Da un punto di vista formale la partecipazione di Renzi all’incontro con il principe Mohammed Bin Salman è perfettamente legittima. Diverso il discorso sull’opportunità di mantenere un rapporto ambiguo, per giunta retribuito, con un regime antidemocratico come quello saudita
A prescindere da quello che ognuno legittimamente pensa dell’ex presidente del Consiglio, è innegabile che ogni volta che si muove Matteo Renzi, volontariamente o involontariamente, finisce nell’occhio del ciclone. In questi giorni lo era già ampiamente per aver scatenato la crisi di governo. Poi è arrivata la trasferta in Arabia Saudita e l’incontro organizzato dal Future Investment Iniziative Institute (FII) a cui ha partecipato con il controverso principe Mohammed Bin Salman, con l’aggiunta delle dichiarazioni che lo stesso Renzi ha fatto nell’occasione, e, se possibile, le polemiche intorno alla sua figura sono esplose con ancora maggiore veemenza.
Va detto che siamo di fronte ad una vicenda davvero molto particolare che meriterebbe un serio approfondimento sotto diverse chiavi di lettura, cercando di mettere da parte le posizioni da ultras da una e dall’altra parte. Anche perché sono tanti gli aspetti rilevanti che emergono e che, nel loro sviluppo, delineano uno scenario che evidenzia le tipiche contraddizioni e incongruenze che caratterizzano le vicende politiche italiane. Partiamo dal fatto che la partecipazione di Renzi (come di qualsiasi altro esponente politico italiano) ad un simile evento pone innanzitutto una questione di rispetto delle regole e di opportunità.
Dal primo punto di vista non ci sono dubbi, Renzi non ha violato un bel niente, nessuna legge, nessuna regola, per il semplice fatto che non esiste alcuna legge o regola che ponga dei vincoli e dei limiti ai senatori. L’anomalia è che il discorso cambierebbe radicalmente se l’ex presidente del Consiglio fosse un deputato, perché alla Camera esiste da anni un codice di condotta che vieta ai deputati di accettare rimborsi di spese di viaggio, di alloggio e soggiorno che non siano strettamente connessi all’esercizio delle proprie funzioni (e non ci sono dubbi che la trasferta di Renzi in Arabia Saudita non rientra in alcun modo tra le attività connesse all’esercizio delle proprie funzioni di parlamentare).
Un vero e proprio paradosso, uno dei tanti della politica italiana, che fa si che lo stesso tipo di comportamento sia consentito ad un senatore e vietato ad un deputato. Certo, poi si può discutere sul fatto che un rappresentante istituzionale dovrebbe sentire il dovere morale di astenersi dal compiere azioni che, è del tutto evidente (visto il regolamento alla Camera), non sono ritenute consone per un parlamentare. Ma in questo caso si entrerebbe in un’ottica che coinvolge la sensibilità di ogni singolo esponente politico. E, un po’ come il coraggio di manzoniana memoria, una certa sensibilità “uno se non ce l’ha, non se la può mica dare”.
Quanto alla questione di opportunità inevitabilmente il discorso è più complesso. In generale appare poco opportuno che un rappresentante istituzionale, per giunta leader di un partito, abbia questo genere di rapporti, profumatamente retribuiti, con il governo di un altro Paese. Ma lo è ancor meno per in considerazione del fatto che lo stesso ex sindaco di Firenze è anche un membro della commissione esteri del Senato. “Come facciamo ad essere certi che Renzi e gli esponenti di Italia Viva agiscano in piena autonomia quando sono chiamati ad occuparsi dei rapporti dell’Italia con l’Arabia Saudita?” chiede Federico Anghelè, direttore di The Good Lobby.
Diversi esponenti del partito dell’ex presidente del Consiglio replicano sostenendo che è assolutamente normale che Renzi partecipi ad un evento organizzato dal FII visto che siede nell’advisory board della fondazione saudita, una nomina che gli garantisce circa 80 mila dollari all’anno. Ma il vero nocciolo della questione è che FII non è un’associazione culturale indipendente con chissà quali scopi ma una fondazione gestita dai governanti sauditi, creata con decreto dal re saudita Salman Bin Abd Al Azizi Al Sau e gestita dal figlio, il principe ereditario Mohammada Bin Salman, con chiari scopi ed indirizzi politici.
Allora, posto che, come abbiamo visto, per un’anomalia nei regolamenti del Parlamento, da un punto di vista strettamente regolamentare nulla impedisce al senatore Renzi di farvi parte, è evidente che siamo di fronte ad una questione di opportunità politica. In sintesi, è politicamente discutibile, anzi incomprensibile, che un ex presidente del Consiglio e attuale leader di partito abbia questo genere di rapporto stretto, per giunta retribuito, con un Paese e con governanti che da sempre si distinguono per una politica contraria ad ogni principio di democrazia, senza alcun rispetto dei più elementari diritti umani e, per giunta, con una politica estera aggressiva e violenta.
Proprio nei giorni dello “strappo” con il governo Conte, tra le tante accuse lanciate, gli esponenti di Italia Viva hanno contestato al presidente del Consiglio Conte un atteggiamento troppo morbido nei confronti di Trump e dei suoi comportamenti anti democratici. Ma, allora, coerenza vorrebbe che il leader del loro partita non abbia alcun tipo di rapporto (men che meno retribuito) con il re e il principe ereditario saudita che, quanto a comportamenti anti democratici, non sono certi secondi a nessuno. Un’obiezione ulteriormente rafforzata dalle affermazioni che lo stesso Renzi ha fatto in occasione dell’incontro con Mohammed Bin Salman. Già sarebbe sufficiente l’infelicissima uscita a proposito del costo del lavoro da invidiare (i lavoratori, soprattutto quelli presi fuori dall’Arabia, sono ignobilmente sfruttati e schiavizzati, forse Renzi vorrebbe esportare questo indegno modello nel nostro paese?).
Ma sostenere, come ha fatto l’ex presidente del Consiglio, che l’Arabia può essere “la culla del nuovo Rinascimento”, sottolineando anche che “molte persone ignorano gli sforzi che avete fatto in questa direzione”, è francamente molto più che sconcertante. E’ difficile pensare che un politico del calibro di Matteo Renzi ignori che in Arabia Saudita siamo ancora in pieno Medio evo, altro che “culla del nuovo Rinascimento”, e che il re e il principe ereditario sono due tiranni che governano un paese dove non esistono diritti civili, nel quale non solo viene attuata la più feroce repressione nei confronti degli oppositori ma, addirittura, si inviano assassini per uccidere giornalisti e politici critici con il governo di Riyad (basterebbe pensare all’omicidio del giornalista Jamal Kashoggi, per nel quale ci sono più che fondati sospetti che il principe ereditario abbia avuto un ruolo di primo piano), nel quale esiste ancora la pena di morte nei confronti degli omosessuali e dove sono ancora in vigore le più odiose forme di schiavitù per le lavoratrici domestiche e, più in generale, i diritti delle donne vengono costantemente calpestati.
Per non parlare, poi, della politica militare e i conseguenti crimini contro i civili compiuti in Siria e in Yemen. E’ francamente impossibile comprendere per quali ragioni Renzi continua ad avere questo stretto legame con il regime saudita, ancor più come il leader di Italia Viva possa lodarlo ed esaltarlo in quel modo, additandolo addirittura come modello da seguire. Perché ci rifiutiamo di credere, come invece sostengono diversi suoi detrattori, che è solo una questione economica, che per 80 mila dollari all’anno l’ex presidente del Consiglio potrebbe dire qualsiasi cosa (come accusa una pungente vignetta di Vauro), sarebbe davvero troppo squallido. Sulla base di queste considerazioni è evidente che, non tanto e non solo quanto accaduto in questi giorni, ma più in generale il rapporto che Renzi ha con il regime saudita non depone certo a suo favore.
La discussione e la riflessione dovrebbero incentrarsi su questo aspetto, invece come al solito nel nostro paese di trascende, si trascina tutto su livelli bassi e spesso paradossali. In tal senso il sacrosanto (e decisamente tardivo) stop alla vendita di armi ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi, deciso guarda il caso proprio in concomitanza dell’esplosione delle polemiche per questa vicenda, suscita non poche perplessità. La decisione, ribadiamo, è assolutamente condivisibile ma un governo “serio” dovrebbe agire sulla base di ponderate e convinte scelte politiche, non certo per utilizzare polemicamente nei confronti di un altro esponente politico (come invece sta accadendo) la propria legittima decisione.
Meglio stendere un velo pietoso, invece, sui soliti “ultras” renziani (esponenti di spicco di Italia Viva, siti e gruppi social che fanno riferimento al partito del senatore di Rignano) che nelle ultime ore, per difendere il proprio beniamino, hanno postato sui social un video nel quale Conte (con audio disturbato che lascia solo intendere le parole del presidente del Consiglio) elogerebbe la politica attuata dal re saudita. Basta approfondire un po’ per scoprire che quel video si riferisce al passaggio di consegne (a fine novembre) nel G20 dalla presidenza saudita a quella italiana. Si tratta quindi di un atto formale, nel quale per altro i ringraziamenti di Conte (da protocollo) sono ovviamente riferiti alla gestione della presidenza e non certo alla politica del re nel proprio paese (nel sito del governo si trova la trascrizione scritta del messaggio), nell’ambito di rapporti istituzionali che seguono rigidi protocolli.
Siamo nell’ambito dei normali rapporti istituzionali, ancor più nell’ambito di un organismo come il G20, che solo uno sprovveduto o un ultras “accecato” può paragonare la rapporto ambiguo (per giunta remunerato) che coinvolge Renzi.