Nella primavera scorsa presidenti di Regioni, politici e media bocciavano la didattica a distanza e chiedevano il ritorno tra i banchi, addirittura erano nati comitati e movimenti contro la Dad. Ora, però, praticamente gli stessi invocano l’immediata chiusura delle scuole…
Come era facilmente prevedibile l’ipocrisia dell’interesse per l’importanza del ruolo fondamentale che riveste la scuola per i nostri ragazzi, con la riapertura delle stesse è durata poco meno di un mese. Sono passati appena 5 mesi, ma sembra trascorso un secolo, da quando, al termine del lockdown, con le graduali riaperture delle varie attività da più parti si invocava l’immediato ritorno tra i banchi. I partiti dell’opposizione, per ovvie ragioni strumentali, ne avevano fatto uno dei principali cavalli di battaglia per incalzare e accusare il governo, non meno di un presunto alleato del governo stesso (Italia Viva) che in realtà aveva chiesto la riapertura delle scuole già prima ancora che terminasse il lockdown.
Per non parlare di tutti i siti tematici (quelli che si occupano di tutto ciò che ruota intorno al mondo scolastico) che sottolineavano con forza come la didattica a distanza (Dad) non solo non si potesse considerare “vera scuola” ma, di fatto, costituiva un grave danno per lo sviluppo dei ragazzi stessi. Addirittura a maggio si erano costituiti anche comitati e movimenti, composti da docenti, dirigenti scolastici, studenti che dichiaravano irrinunciabile la didattica in presenza.
“Si lo so, quella che si è chiusa il 7 marzo scorso non era una bella Scuola – scriveva nel giugno scorso il promotore del Movimento “Scuola in presenza”, prof. Natoli – aveva mille problemi, non uno. Ma era sicuramente meglio della didattica a distanza. I ragazzi hanno sofferto, terribilmente sofferto. Sofferenza che non dobbiamo permettere più, in nessun caso. Nemmeno se arriva la famigerata seconda ondata. A proposito, molti esperti dicono che non ci sarà, altri che sarà meno violenta. Altri ancora sembrano godere nel dirci che ci sarà e che sarà peggio della prima. In ogni caso, qualunque cosa accadrà, deve essere chiaro a tutti che i nostri ragazzi non possono sopportare un’altra situazione simile.
La scuola esiste solo nella dimensione della relazione viva e concreta tra tutti i suoi attori: alunni, docenti, dirigenti, segreteria, personale Ata. E tale relazione può avvenire solo in presenza. Diversamente non è scuola. Se ne facciano una ragione smartworkisti, teorici dell’emergenza ad oltranza, colleghi crocifissi dalla paura. La didattica a distanza è stata una misura emergenziale straordinaria e tale deve restare. Ci ha consentito di affrontare in qualche modo una situazione per la quale nessuno era preparato. Ma ora basta”.
Quel Movimento, nel giro di pochissimi giorni, aveva ottenuto migliaia e migliaia di adesioni e quell’appello del suo fondatore era diventato una sorta di manifesto, condiviso da tutti i siti che si occupano di scuola. Al di là di ogni altra considerazione, qualcuno si è illuso che finalmente nel paese stesse maturando la coscienza dell’importanza primaria che riveste la scuola per la crescita e lo sviluppo delle future generazioni. Appunto, un’illusione, perché quello che sembrava interesse e consapevolezza dell’importanza della scuola in realtà nella maggior parte dei casi era semplicemente volontà di speculare sfruttando un tema, appunto quello della scuola, che nei momenti di emergenza (così anche in occasione del terremoto, riguardo la sicurezza degli edifici scolastici) è sempre molto gettonato e si presta benissimo alla propaganda.
Così pochi mesi dopo, come la ripresa dell’epidemia ha riportato al centro della discussione la possibilità di restrizioni e chiusure, il primo pensiero di tanti è andato subito alla scuola, a prescindere da ogni dato, da ogni analisi concreta dei numeri che emergono da questo primo periodo del nuovo anno scolastico. E, mentre ogni qualvolta viene fatta balenare l’ipotesi, non di chiusura, ma anche solamente di una qualche limitazione per questa o quella attività economica, parte immediatamente la sollevazione generale, se si parla di chiudere le scuole e tornare alla Dad, a parte rarissimi casi, quasi nessuno dice nulla, anzi.
Non solo, quelli che a maggio minacciavano di sfidare il governo pur di riaprire le scuole, oggi sono i primi ad invocare immediatamente il ritorno immediato alla Dad. E tutti quei siti che avevano portato quella battaglia, come se niente fosse ora sostengono esattamente la tesi opposto. Nulla di strano e di nuovo, siamo abituati a queste continue giravolte nel nostro paese. Non possiamo negare, però, che fa comunque un certo effetto scoprire che alcuni presidenti di Regioni, come Toti e Zaia, che a maggio volevano sfidare il premier per riportare i ragazzi tra i banchi, ora invece hanno chiesto al governo di chiudere subito, almeno le scuole superiori.
Richiesta alla quale, in realtà, si sono accodati gli altri governatori e che è stata reiterata con decisione nell’incontro decisivo con il governo, prima dell’emanazione del nuovo Dpcm. E di fronte al muro eretto dalla ministra Azzolina (supportata dal resto del governo), immediatamente sono scattate critiche e proteste, con gli stessi metodi e con lo stile linguaggio aggressivo utilizzati qualche mese fa per sostenere la posizione esattamente opposta.
Non a caso, poi, il governatore della Campania De Luca, di fronte al peggioramento della situazione nella sua regione, la prima cosa che ha fatto è stata quella di chiudere le scuole (e l’università) fino al 30 ottobre. Non paghe, le Regioni sono tornate alla carica nel corso del tavolo istituzionale sul tema dei trasporti con la ministra De Micheli. “I no del ministro Azzolina sulla Dad è stato sbrigativo e irresponsabile” accusano le Regioni che, nel corso del tavolo istituzionale, per risolvere (o quanto meno attenuare) il problema del trasporto pubblico hanno proposto nuovamente di chiudere le scuole.
“Abbiamo proposto al governo la Dad per le scuole secondarie superiori per diminuire i picchi di utenza” hanno ripetuto. Il discorso sarebbe lungo e complesso, che con l’avvio dell’anno scolastico il trasporto pubblico sarebbe stato un problema era ampiamente risaputo. Sono anche state stanziate le risorse (ai Comuni) per potenziare il servizio. Siamo certi che non si poteva fare qualcosa di meglio?
Il dubbio appare tanto più legittimo nel momento in cui si scopre che, ad esempio, ad Ancona per la ripartenza delle scuole sono state predisposte 39 corse in più, con tanto di presenza di steward a bordo di ogni pullman, con il risultato che nel capoluogo regionale le cronache raccontano di una situazione più che accettabile per quanto riguarda il trasporto. Ma se non c’è troppo da stupirsi di questo clamoroso “voltafaccia” da parte di una parte di politici e amministratori locali, sorprende come quei movimenti e quei comitati così combattivi 5 mesi fa improvvisamente sono scomparsi. E che quei siti che avevano sposato con (presunta) convinzione la battaglia per la riapertura delle scuole, ora chiedono a gran voce l’immediato ritorno alla Dad.
“Chi è contro la didattica a distanza non riesce a guardare oltre e rappresenta il lato oscuro di questa società. Rifiutano la tecnologia cercando di fermare l’evoluzione, le innovazioni e i nuovi modelli di comunicazione, di pedagogia e di didattica integrata” si legge ora su uno di quei siti che avevano fatto dell’appello del Movimento “Scuola in presenza” una vera e propria bandiera. L’aspetto ulteriormente paradossale è che stando ai dati, almeno quelli del ministero della pubblica istruzione (in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità), la scuola non sembra certo rappresentare un problema.
Secondo il monitoraggio effettuato (fino al 10 ottobre) dal ministero in collaborazione con i dirigenti scolastici gli studenti contagiati da coronavirus dalla riapertura delle scuole sono lo 0.080%. In termini numerici sono 5.793, mentre sono 1.020 (0,133%) i docenti contagiati, con 283 casi (0,139%) tra il personale non docente. “I dati confermano che la trasmissione del virus a scuola è limitata rispetto a quello che avviene in comunità” afferma il presidente dell’Iss Brusdaferro.
“I ragazzi sono felici di essere tornati a scuola – aggiunge la ministra Azzolina – i numeri e le analisi dell’Iss ci confermano che i contagi non avvengono dentro le scuole. L’attenzione deve essere invece orientata fuori”. L’impressione, però, è che comunque sia solo questioni di giorni, che molto presto si tornerà alla Dad. Così allora si potrà ricominciare a parlare di quanto importante sia per i ragazzi la scuola in presenza…