L’incompreso


Non era mai accaduto di assistere ad una così pesante bocciatura, in Italia o all’estero, come quella subita in questi giorni da Renzi. Per 3 italiani su 4 sta agendo solo per tutelare i suoi interessi, mentre la stampa estera lo definisce un uomo disperato, sleale e incoerente…

La premessa, assolutamente necessaria, è che non è detto e non è automatico che la maggioranza abbia sempre ragione. Quindi in teoria è anche possibile che la stragrande maggioranza dei cittadini italiani e degli osservatori e giornalisti stranieri non si rendano conto, nel giudicare Matteo Renzi, che siamo di fronte ad un vero e proprio genio della politica, un encomiabile “patriota” che è mosso solo dal profondo amore per il suo paese. E, di conseguenza, che hanno ragione i suoi più fedeli e affezionati fans, che in questi giorni sui social si sono autoproclamati unici “eletti” e “illuminati” che hanno capito e capiscono tutto, rispetto a tutti gli altri stolti, ottusi e idioti che si lasciano così facilmente condizionare dal pensiero dominante (secondo uno schema tanto caro a negazionisti e no vax).

Di certo, però, non era mai capitato di assistere ad una così pesante e praticamente unanime bocciatura, in Italia e all’estero, nei confronti di una decisione politica (per quanto di notevole impatto e rilevanza, comunque finiranno poi le cose). In altre parole, lo “strappo” di Renzi è stato accolto male e percepito ancora peggio, ad esclusione dei suoi fans e di pochissimi altri (tra cui il presidente di Confindustria, Claudio Martelli e Sabino Cassese) nessuno ha compreso le “nobili” ragioni (almeno secondo l’ex presidente del Consiglio) che l’avrebbero determinato. Per quanto riguarda il nostro paese, ricordando come sempre che i sondaggi vanno presi per quello che sono (cioè indicazioni di base), è innegabile che i rilevamenti effettuati nelle ore successive allo “strappo” di Renzi (Pagnoncelli e Ghisleri in particolare) hanno tutti fornito lo stesso risultato e in proporzioni per certi versi inimmaginabili.

Infatti quasi 3 italiani su 4 (il 73%) ritengono che stia agendo così esclusivamente per tutelare i propri interessi (e solo il 13% ritiene che voglia tutelare gli interessi del paese), mentre oltre 4 italiani su 5 (l’84%) ritengono il leader di Italia Viva l’unico responsabile della crisi di governo, considerando gravissimo che ciò avvenga in questo periodo di piena emergenza covid. Ancora più significativo il fatto che quel giudizio negativo nei suoi confronti è condiviso anche dalla maggior parte dei sostenitori del centrodestra che, pure, non nascondono certo di vedere con favore l’eventuale fine del governo Conte.

Ancora, sempre secondo i sondaggi per quasi 3 italiani su 4 (il 72%) il sentimento prevalente nei confronti di Renzi è l’indignazione, con in aggiunta rabbia e preoccupazione. In altre parole il quadro che emerge è chiarissimo, una maggioranza ampissima di italiani, compresi i sostenitori del centrodestra, non accettano la sua scelta e, soprattutto, non ne comprendono le ragioni. Se possibile le cose vanno addirittura peggio all’estero, almeno stando alla lettura della stampa internazionale del 14 e 15 gennaio, per il leader di Italia Viva (IV).

Definito da diversi giornali “sinonimo di slealtà”, “demolitore”, “uomo disperato”, “simbolo dell’incoerenza” e accusato di rischiare di far sprofondare l’Italia nel baratro. Addirittura scatenati quotidiani e settimanali tedeschi, con lo Spiegel online (il sito on line più letto della Germania, propaggine del settimanale “Der Spiegel”) secondo cui lo “strappo” di Renzi “sembra la battaglia di un uomo disperato, un duello quasi tragico che vede da una parte il premier più popolare da 25 anni, dall’altra uno dei politici più impopolari”.

Sulla stessa linea il Die Ziet, che parla di “atto disperato che rischia di gettare nel caos l’Italia” ma, in sostanza, anche la Sueddeutsche Zeitung e il quotidiano economico Handelsblatt che parla di “ricatto che mette a rischio la storica opportunità di riformare il paese”. Ancora più duro il New York Times, con il suo inviato romano Jason Horowitz che descrive Renzi come un “politico vendicativo e ambizioso” e poi cita un’affermazione del primario del Sacco Massimo Galli (“l’orchestra suona mentre il Titanic affonda”) per sottolineare l’irresponsabilità della rottura.

Non va meglio in Inghilterra, con il The Guardian che parla di “Italia sprofondata nel caos per una mossa incomprensibile del politico italiano più impopolare”, mentre il Financial Times lo definisce “Demolition man che mette sotto sopra il paese”. In Francia Le Figaro accusa il leader di IV di “imbarazzante ambiguità” ma anche di non avere neppure il coraggio di “assumersi la responsabilità della crisi”, mentre Le Monde sottolinea la follia di “aprire una crisi politica nel giorno in cui la Protezione civile ha annunciato che nel paese l’epidemia di covid 19 ha fatto più di 80 mila morti”. Dure critiche anche da parte di El Pais che parla di decisione impossibile da comprendere nel momento più difficile del paese.

In altre parole Italia o estero non fa molta differenza, lo “strappo” di Renzi viene giudicato in maniera assolutamente negativa, “folle” nella tempistica e con motivazioni politiche a dir poco deboli. Come detto magari sarà semplicemente un incompreso, d’altra parte tutti i geni sostanzialmente lo sono. Certo, però, le sue parole nella conferenza stampa del 13 gennaio, con la quale ha annunciato l’uscita dal governo delle due ministre del suo partito (Bellanova e Bonetti), e ancor più nei suoi interventi su tv e giornali del giorno successivo, pur se rilanciate con entusiasmo dai suoi più agguerriti fans, non hanno certo trasmesso l’immagine di un politico di livello, né tanto meno di un leader che ha così a cuore le sorti del suo paese.

Alla fine di questa storia di sei mesi hanno detto voi non ci servite, andiamo in Parlamento e prendiamo chi c’è. E allora abbiamo restituito le poltrone” ha dichiarato il 14 gennaio intervenendo a “Diritto e Rovescio” (Rete 4), facendo riferimento alle reazioni (che probabilmente non si aspettava) dello stesso Conte e di M5S e Pd che, dopo la conferenza stampa del giorno prima, hanno annunciato di non voler più fare alleanze con Renzi ma di andare in aula a cercare i voti. L’ennesimo tentativo di capovolgere la realtà perché le dimissioni delle due ministre sono arrivate il giorno precedente (e anticipate nel Consiglio dei ministri del 12 gennaio), quindi non hanno nulla a che fare con la reazione del giorno dopo dei suoi ex alleati.

Per altro proprio quella conferenza stampa del 13 gennaio può essere presa come manifesto politico di cosa è Renzi, della sua capacità di stravolgere la realtà, della sua imbarazzante incoerenza, del suo smisurato ego che finisce per stravolgere e condizionare ogni visione e proposta politica che, teoricamente, potrebbe anche avere un fondo di validità. Ha provato a spiegare una crisi che non ha spiegazioni arrampicandosi sugli specchi, lanciando accuse surreali e paradossali, basate spesso su dati non veritieri, alle quali solo chi arriva all’improvviso e non conosce questo paese può credere (naturalmente oltre ai suoi più fedeli ultras).

Partendo proprio dalle due ministre, ha sostenuto che dovevano dimettersi per dignità, perché non potevano “seguitare a fare da segnaposto in Consiglio dei ministri”. Però, poi, da protagoniste come avrebbero dovuto essere (visto che si dimettevano loro…) le ha relegate proprio a segnaposto nel corso di quello che si è trasformato nell’ennesimo show personale.

Ha sostenuto che l’Italia in questo momento ha bisogno di serietà e verità (e chi potrebbe mai non essere d’accordo…) poi, però, per affondare il presidente del Consiglio si è aggrappato, esattamente come fanno Salvini e Meloni, a dati infondati come quelli sui morti e sulle scuole. Ha accusato Conte di essere un accentratore proprio lui che nel suo governo accentrava ogni decisione e che è arrivato addirittura a personalizzare un referendum sulle riforme costituzionali che, senza quella mossa improvvida, sarebbe stato approvato a larghissima maggioranza. Ha chiesto di rispettare “la liturgia di Palazzo” e di finirla con i decreti legge lui che quando governava ha sconvolto ogni prassi e che sfornava decreti legge a decine.

Ha accusato il presidente del Consiglio di aver fatto della politica un reality show su tv e social dopo che per giorni, prima di quel 13 gennaio, non ha perso occasione su giornali e tv di mandare messaggi e ultimatum al governo stesso, mentre altri esponenti del suo partito (in particolare Nobili e Rosato) inondavano i social con anatemi e accuse di ogni tipo nei confronti dell’esecutivo, dai vaccini alla mancata riapertura delle scuole in alcune regioni (ovviamente per colpa del governo stesso), fino all’indecente storia dell’ignobile strumentalizzazione del piano pandemico, nella maggior parte con dati e informazioni non propriamente corrette (per essere magnanimi).

Naturalmente poi ci sarebbero le questioni politiche poste da Renzi, come il Recovery Plan che lo stesso leader di IV ha sostenuto essere stato di molto migliorato (naturalmente grazie a lui e al suo partito…). E poi il Mes, nelle ultime ore prima dello “strappo” divenuto elemento imprescindibile per Renzi e per l’IV. Posizione lecita, per carità. Ma allora, se era davvero così fondamentale, non si capisce perché l’IV non ha abbandonato il governo a giugno, quando è stato nuovamente ribadito da Conte e dalla principale forza di maggioranza (il M5S) il proprio categorico no al Mes.

Certo in quel periodo il presidente del Consiglio viaggiava con il vento in poppa, forte di una gestione della prima parte della pandemia quasi da tutti riconosciuta più che positiva e reduce dal successo in Europa con il Recovery. Come diceva sempre Andreotti, “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”, la questione di principio in quel momento, politicamente non conveniente per Renzi e l’IV in caso di rottura, inevitabilmente passava in secondo piano… In ogni caso, sempre a proposito del Mes, è chiaro a tutti che in questo Parlamento non ci sono possibilità, visto che anche le principali forze dell’opposizione (Lega e FdI su tutte) sono assolutamente contrarie.

Con il no al Mes usciamo dalla maggioranza” aveva anticipato la sera del 12 gennaio Renzi che, però, per coerenza avrebbe dovuto allora chiedere le elezioni anticipate, chiedendo poi agli italiani di eleggere un nuovo Parlamento che esprimesse in proposito una posizione differente. Quella si, a prescindere dalla legittima opinione di ognuno sul Mes, sarebbe stata una dimostrazione di coerenza. L’esatto contrario di quanto sta avvenendo ora, con l’improvvisa nuova disponibilità a riallacciare certi rapporti con gli alleati così bruscamente mollati, solo perché ora si è palesata la possibilità (ovviamente tutta da verificare) che l’attuale governo possa comunque proseguire e trovare i numeri per andare avanti, con in caso contrario l’ipotesi elezioni sullo sfondo.

Due scenari che per Renzi e l’IV sarebbero semplicemente disastrosi e che, quindi, l’ex presidente del Consiglio sta cercando di scongiurare in tutti i modi. E, appare evidente, in questo caso l’interesse primario del paese non c’entra nulla…

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