La Conferenza episcopale italiana (Cei) critica il testo di legge sull’omotransfobia che è pronto per essere discusso in commissione alla Camera sostenendo che non serve una nuova legge e che c’è il rischio di “derive liberticide”. Ma la realtà è completamente differente…
Chissà se anche questa volta papa Francesco e la parte migliore della Chiesa riusciranno a porre rimedio all’ennesima “figuraccia” della Conferenza episcopale italiana (Cei). Un mese fa, dopo l’indecente comunicato stampa nel quale addirittura si facevano inappropriati richiami all’autonomia della Chiesa e si vaneggiava di un’ipotetica compromissione della libertà di culto (solo perché il governo “aveva avuto l’ardire” di imporre certe inevitabili restrizioni), ci aveva pensato papa Francesco a “mettere in riga” e costringere la Cei ad un’imbarazzata retromarcia.
Poi le testimonianze di tanti parroci in prima linea avevano dimostrato che fortunatamente la Chiesa può essere molto migliore di quella modello Stato Pontificio alla quale in certi momenti sembrano ispirarsi la alcuni vescovo (come quello di Ascoli) e la Cei. Che, però, ora ha replicato e per certi versi amplificato quella “figuraccia” con il suo intervento completamente fuori luogo ed infarcito di clamorose inesattezze (per usare un eufemismo) in merito alla proposta di legge che presto sarà in discussione in commissione alla Camera contro i reati di omotransfobia.
Secondo la Cei non solo non serve una nuova legge contro l’omofobia ma, addirittura, se venissero approvate le norme attualmente in discussione di correrebbe il concreto rischio di “derive liberticide”. Si poteva sottolineare che in fin dei conti l’omofobia in Italia non esiste e così il quadro era completo… Ironia della sorte, la nota con la quale la Cei esprime questa discutibile posizione si intitola “I vescovi contro ogni discriminazione” e si apre con una citazione proprio di papa Francesco,
“Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde”, che lascerebbe pensare esattamente l’opposto di quello che, invece, poi viene espresso. “Le discriminazioni, comprese quelle basate sull’orientamento sessuale – scrive la Cei – costituiscono una violazione della dignità umana che, in quanto tale, deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini.
Al riguardo, un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio. Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni.
Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso.
Crediamo fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto”.
Quindi secondo la Cei non solo non c’è bisogno di nuove norme ma, addirittura, quella in discussione alla Commissione giustizia della Camera se approvata potrebbe mettere a rischio la libertà di espressione, introducendo il reato di opinione. In sostanza i vescovi sostengono che quella legge sanzionerebbe anche chi esprime determinate opinioni, come il fatto che una famiglia per essere tale deve essere formata da un papà e una mamma. E’ del tutto evidente che se davvero fosse così sarebbe di una gravità inaudita. Già, ma è davvero così come sostiene la Cei? Il relatore della legge, il deputato del Pd Alessandro Zan, lo esclude categoricamente.
“Sorprendono le critiche della Presidenza Cei alla legge contro l’omotransfobia – afferma – il cui testo unificato ancora non è stato depositato e su cui stiamo ancora lavorando. Lo ripeto, non verrà esteso all’orientamento sessuale e all’identità di genere il reato di ‘propaganda di ideè come oggi è previsto dall’art. 604 bis del codice penale per l’odio etnico e razziale. Dunque nessuna limitazione della libertà di espressione o censura o bavaglio come ho sentito dire in questi giorni a sproposito“.
E’ basta leggere il testo che si compone di 10 articoli (e che riunifica 5 proposte di legge) per avere la conferma che è esattamente come sostiene Zan. Il cuore della legge punta ad inserire l’orientamento sessuale e l’identità di genere all’interno dell’attuale impianto giuridico in materia di reati e discorsi d’odio, allo scopo di estendere la normativa già esistente alla protezione della popolazione Lgbt. Le modifiche previste nei primi 3 articoli del testo di legge inseriscono il genere, l’orientamento sessuale e l’identità di genere nel calderone delle discriminazioni per odio etnico, razziale o religioso.
Ma un espediente giuridico contenuto nella proposta di legge esclude tale reato nei confronti delle persone Lgbt. In altre parole, sulla base della legge Mancino, resta il reato di propaganda per quando riguarda la questione razziale ed etnica. In pratica restano le pene per coloro che diffondono idee fondate sulla superiorità o l’odio razziale o etnico ma viene esclusa da questa tutela la comunità Lgbt, difesa solo in caso di istigazione a commettere o per commissione di atti di discriminazione.
Per essere ancora più chiari, se quel testo di legge verrà approvato si punirà chi pubblica la foto di un attivista gay, incitando al linciaggio e all’odio nei suoi confronti. Non verrà invece punito chi si esprimerà contro il matrimonio omosessuale o a favore della famiglia cosiddetta tradizionale. Rispetto alla situazione attuale, invece, la nuova legge prevede che le persone lgbt diventano soggetti vulnerabili. Intervenendo sull’articolo 90 quater del codice di procedura penale, la legge inserisce la frase “o fondato sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”, riconoscendo così gy, lesbiche e transessuali come vittime vulnerabili.
Un particolare non di poco conto perché dal 2013 la legge dispone che per le cosiddette “vittime vulnerabili” è prevista la concessione del patrocinio gratuito, anche sopra il limite di legge. Infine il testo di legge in discussione alla commissione della Camera prevede un percorso culturale per portare “politiche positive per il Paese”, con l’istituzione della giornata nazionale contro l’omotransfobia, una strategia nazionale di contrasto all’omotransnegatività (con misure relative all’eduzione, all’istruzione, al lavoro, alla situazione carceraria, alla comunicazione) e un monitoraggio costante sull’andamento dell’omotransfobia in Italia.
Nel complesso, quindi, il testo di legge in discussione se approvato introdurrà delle importanti novità e delle giuste ulteriori tutele, escludendo categoricamente “derive liberticide”. In altre parole l’esatto contrario di quanto sostenuto, per preconcetto o per superficialità, dalla Cei. Che, ancora una volta, ha mostrato il suo lato peggiore.