Dopo la pubblicazione dei verbali del Cts Salvini vuole denunciare Conte per aver chiuso tutto e la Meloni invece lo accusa di aver chiuso troppo tardi. Peccato, però, che entrambi a febbraio e marzo sostenevano esattamente il contrario…
Sono passati solamente poco più di 4 mesi dall’inizio dell’emergenza coronavirus nel nostro paese ed è incredibile e al tempo stesso sconfortante che ci si è dimenticati di quanto accaduto e chiunque si può tranquillamente permettere di stravolgere i fatti, ricostruendo quello che è avvenuto in maniera fantasiosa e per nulla aderente alla realtà. Di sicuro il perenne clima da campagna elettorale non aiuta e non scopriamo certo ora lo scarso senso di responsabilità e la serietà dei nostri principali leader politici. Ma il vero problema, la vera “croce” di questo paese è, come più volte sottolineato, un’informazione che non adempie in alcun modo al proprio compito, cioè quello di raccontare i fatti, un po’ per paura, un po’ perché schierata, molto per convenienza.
Proprio nei giorni scorsi hanno fatto scalpore le immagini del giornalista di Axios Jonathan Swan che, nel corso di un’intervista con il presidente degli Stati Uniti, senza esitazioni smentisce Trump che aveva sostenuto che la mortalità per covid negli Usa sarebbe la più bassa al mondo. Tutt’altra musica, invece, in Italia dove raccontare i fatti, al di là poi delle legittime opinioni che ognuno può sviluppare, sembra un’impresa impossibile per il mondo dell’informazione.
Neppure in questa circostanza quando, dopo la pubblicazione dei verbali del Comitato tecnico scientifico, è ripartita la solita indegna speculazione politica, con la conseguente ricostruzione ignobilmente fantasiosa, e per nulla corrispondente al vero, di quanto accaduto nei mesi scorsi. E, allora, visto che nessun ha avuto il coraggio di fare chiarezza, è giusto ricapitolare velocemente i fatti, ricordando la successione degli eventi e quello che all’epoca chiedevano i vari leader politici che oggi raccontano un’altra storia (tutto documentato e verificabile).
I primi 2 casi di covid-19 (due turisti dalla Cina) in Italia emergono il 30 gennaio a Roma. Il giorno successivo il Consiglio dei ministri dichiara per sei mesi lo stato di emergenza sul territorio nazionale, non certo per la scoperta di quei due casi, ma come atto dovuto dopo l’avviso di “emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale” lanciato dall’Oms. Il primo vero focolaio di infezioni (a Codogno) emerge il 20 febbraio. Dopo una prima ordinanza del ministero della Salute (21 febbraio) che impone la quarantena obbligatoria per chi fosse stato nelle aree a rischio nei 14 giorni precedenti, il 23 febbraio viene emanato dal Consiglio dei ministri il decreto legge che impone l’isolamento dei 10 comuni del lodigiano già interessati alla pandemia e del comune di Vo’ (Padova), con conseguenza chiusura di tutte le attività commerciali (escluse quelle di beni di prima necessità), di scuole, musei, istituti e la sospensione di qualsiasi manifestazione e iniziativa.
Il 25 febbraio, con decreto del presidente del Consiglio, si estendono i provvedimenti alle regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria. Un nuovo decreto del 1 marzo di fatto fa cessare la vigenza di tutti quelli precedenti e distingue le misure sulla base di aree geografiche. Il 4 marzo un ulteriore decreto dispone su tutto il territorio nazionale la sospensione delle attività didattiche in tutte le scuole e università, la chiusura delle porte in tutti gli stadi, oltre ad indicazioni circa l’accesso di parenti e visitatori alle strutture sanitarie.
Nella notte tra il 7 e l’8 marzo un nuovo decreto del premier sostituisce i decreti precedenti, con misure restrittive per tutta la Lombardia e 14 province del Centro-Nord (tra cui anche Pesaro-Urbino) ed altre che interessano tutta Italia. Il 10 marzo viene varato il decreto “#IoRestoaCasa” (pubblicato l’11 marzo) che estende il lockdown a tutto il territorio nazionale fino al 3 aprile. Le misure adottate sono state ulteriormente prorogate, con un nuovo DPCM, fino al 13 aprile e, in seguito, fino al 3 maggio. La sera del 26 aprile, poi, il premier Conte annuncia un nuovo DPCM in vigore dal 4 maggio che prevede l’avvio della cosiddetta “fase 2”, ossia un allentamento graduale del lockdown. Un ulteriore DPCM dell’11 giugno ha, infine, previsto l’avvio della fase 3 dal successivo 15 giugno. Questi, in sintesi, i provvedimenti adottati dal governo in questi mesi.
Ovviamente in questo periodo, soprattutto nella prima fase della pandemia, ci sono state le proposte e le prese di posizione (anche dure) da parte dei leader dell’opposizione. Il 27 febbraio, dopo i primi provvedimenti restrittivi in Lombardia e Veneto, Matteo Salvini in un video (poi rimosso) chiedeva al governo di riaprire tutto, anche in Lombardia. Nelle stesse ore in un video e in un post pubblicato sui social Giorgia Meloni invitava i turisti a venire in Italia, sostenendo che la situazione era assolutamente tranquilla. Il successivo 29 febbraio, poi, i due leader scrivevano a Mattarella chiedendogli di sollecitare il governo a riaprire tutto.
Nei primi giorni di marzo, addirittura, la leader di Fratelli d’Italia invocava le elezioni a maggio, sostenendo che non c’erano fondati motivi di carattere sanitario che lo sconsigliassero. Il 10 marzo successivo, dopo l’incontro con il premier Conte che ha illustrato ai leader dell’opposizione i contenuti del decreto “#IoRestoaCasa”, Salvini dichiarava: “con quello che sta succedendo negli ospedali bisogna chiudere tutto subito, non vorrei che si stesse sottovalutando l’emergenza sanitaria. Anche perché le altre regioni non hanno gli stessi strumenti e non sono in grado di reagire bene come sta facendo la Lombardia “.
“E’ necessario chiudere tutto almeno per 15 giorni, altrimenti c’è il rischio che poi una misura simile si prenda quando è troppo tardi” aggiungeva Giorgia Meloni. Il giorno successivo, ospite a “La Vita in diretta” (quando ancora non era stato pubblicato il decreto che imponeva il lockdown su tutto il territorio nazionale, il cui contenuto era però stato illustrato a Salvini nell’incontro con il premier del giorno precedente), il segretario della Lega affermava: “Se ci sono centinaia di morti è necessario chiudere oggi per ripartire poi tutti insieme. I governatori chiedono iniziative forti in tutta Italia”.
Lo stesso Salvini aggiungeva, poi, che sindaci e governatori del nord erano pronti a chiudere, a decretare zone rosse nel caso il governo non avesse assunto determinati provvedimenti. Segno evidente che l’ex ministro dell’interno sapeva perfettamente che i governatori potevano autonomamente istituire le zone rosse, mentre ora sostiene il contrario. In quegli stessi giorni lo stesso Salvini inondava i social con post simili, chiedendo di chiudere tutto il paese e sostenendo con forza che “chiudere a pezzi non basta”.
Nei giorni scorsi, dopo la pubblicazione dei verbali del Cts, lo stesso Salvini da Perugia ha annunciato: “portiamo Conte e i suoi al tribunale internazionale perché hanno sequestrato mezza Italia, noi l’avevamo detto che non c’era la necessità di chiudere tutto”. Al di là del fatto che in realtà il quadro che emerge da quei verbali è differente (come vedremo) da quello che qualcuno vuole fare intendere, il leader della Lega dovrebbe semplicemente vergognarsi, le dichiarazioni sopra riportate (tutte verificabili) dimostrano esattamente il contrario.
Neppure il peggiore sciacallo si comporta in questo modo. Non molto differente, purtroppo, il comportamento della Meloni che, invece, sempre dopo la pubblicazione di quei verbali ha sostenuto che “noi avevamo proposto il lockdown almeno 10 giorni prima che il governo lo facesse”. Considerando che il decreto “#IoRestoaCasa” (che impone il lockdown in tutto il paese) è del 10 marzo, significa che Fratelli d’Italia premeva per chiudere tutto a fine febbraio. Cioè quando la Meloni ha postato il video in cui invitava i turisti a venire nel nostro paese, sostenendo che la situazione era sotto controllo e non c’erano rischi, e insieme a Salvini chiedeva al presidente di Mattarella di fare pressioni per far riaprire tutto.
Indecente, non ci sono altri termini per definire questo atteggiamento, non hanno rispetto neppure degli oltre 35 mila morti provocati dal covid, sono disposti a speculare su tutto. Per altro sarebbe stato sufficiente ascoltare il medico dirigente della Polizia di Stato, Fabio Ciciliano, segretario Comitato tecnico scientifico per rendersi conto di quanto fuori luogo siano certe polemiche, a prescindere dall’inesistente coerenza di certi esponenti politici.
“I nostri pareri si basano sull’andamento della curva epidemiologica – spiega – il 7 marzo ritenevano giusto chiudere solo alcune regioni del nord ma poi c’è stata la fuga verso sud. Tra il 7 e il 9 marzo la curva epidemiologica ha avuto un’impennata e il governo ha correttamente deciso di chiudere l’Italia. Non c’è stato alcun contrasto, vorrei ricordare che in quel periodo siamo arrivati a circa mille morti al giorno. Sinceramente, visto quanto sta accadendo negli altri Stati, ritengo che la linea sia stata quella giusta. Siamo passati da essere il primo Paese per numero di casi a diventare l’ultimo”. Superfluo aggiungere altro