giacomo Giujusa), il fidanzato del capo comunicazione alla Camera Ilaria Loquenzi (Francesco Silvestri). E poi ancora la figlia del consigliere comunale Eleonora Chisena, il figlio di Giuseppe Morazzano, la coppia (marito e moglie) Daniele Diaco e Silvia Cresciamanno.
Tra i vari Municipi che compongono il Comune di Roma, i mega uffici di staff di sindaco e assessori, assunzioni part-time, incarichi, nomine, un posto non si nega a nessuno. C’è forse qualche differenza con quanto di peggio è avvenuto nelle passate amministrazioni che si sono succedute alla guida della capitale? Sull’affidamento di qualcuno di questi incarichi ora sembra che sia stata aperta un’inchiesta dalla Procura ma non sono certo i risvolti giudiziari che ci interessano (nel caso ci fosse qualche illecito penale sarebbe solo un aggravante, non cambierebbe la situazione).
Il punto è che, da chi ha fatto della trasparenza e del suo proclamarsi differente dal resto della politica italiana, ci si attendeva un comportamento completamente diverso, non certo lo stesso identico avuto negli anni dagli altri partiti. “Se vuoi essere severo con gli altri devi essere inflessibile con te stesso” ha commentato amaramente il senatore Nicola Morra, indiscutibilmente una delle figure migliori del Movimento. In un simile contesto rischia quasi di passare in secondo piano l’attività amministrativa di questi primi 6 mesi che, però, contribuisce a rendere il quadro ancora più desolante. Sempre partendo dal presupposto che la Raggi e la sua amministrazione hanno trovato una situazione a dir poco disastrosa (frutto delle precedenti amministrazioni) e che certo non si potevano chiedere miracoli in un così breve lasso di tempo.
Però per certi versi la situazione è addirittura peggiorata, con clamorose topiche, errori, omissioni, mancati interventi e, soprattutto, mancato rispetto delle promesse fatte in campagna elettorale. Come, ad esempio, quella ripetuta dalla Raggi ossessivamente, anche nel confronto su Sky, in merito alla prima variazione di bilancio che avrebbe consentito il recupero di 1,2 miliardi di euro. Poi, però, nella manovra di luglio si è arrivati solo a recuperare qualche decina di milioni, tra l’altro tagliando servizi fondamentali come i centri anti violenza, ancora oggi senza fondi.
Quel mancato assestamento, tra l’altro, ha avuto conseguenze catastrofiche perché ha fatto saltare tutti gli interventi di manutenzione delle strade (la famosa guerra alle buche) già preventivati per decine di milioni di euro. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, così come sotto gli occhi di tutti il nulla fin qui prodotto in tema di rifiuti (certo con l’assessore Muraro che se ne occupava…) e sul traffico. Ancora più sconfortante la situazione per quanto riguarda il trasporto urbano, con a settembre la spiacevole sorpresa di decine e decine di corse improvvisamente tagliate, così come è saltato l’atteso e promesso intervento di manutenzione della Metro. Motivo? Il Comune si è dimenticato di trasferire in tempo utile all’Atac i 18 milioni di euro necessari per quegli interventi.
Però, in compenso, la Raggi ha provato ad accreditarsi il merito per i 40 nuovi bus arrivati (lo ha inserito impunemente nelle cose fatte nei primi 100 giorni), operazione conclusa dal precedente management quando ancora si era in campagna elettorale. Un altro degli interventi, in campagna elettorale inserito tra le priorità nei primi 100 giorni, la delibera sulla governance delle partecipate, è stato prima annunciato per il 24 agosto, poi misteriosamente ritirato e scomparso. Imbarazzante, invece, quanto avvenuto per quanto riguarda le scuole.
Gli investimenti promessi, anche questi in campagna elettorale (“il primo investimento che faremo appena insediati sarà per le scuole, abbiamo già previsto di spendere una decina di milioni di euro per garantire l’avvio regolare dell’anno scolastico” aveva annunciato la Raggi a Sky), ovviamente non si sono visti, le scuole romane hanno ottenuto i 48 milioni stanziati dal governo e non un euro in più da parte del Comune. Ancora più paradossale la vicenda dei nido, con la Raggi che ha pateticamente provato ad accreditarsi il merito dello sblocco delle assunzioni di migliaia di maestre (ottenuto grazie al decreto Madia sul quale, per altro, il Movimento 5 Stelle ha votato contro).
Ironia della sorte poi alcuni nido hanno avuto problemi ad avviare il nuovo anno scolastico, visti i ritardi del Comune stesso. Gravissimo, poi, il boicottaggio messo in atto dal Comune nei confronti del Sia (Sostegno all’inclusione Attiva), il provvedimento varato dal governo che prevede un contributo economico per le famiglie in situazione di difficoltà. Un boicottaggio sulla pelle delle famiglie romane in difficoltà che, a differenza di quelle di tutti gli altri comuni italiani, hanno avuto problemi ad accedere al contributo (e molte di loro hanno denunciato di aver dovuto rinunciare), non hanno potuto usufruire dei moduli on line che, in base alla legge, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto inserire nel proprio portale on line.
Tra le tante gaffes commesse dalla sindaca, su tutti la vicenda legata alla riqualificazione del Corviale, il cui progetto, nato da un concorso di idee internazionale, era stato selezionato dal commissario che ha condotto il Comune di Roma alle elezioni per accedere al Bando Periferie, per un finanziamento di 25 milioni di euro. L’amministrazione Raggi, però, inaspettatamente (anche in questo caso in campagna elettorale aveva dichiarato che avrebbe portato avanti l’iter) ha deciso di ritirarlo, facendo perdere quel mega finanziamento, per presentare un mini progetto di riqualificazione del Serpentone (2,5 milioni di euro).
Che, però, era già stato finanziato solo un paio di anni fa, sempre con il Bando Periferie, e quindi è miseramente saltato tutto. Per concludere vale la pena sottolineare anche il difficile rapporto che si è instaurato tra la nuova giunta e i cittadini. Il giorno del suo insediamento in Campidoglio, l’8 luglio scorso, Viriginia Raggi aveva annunciato che il Comune “deve tornare ad essere la casa di tutti i romani”. Sorvoliamo sul rapporto che da subito si è instaurato con la stampa (i giornalisti, tutti, nessuno escluso, sono “brutti e cattivi” e meritano il peggio del peggio), ma praticamente da allora il Campidoglio è “off limits” per tutti i cittadini. Non c’è possibilità di parlare con il sindaco, tanto meno con gli assessori.
Decine e decine di associazioni e comitati da mesi attendono di poter parlare con qualcuno dell’amministrazione comunale per sottoporre questioni e problemi anche particolarmente rilevanti. Emblematico, a tal proposito, il comunicato stampa di qualche giorno fa del comitato dei cittadini della Tiburtina che, dal suo insediamento, chiedono alla Raggi di mantenere la promessa fatta nel suo incontro con il comitato stesso in campagna elettorale (all’epoca però bisognava garantirsi più voti possibili…) di mantenere i fondi per finanziare il progetto di abbattimento della soprelevata.
“Prendiamo atto – si legge nel comunicato – che a Roma è ormai diventato impossibile comunicare con la sindaca e la sua giunta. Le abbiamo provate tutte ma la sindaca ha deciso di evitare qualsiasi comunicazione con i cittadini. Chiediamo scusa per la lesa maestà commessa nei confronti della nuova monarca della Città di Roma. Mentre gli esponenti nazionali del suo movimento girano le piazze parlando con tutti, costatiamo l’esatto contrario a Roma dove parlare con qualcuno della giunta è un privilegio concesso a pochi”. In poche parole, neppure il peggiore dei nemici del Movimento 5 Stelle, avrebbe potuto sperare di meglio, se credessimo ai “complotti” potremmo quasi pensare che la Raggi è un infiltrato messo lì apposta per screditare il Movimento stesso.
Che non possa essere così, al di là della nostra allergia ad ogni forma di complottismo, ce lo ricorda il famoso contratto fatto siglare da Grillo e Casaleggio alla Raggi stessa (se legittimo o meno lo stabilirà il Tribunale). “Tutte le proposte di atti di alta amministrazione e le questioni giuridicamente complesse – si legge nel contratto – devono essere preventivamente sottoposte a parere tecnico-legale a cura dello staff coordinato dai garanti del Movimento 5 Stelle”.
Inutile e superfluo chiedersi se la Raggi ha fatto tutto da sola o se, come da contratto, ha comunque coinvolto lo staff e alcuni degli esponenti più noti del Movimento stesso (in questo senso ci sono delle mail che non lasciano spazio a dubbi, almeno per quanto riguarda qualche illustre esponente dei grillini). In un caso o nell’altro dovrebbe essere chiaro che il Movimento 5 Stelle non può più in alcun modo continuare a sostenere un simile sindaco.
Servirebbe un atto di coraggio, di onestà e di coerenza, azzerando tutto e ammettendo con sincerità tutti gli errori commessi e le ragioni per cui sono stati commessi. Perchè, di contro, trovare soluzioni per salvare “capra e cavoli”, magari sacrificando qualche figura secondaria e spostando da un posto all’altro qualche altra (come sembra debba accadere) vorrebbe dire solo cercare di nascondere la polvere sotto il tappeto. E, soprattutto, avere lo stesso modo di fare di quel sistema politico che, almeno a parole, il Movimento 5 Stelle dice di voler combattere…