Venerdì mattina, su tutti i giornali, il governatore aveva assicurato che la zona gialla per le Marche “era blindata”. Nel pomeriggio, però, il ministro Speranza ha firmato l’ordinanza che inserisce la nostra tra le regioni “arancioni”. Surreali le spiegazioni di Acquaroli…
Come in molti avevano previsto, venerdì pomeriggio, sulla base del monitoraggio settimanale (la settimana che va dal 2 all’8 novembre) della cabina di regia dell’Istituto superiore della sanità (Iss) e del ministero della salute, le Marche sono state inserite tra le regioni “arancioni”. Nella stessa serata di venerdì il ministro Speranza ha firmato l’ordinanza che entrerà in vigore domenica 15 novembre, sicuramente almeno per due settimane. La giornata di venerdì si era aperta con, su tutti i quotidiani regionali, la perentoria rassicurazione del governatore Acquaroli, secondo cui la zona gialla per la nostra regione era “blindata”, che in realtà a tanti aveva fatto pensare che sarebbe accaduto esattamente il contrario. E così purtroppo è stato,
A metà pomeriggio, quando già le indiscrezioni che arrivavano dall’Iss facevano presagire il peggio, è arrivata la nuova dichiarazione del presidente della Regione che ha ufficializzato quello che già era noto.
“Nel pomeriggio di oggi – scrive Acquaroli – il ministro Speranza mi ha chiamato per anticipare la notizia ufficiale che le Marche sarebbero passate, da domenica, da regione “gialla” a regione “arancione”. Una classificazione che fino a ieri non era prevista tantoché stavamo comunque già studiando una ordinanza anti-assembramento, che a questo punto, con le nuove disposizioni in vigore, diventa inutile. Il ministro Speranza mi ha spiegato che negli indicatori in loro possesso, riferiti alla settimana dal 2 all’8 novembre, confrontata con la settimana dal 26 ottobre all’1 novembre, si è registrato un incremento rispetto a quella ancora precedente che aveva valori molto bassi. Questa variazione ha creato un’allerta che ha determinato questa decisione”. Che evidentemente, anche per la “figuraccia” rimediata a causa dell’incauta rassicurazione, non è andata giù al governatore marchigiano.
“Credo che prima di chiudere una Regione all’interno dei propri comuni – afferma Acquaroli – i dati vadano analizzati a ragion veduta. Può esserci un contagio diffuso che cresce in maniera forte oppure dei focolai circoscritti che invece sono assolutamente sotto controllo. Sarebbe stato quantomeno opportuno che da martedì, giorno in cui abbiamo presentato i dati, ci fosse stato un confronto preventivo tra l’ISS e le nostre strutture sanitarie regionali, anche per valutare l’andamento conosciuto di questa ultima settimana. Comunque sarebbe stato auspicabile un maggiore preavviso che avrebbe evitato disagi a quelle attività economiche già penalizzate che si trovano improvvisamente chiuse”.
Al di là della comprensibile amarezza, Acquaroli ha poi provato a contestare la decisione della cabina di regia dell’Iss, dimostrando, però, di essere in totale stato confusionale. Al punto da sostenere tutto e il contrario di tutto, contraddicendosi in maniera palese e fornendo anche dati e informazioni che non corrispondono al vero. In particolare il governatore ha sostenuto che a condannare le Marche sarebbe stato uno solo dei famosi 21 indicatori monitorati (l’indice Rt). In realtà, però, nella foga Acquaroli non si è reso conto che lui stesso di fatto ammette che ci sono altri indicatori, oltre l’indice Rt, che hanno determinato la decisione, mentre su alcuni dati fa una terribile confusione, fornendo informazioni inesatte.
“A condannarci sarebbe stato dunque l’indice Rt riferito alla sola scorsa settimana, pari a 1,55. Ma allora paradossalmente, l’Rt della settimana precedente, che era pari a 1,01, avrebbe dovuto darci la possibilità di riaprire tutto, e questo chiaramente non è avvenuto. Servirebbero maggiore buonsenso e concertazione quando si determinano decisioni che costringono un milione e mezzo di abitanti all’interno del perimetro dei propri comuni e stabiliscono la chiusura di decine di attività economiche” sostiene il presidente della Regione, facendo credere che solo per colpa dell’indice Rt siamo entrati a far parte delle regioni “arancioni”.
In realtà non è così è lo stesso Acquaroli ne è pienamente cosciente. “Il contesto epidemiologico della nostra regione – prosegue il presidente – risulta in questo momento in una fase di rallentamento della crescita progressiva dei casi positivi, e l’andamento dell’incidenza, ossia i nuovi casi giornalieri, nell’ultimo periodo risulta in una fase di stabilizzazione seppur con numeri totali elevati che risultano, oramai da una settimana, attorno ai 700 casi al giorno. Gli indicatori che hanno determinato l’inserimento nella zona arancione si riferiscono al dato Rt e ad uno dei 21 indicatori monitorati, ossia quello che determina la “percentuale di tamponi positivi sul totale dei tamponi effettuati”. Nel primo caso, è stato considerato il dato di Rt 1,55, che fa riferimento alla settimana dal 2 all’8 di novembre, l’ultima settimana monitorata, che il Governo pubblica solitamente il venerdì sera. Nel secondo caso, il dato riferito all’indicatore che determina la “percentuale di tamponi positivi sul totale dei tamponi effettuati”, che si calcola su base settimanale, risulta pari al 30.8% (di solo 0.8% superiore al valore di riferimento che corrisponde al 30%”.
Quindi in realtà ci sarebbe anche un altro indicatore, quello della percentuale di positivi sui tamponi effettuati, senza considerare che anche il numero di casi al giorno è piuttosto elevato (lo ammette lo stesso Acquaroli), ovviamente in proporzione ai residenti nella nostra regione. Non solo, il governatore prova a spiegare quel dato elevato sostenendo che “questo indicatore risente del sistema di contact tracing. Proprio per questo motivo risulta alto il rapporto tra tamponi positivi e quelli effettuati”. In realtà il cosiddetto sistema di tracciamento in diverse zone della regione è praticamente saltato (emblematico il caso, non isolato, di una donna ascolana risultata positiva il 28 ottobre, contattata dal Sisp per chiedere i suoi contatti più diretti l’11 novembre, il giorno in cui di fatto terminava l’eventuale quarantena).
Per altro, le Marche sono la regione che, in proporzione al numero di residenti, fa meno tamponi rispetto alle altre regioni (e non di poco). Basterebbe pensare che regioni con un numero di residenti quasi simile (Liguria e Sardegna) fanno un numero di tamponi tre volte superiore, l’Abruzzo che ha meno residenti fa il doppio dei tamponi delle Marche e le regioni che più si avvicinano alla nostra (Puglia, Piemonte e Sicilia) fanno comune tra il 15% e il 30% di tamponi in più. In altre parole, se nella nostra regione si facessero lo stesso numero di tamponi di quelle regioni con quel rapporto positivi/tamponi avremmo oltre 2 mila nuovi contagi al giorno.
Ma c’è dell’altro. “Nell’ultimo periodo – afferma ancora Acquaroli – il tasso di occupazione dei posti letto dedicati a pazienti Covid 19, anche nell’ultima settimana è rimasto stabile, risulta superiore al 40%. Un dato continuamente monitorato che tiene alta l’attenzione”. Quindi anche il tasso di occupazione dei posti letto giustifica la decisione, senza considerare quello relativo alle terapie intensive che il presidente si guarda bene dal citare ma che è assai preoccupante.
Secondo il grafico dei dati proposto proprio venerdì dal Tg5 la situazione delle Marche è decisamente preoccupante, con il 52,4% di posti in terapia intensiva occupati dal covid (Valle d’Aosta, Lombardia, Umbria, Alto Adige, Piemonte, Toscana), ampiamente sopra la soglia critica del 30%. Quindi, ricapitolando, ci sono l’indice Rt, il tasso di occupazione dei posti letto negli ospedali, quello nelle terapie intensive, la percentuale nuovi positivi/tamponi effettuati, problemi di tracciamento, numero elevato di nuovi positivi (in relazione ai residenti) e pochi tamponi effettuati.
Ce ne è abbastanza, purtroppo, per giustificare una simile decisione. Poi chissà, magari a dare l’ultima decisiva spinta avrà contribuito anche la recente figuraccia dell’assessore regionale alla sanità Saltamartini (insieme all’assessore regionale alla cultura Latini) sull’idrossiclorochina…