Da Varese a Pescara, da Acireale a La Spezia, si moltiplicano gli episodi di omofobia. E nell’ultimo anno in Italia le aggressioni omotransfobiche sono aumentate del 60%. Eppure c’è chi scende in piazza per bloccare il ddl Zan che equipara l’odio omotransfobico all’odio razzista…
Più delle parole, la fredda cronaca degli ultimi 10-15 giorni nel nostro paese. Martedi 7 luglio: le agenzie di stampa battono la notizia di un primario dell’ospedale di Cittiglio (Varese) denunciato per “omofobia” per aver detto, nel corso di un’operazione effettuata il 25 marzo scorso: “ma guardate se io devo operare questo frocio di merda. Non è giusto che in questo periodo di emergenza debba perdere tempo per operare questi froci”. Non pago, di fronte alle proteste di un altro medico che si sarebbe dichiarato gay, lo avrebbe bruscamente allontanato dalla sala operatoria. Secondo quanto riferito dai testimoni il primario avrebbe proseguito con gli insulti “omofobi” nel corso di tutta l’operazione.
Venerdì 3 luglio: alla stazione ferroviaria di Vernazza (Spezia) una coppia gay bolognese di 30 anni (ma residenti alla Spezia) è stata prima insultata e poi aggredita da un branco di 4-5 ragazzi che li ha ripetutamente colpiti con calci e pugni, ferendo uno dei due bolognesi.
Giovedì 2 luglio: una coppia di ragazze lesbiche di 19 e 22 anni di Acireale ha presentato denuncia ai carabinieri per essere state aggredite e schiaffeggiate da un uomo di una sessantina di anni mentre, mano nella mano, stavano entrando in un bar per comprare un gelato. “Odio gay e lesbiche, siete le prostitute del Diavolo. Dio vi odia” avrebbe dichiarato l’uomo prima di aggredire e schiaffeggiare le due ragazze, con i clienti seduti nei tavolini del bar che non sono intervenuti in difesa delle due giovani e, anzi, qualcuno di loro ha addirittura applaudito.
Martedì 30 giugno: un educatore di Lucca ha denunciato di essere stato vittima di insulti omofobi da parte del genitore di un bambino che pure lo aveva definito un “bravo educatore” ma con il grave “difetto” di essere gay. Lo stesso ha poi svelato che qualche mese prima era stato aggredito e fatto cadere dalle scuole della scuola media da alcuni genitori che gli avevano urlato: “tu nello spogliatoio dei maschi non entri”.
Venerdì 26 giugno: un 25enne molisano finisce in ospedale con la mascella sinistra fratturata dopo essere stato prima insultato, poi aggredito e malmenato sul lungomare di Pescara da un gruppo di 7 ragazzi (tra cui una ragazza) mentre stava passeggiando mano nella mano con il suo ragazzo, un 22enne del posto.
Mercoledì 24 giugno: due ragazze lesbiche di poco più di 20 anni, che erano sedute su una panchina di un parco a Pescara e stavano mangiando una pizza, sono state ripetutamente insultate dal guardiano del parco che ha tentato in ogni modo di cacciarle. A scatenare la reazione dell’uomo un semplice e tenero abbraccio tra le due ragazze.
Siamo in Italia, nell’anno del Signore 2020, sembra di essere tornati al Medioevo. Ancor più se si pensa che a quei fatti cronaca bisogna aggiungere che il Comune di Pescara, dove sono accaduti in pochi giorni due degli episodi peggiori di omofobia (e altri se ne sono verificati nelle settimane precedenti), meno di una settimana dopo la barbara e violenta aggressione nei confronti di quel ragazzo 25enne ha bocciato (con i voti della maggioranza di centrodestra) un ordine del giorno che, tra le altre cose, chiedeva al Comune di costituirsi parte civile contro le aggressioni omofobe.
L’ordine del giorno, presentato dal consigliere Di Iacovo del gruppo “Pescara Città Aperta”, tra l’altro invitata il sindaco e la giunta a “dichiarare e ribadire che Pescara è una città che non discrimina e che ama e rispetta i suoi cittadini omosessuali e transessuali e che condanna senza appello qualunque atto di omotransfobia”. Sarebbe sin troppo semplice (e ovviamente assolutamente riduttivo), visto che l’ordine del giorno è stato bocciato, sostenere quindi che la cittadina abruzzese discrimina e non rispetta gli omosessuali e i transessuali.
Piuttosto il problema è che almeno l’amministrazione comunale sembra che stia facendo di tutto per far passare il messaggio di una città intollerante e omofoba, visto che dopo aver bocciato quell’atto ha negato la piazza per il Pride mentre poi l’ha messa a disposizione per la manifestazione contro la nuova legge contro l’omofobia. Ma se solamente a Pescara si respirasse questo clima, per quanto disdicevole non ci sarebbe da preoccuparsi più di tanto. La cosa triste, e per certi versi drammatica, è che ad essere ripiombato nel Medioevo sembra essere tutto il paese (o quanto meno una parte di esso).
Di fronte ad una simile imbarazzante serie di episodi di omofobia, sulla base dei dati forniti dalla Ue (riferiti agli ultimi anni) che evidenziano come, per quanto riguarda le aggressioni omofobiche, in Europa solo Croazia e Lituania sono messe peggio dell’Italia. Di fronte al report che testimonia come nel 2019, rispetto all’anno precedente, i casi di aggressioni omotransfobiche sono aumentati di quasi il 60% (dai 119 del 2018 ai 187 del 2019, praticamente più di una ogni 2 giorni), un paese civile si mobiliterebbe senza esitazioni per mettere in atto iniziative legislative e, soprattutto, culturali-educative per far fronte a questa emergenza.
Invece in quel paese sempre più intollerante che sta diventando l’Italia, incredibilmente accade esattamente il contrario, ci si mobilita per bloccare sul nascere il tentativo di approvare una legge contro l’omofobia che colmerebbe un gravissimo vuoto. Infatti in quasi tutta l’Unione europea esiste una legge che equipara l’odio omotransfobico all’odio razzista (necessaria appunto per garantire la possibilità di denunciare gli episodi di omofobia).
Un simile provvedimento è previsto praticamente in tutte le legislazioni dei Paesi Ue, eccetto la Repubblica Ceca, la Lettonia, la Bulgaria e, appunto, l’Italia. Dove, però, nei giorni scorsi in Parlamento è stato presentato un decreto legge (il ddl Zan, dal nome del primo firmatario) che finalmente sanerebbe questa lacuna, equiparando appunto l’odio omotransfobico all’odio razzista. Pur se con ritardo, tutto è bene quel che finisce bene verrebbe da dire. Invece è incredibilmente partita una sconfortante e paradossale mobilitazione, con tanto di ricorso alla piazza, per cercare di bloccare l’approvazione del ddl Zan, definito “liberticida”.
A promuoverla è il popolo del family day, le “sentinelle in piedi” che, però, hanno l’appoggio più o meno convinto di una larga parte del centrodestra. “A questo punto presentiamo un bel ddl contro l’eterofobia” ha rilanciato provocatoriamente Salvini. Ancora più dura la campagna promossa da giorni dai quotidiani e dagli esponenti cosiddetti sovranisti che, pur di fermare questo tentativo di equiparare l’Italia ai paesi più civili, non si fanno scrupoli di raccontare e paventare le balle più indicibili (addirittura Diego Fusaro in un post, poi rimosso, parlava di un ddl che sdoganava la pedofilia…).
In realtà la grave responsabilità di aver dato il via a questa insulsa campagna è in larghissima parte della Cei (Conferenza episcopale italiana) che, in un allucinante comunicato (per altro dal titolo quasi canzonatorio “I vescovi contro ogni discriminazione”), ha sostenuto che non c’è bisogno di una nuova legge e che, anzi, con quel ddl addirittura ci sarebbe il rischio di “derive liberticide”. E proprio sulla base di questa autentica “bufala” che si è deciso di mobilitare la piazza. Si è partiti il 27 giugno da Bolzano, poi il 5 luglio a Bari ed ora tra il 10 ed il 16 luglio sono in programma manifestazioni in 53 piazze (Loreto e Fano nelle Marche), mentre in altre 19 (tra cui anche Ascoli) si è in fase di preparazione.
“Con la nostra presenza in piazza – si legge nel sito internet di riferimento – vogliamo dire no all’istituzione di un nuovo reato, quello di omotransfobia, che non viene definito dal legislatore, lasciando così enormi spazi a interpretazioni e derive liberticide che colpiranno tutti coloro che si esprimeranno pubblicamente in modo non allineato al mainstream. In caso di approvazione del testo, sarà ancora possibile per un sacerdote spiegare la visione cristiana del matrimonio? Sarà possibile dire pubblicamente che la pratica dell’utero in affitto è un abominio o dirsi contrari alla legge sulle unioni civili? Per queste domande il ddl sull’omofobia ha una sola risposta, No”.
Come abbiamo già visto (vedi articolo “Lo scivolone della Cei sull’omotransfobia”), la realtà è completamente differente. Sarebbe sufficiente sottolineara, per sgombrare ogni dubbio in proposito, che il ddl non estende all’odio omotransfobico il reato di “propaganda di idee” come oggi è previsto dall’art. 604 bis del codice penale per l’odio etnico e razziale. Quindi nessuna limitazione della libertà di espressione o censura o bavaglio. In altre parole, per semplificare, un sacerdote potrà tranquillamente continuare a spiegare la visione cristiana del matrimonio (e ci mancherebbe altro…), così come ognuno sarà libero di dire la sua sull’utero in affitto o sulle unioni civili.
Questo, però, significa che quella mobilitazione (così come l’inaccettabile posizione della Cei) è basata su presupposti del tutto non veritieri e infondati. Con l’inevitabile e conseguente (fondato) sospetto che in realtà la mobilitazione stessa nasca semplicemente da una malcelata scarsa tolleranza nei confronti dell’omosessualità…