Chiuso il 5 giugno dopo aver ospitato pochissimi pazienti, secondo quanto riferito dalla Regione doveva costare circa 12 milioni di euro ed essere finanziata da donatori privati. Ma dagli atti ufficiali emergono altre cifre e, soprattutto, l’utilizzo di molti fondi pubblici
Nella gestione a nostro avviso più che positiva da parte della Regione Marche dell’emergenza coronavirus, resta, pesante come un macigno, la sconcertante vicenda del Covid Center di Civitanova e dell’inutile collaborazione con Guido Bertolaso. Abbiamo più volte sottolineato tutte le perplessità su quella operazione, evidenziando sia l’inopportunità, in una regione ancora alle prese con i ritardi del post terremoto, di chiamare proprio quel Bertolaso imbarazzante simbolo dell’incapacità dello Stato di dare risposte concrete in queste circostanze, sia l’incomprensibile scelta di seguire il modello lombardo di intervento (che si prefigurava già come fallimentare) piuttosto che quello adottato in maniera straordinariamente efficace dall’Emilia Romagna di Bonaccini per aumentare la disponibilità di posti letto per la terapia intensiva.
L’evoluzione della pandemia nella nostra regione (e nel resto d’Italia, Lombardia esclusa) di fatto ha reso (fortunatamente) inutile il Covid Center, chiuso il 5 giugno scorso dopo aver ospitato solo pochissimi pazienti (per altro portati a Civitanova quando comunque gli altri reparti di terapia intensiva delle Marche si erano liberati). E, sperando ovviamente che non ci sarà, nel caso in cui dovesse arrivare la temuta seconda ondata è probabile (oltre che auspicabile) che la sanità marchigiana sia in grado di affrontarla senza rischiare il “collasso”.
In altre parole l’operazione Covid Center potrebbe anche andare in archivio se non fosse per un particolare non certo irrilevante: la scarsa trasparenza su tutto quello che riguarda l’aspetto economico dell’intervento. Non c’è chiarezza su nulla, sui costi reali della struttura, sui finanziatori e sull’intervento economico da parte della Regione. Soprattutto ci sono fondati dubbi che la promessa più volte solennemente ribadita dal presidente Ceriscioli, sul fatto che non sarebbero stati utilizzati soldi pubblici, in realtà non sia stata rispettata.
Partiamo dal costo complessivo dell’operazione, inizialmente si era parlato di una ventina di milioni di euro, poi di 17, alla fine il costo indicato è di 12 milioni di euro. Il 21 aprile scorso, rispondendo alle critiche relative al (presunto) costo eccessivo dei macchinari, l’assessore Sciapichetti affermava: “La verità è che i 12 milioni sono la stima del progetto ma la spesa finale sarà determinata da una serie di fattori, come possibili ulteriori donazioni, recupero di attrezzatura dismessa Covid dagli altri ospedali e i possibili ribassi sui lavori da parte delle imprese. Una cosa è certa, tutto sarà rendicontato con la massima trasparenza a partire dalle donazioni”.
L’assessore sottolineava, poi, che “dei circa 12 milioni stimati, il 60% è attribuibile ai lavori da realizzare, mentre il 40% alle attrezzature”. In altre parole, poco più di 7 milioni di euro per i lavori e oltre 4,5 milioni di euro per le attrezzature. Sul sito www.covidhospital.eu è stato pubblicato il quadro economico della struttura e, guarda il caso, i conti non tornano per nulla. Complessivamente, secondo quel documento, siamo a poco meno di 8,5 milioni di euro, di cui 5,8 milioni di euro per i lavori e 2,6 milioni di euro per le attrezzature.
Nel dettaglio, per quanto riguarda i lavori: opere edili, finiture, infissi e strutturali 2.400.000 e.; impianti idrico sanitario 120.000 e.; impianti di condizionamento 1.250.000 e.; impianti elettrici speciali 1.350.000 e.; logistica, professionisti, oneri 150.000 e.; imprevisti 600.000 e. (totale 5.870.000 e.). Invece per quanto riguarda le attrezzature: Terapia intensiva e Sub-intensiva 848.239,86 e.; Diagnostica Radiologica (Tac e Radiografia digitale) 702.400 e.; Sala Operatoria/Area Sub-sterilizzazione/Dotazione informatica 251.001,48 e.; Arredi sanitari e non sanitari 770.335,52 e. (totale 2.571.996,86 e.).
Nel documento (che è datato 2 maggio, cioè pochi giorni prima dell’inaugurazione ) viene evidenziato che si tratta di “costo stimato in aggiornamento” (sia per i lavori che per le attrezzature). Considerando che la struttura è stata già chiusa, resta il dubbio, che solo Ceriscioli o Sciapichetti possono fugare, se quella cifra sia poi realmente quella del costo totale finale o se va aggiornata e aumentata. Una questione non di poco conto, anche in considerazione dei fondi fin qui raccolti (quelli ormai da considerare definitivi) che ammontano a poco più di 8,5 milioni di euro (8 milioni di euro di elargizioni e 540 mila euro di donazioni di beni e servizi).
Ed è del tutto evidente che, se il costo complessivo è quello riportato nel documento pubblicato sul sito, allora davvero le donazioni di “privati” hanno coperto interamente la spesa. Di contro, però, se il costo complessivo è quello o si avvicina a quello riportato su tutti gli organi di informazione (circa 12 milioni di euro) e sostanzialmente confermato anche dall’assessore Sciapichetti, allora bisogna capire da dove sono arrivati i 3,5 milioni di euro che mancano. Un aspetto assolutamente fondamentale perché, come già ricordato, il presidente Ceriscioli ha sempre assicurato che il Covid Center è stato realizzato solo grazie al cuore di cittadini e aziende marchigiane, senza alcun esborso economico per la Regione.
Per altro, osservando l’elenco donatori pubblicato sempre su quel sito, le perplessità aumentano. Complessivamente sono ben 1.264 i donatori, un numero davvero elevatissimo che però si presta ad alcune considerazioni per certi versi sorprendenti. Soprattutto alla luce del fatto che tra loro, esattamente al numero 89 dell’elenco, c’è anche la Banca d’Italia (per l’esattezza “Banca d’Italia per la Regione Marche”). Che, sulla base delle informazioni rivelate dal Cisom, la fondazione del Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta (che ha gestito l’iniziativa), ha stanziato ben 5 milioni di euro (dei complessivi 8 raccolti). E, è del tutto evidente, quelli elargiti dalla Banca d’Italia sono a tutti gli effetti fondi pubblici, non certo privati.
Non solo, la Banca d’Italia quei 5 milioni in realtà l’ha destinati alla Regione Marche per l’emergenza coronavirus (determina 31 marzo 2020) che poi a sua volta li ha girati al Cisom. Questo significa che, considerando il costo di 8,5 milioni di euro che è riportato al momento nel documento pubblicato sul sito del Covid Center, in realtà più del 50% della spesa è stato coperto con fondi pubblici, con gli altri 1.263 donatori che avrebbero complessivamente raccolto 3 milioni di euro (con una media di poco più di 2 mila euro a testa).
Di fronte a tali numeri continuare a parlare di operazione finanziata grazie alle donazioni è semplicemente ridicolo, oltre che assolutamente non veritiero. Il tutto sempre senza considerare la differenza tra il costo riportato nel documento pubblicato sul sito e quello sempre dichiarato dalla Regione (3,5 milioni di euro in più).
Di fronte ad un simile quadro, è assolutamente necessario che Ceriscioli faccia immediatamente chiarezza, assicurando quella massima trasparenza sui costi che ha sempre promesso ma che finora non si è certamente vista.