Bar e locali cittadini, il primo giorno dopo l’approvazione del nuovo Dpcm, hanno rispettato pienamente e senza eccezioni l’obbligo di chiusura alle 18. Ma nel centro cittadino, quasi deserto, sembrava di essere tornati alle triste serate di marzo e aprile scorso…
Girando per le vie e le piazze di Ascoli in un particolarissimo lunedì 26 ottobre, primo giorno dopo l’approvazione del Dpcm che impone la chiusura di bar, ristoranti e locali dalle 18, ci è immediatamente tornata in mente una delle scene più esilaranti di “Johnny Stecchino”, quella in cui lo zio/avvocato in taxi parla a Dante (Roberto Benigni) della più grande piaga di Palermo, il traffico non certo la mafia. Per certi versi nel capoluogo piceno sembra essere così, il problema del momento non è il covid e il rispetto delle restrizioni imposte dal governo ma il corretto pagamento dei parcheggi nelle zone blu cittadine.
Perchè, scattata l’ora X della chiusura, di polizia municipale, polizia e carabinieri in circolazione che effettuano controlli e verifiche non se ne incontrano. In compenso, però, si incontrano i cosiddetti ausiliari del traffico che, con impegno certosino, controllano ogni macchina parcheggiata nelle zone blu per verificare se ha il ticket e se non c’è sforamento dell’orario. Proseguendo sul filo dell’ironia si potrebbe anche aggiungere che la sensazione, almeno una volta arrivati nella zona del centro cittadino, è che gli ascolani abbiano frainteso il Dpcm di domenica scorsa, che non hanno ben capito che sono state imposte alcune particolari restrizioni ma non il lockdown.
Perché in effetti l’atmosfera che si respira è praticamente la stessa che si respirava nei difficili giorni del marzo e dell’aprile scorso, così come non che si incontri più gente di quanto non se ne incontrava nel periodo del lockdown. Non che in un qualsiasi lunedì autunnale ad Ascoli, pur senza covid, la situazione sarebbe particolarmente differente. Ma certo tutti quei locali con saracinesche abbassate, soprattutto in piazza del Popolo e in piazza Arringo, rendono l’atmosfera ancora più tetra e deprimente. Quel che è certo è che, controlli o meno, da quanto abbiamo verificato nel capoluogo piceno l’obbligo della chiusura alle 18 di bar, ristoranti e locali è stato rispettato praticamente senza eccezioni.
Minuto più, minuto meno intorno a quell’ora si sono abbassate le saracinesche di tutti quei locali, solamente in un bar della zona del centro alle 18:30 circa era ancora aperto e c’erano dentro un paio di clienti (ma circa 20 minuti dopo era già chiuso). Un paio di bar alle 18:15 avevano ancora le luci dentro accese ma avevano già chiuso e, con molto garbo ma con altrettanto decisione, hanno respinto un paio di persone che pensavano di poterne approfittarne (e comunque intorno alle 18:30 hanno poi abbassato le saracinesche). Leggendo alcuni messaggi sui social e le dichiarazioni di alcuni titolari di bar e locali cittadini, riportate lunedì da alcuni quotidiani locali, c’era chi aveva ipotizzato una qualche forma di protesta, addirittura con un presunto rifiuto di adeguarsi a quanto previsto dal Dpcm.
Nulla di tutto ciò è accaduto, quanto meno in questa prima serata. Ciò naturalmente non toglie che nei prossimi giorni non possano essere organizzate manifestazioni di protesta che coinvolgano anche i titolari dei locali ascolani. A tal proposito non possiamo fare a meno di fare un paio di considerazioni. A prescindere da ciò che si pensa sull’obbligo di chiusura alle 18, non possiamo che comprendere la loro inquietudine e la preoccupazione, non possiamo che essergli vicini, augurandogli che i cosiddetti “ristori” promessi dal governo arrivino in tempi rapidi, che la solidarietà che stanno ricevendo dai cittadini si traduca poi in fatti concreti (nelle forme consentite) e, ovviamente, che queste restrizioni durino realmente solo fino al 23 novembre.
Allo stesso tempo, però, per onestà ognuno di loro dovrebbe prima di ogni altra cosa fare un esame di coscienza e chiedersi se davvero da maggio in poi hanno concretamente rispettato le norme e le direttive anti covid. Sicuramente molti di loro l’hanno fatto, di certo non tutti, come ha potuto verificare direttamente chiunque l’estate appena trascorsa è stato un po’ in giro per la città. In particolare ci ha molto colpito scoprire (attraverso social e giornali locali) che tra i più feroci contestatori c’era proprio il titolare di uno dei locali cittadini che più di tutti nell’estate scorsa se ne è infischiato di regole e norme, con in alcune serate addirittura musica a tutto volume e gente ammassata tra i tavoli (o anche sopra i tavoli…) a ballare come se nulla fosse.
Tornando alla giornata di lunedì sera (nella fotogallery al centro dell’articolo alcune immagini del centro cittadino tra le 18 e le 19:30), allo scattare della fatidica ora X nella periferia della città il traffico è quello normale di tutti i giorni a quell’ora. Bar e locali, però, ligi a quanto imposto dal Dpcm pochi minuti dopo le 18 sono già chiusi o, al massimo, stanno chiudendo. Avvicinandosi al centro cittadino, però, lo scenario muta rapidamente, il traffico è ridotto al minimo e in corso Vittorio Emanuele praticamente non transita nessuno in auto. Pochissime, si possono contare praticamente sulle dita di una mano, anche le persone in giro a piedi, tutte rigorosamente con la mascherina.
Arrivando a piazza Arringo lo scenario è quello tipico delle serate di marzo del lockdown, bar e locali già tutti rigorosamente chiusi, alcuni con le sedie ammassate intorno agli ombrelloni di copertura, non più di 4-5 persone in giro e sullo sfondo le luci di quei negozi ancora aperti che rendono l’atmosfera solo leggermente meno lugubre. Identico scenario anche in via Trieste e, ancor più, in piazza del Popolo. Dove le luci di un paio di negozi (sotto le logge) ancora aperti non aiutano comunque a rendere lo scenario meno funereo. In mezzo alla piazza passeggiano alcune persone, i bar sono ovviamente tutti chiusi, con i tavoli all’aperto lasciati ovviamente fuori e utilizzati da qualcuno per sedere e fare due chiacchiere.
Lo scenario è identico ovunque, anche nelle zone limitrofe a piazza del Popolo, locali chiusi e pochissime persone in giro, anche nei posti che tradizionalmente sono frequentati dai più giovani. Al Chiostro di San Francesco, ad esempio, c’è solamente un gruppo di tre ragazze, tutte con la mascherina, mentre sulle panchine di piazza di Roma c’è un altro gruppetto di 4 tra ragazzi e ragazze. E’ vero, come abbiamo già sottolineato, che anche in un normale lunedì autunnale senza l’incubo covid il centro cittadino non è che pulluli di persone.
Ma di sicuro non così deserto (e triste) come appariva lunedì sera. Solo dopo circa un’ora che eravamo in giro per le vie del centro ci capita, sotto le logge di San Francesco, di imbatterci in un mini assembramento, 5 persone adulte senza mascherina e di certo non distanziati. Come ampiamente sottolineato, però, non ci sono vigili o agenti di polizia e carabinieri in giro che possano intervenire anche solo per richiamarli al rispetto delle norme, quanto meno non ne abbiamo incontro in circa 2 ore che siamo rimasti in giro per le vie e le piazze del centro.
C’erano, invece, gli ausiliari del traffico. Ma, ovviamente, i loro controlli non riguardavano certo le norme covid. Di fronte ad un simile scenario per un attimo c’è persino venuto il sospetto che in realtà fossimo noi ad aver capito male, che effettivamente non ci siamo resi conto che è stato deciso il lockdown. A toglierci ogni possibile dubbio il parcheggio davanti al centro commerciale, in buona parte pieno. Un immagine che forse dovrebbe far riflettere…