Al Senato si sono discusse le due mozioni di sfiducia nei confronti di Bonafede, quella del centrodestra che lo accusava di essere troppo garantista, quella della Bonino che lo riteneva troppo giustizialista. E, incredibilmente, c’è chi ha votato a favore di entrambe…
Qualsiasi sia la legittima opinione che ognuno ha riguardo l’operato del ministro della giustizia Bonafede, è difficile non essere d’accordo con quanti sostengono che il surreale teatrino andato in scena mercoledì 20 maggio in Senato è l’ennesima dimostrazione di come la politica italiana abbia toccato il fondo. La seduta di Palazzo Madama si è, infatti, aperta con la discussione e la successiva votazione delle mozioni di sfiducia individuale n. 230 e n. 235, entrambe nei confronti del ministro Bonafede, la prima presentata dalla senatrice di Più Europa Emma Bonino e la seconda presentata dai senatori Romeo (Lega), Ciriani (Fratelli d’Italia) e Bernini (Forza Italia), in pratica dal centrodestra unito.
E se già il fatto che vengano presentate due differenti mozioni di sfiducia sullo stesso ministro, da discutere una dopo l’altra, è qualcosa di a dir poco singolare, se si guardano i contenuti e i comportamenti delle varie forze politiche la situazione diventa molto più surreale. In pratica, per sintetizzare, nella prima mozione (Bonino) si chiede di sfiduciare Bonafede perché ritenuto troppo giustizialista, nella seconda (centrodestra) la richiesta di sfiducia è motivata dal fatto che il ministro sarebbe troppo garantista.
Comprendiamo lo sgomento, in pratica il titolare della giustizia viene accusato di una cosa e del suo esatto contrario. Qualcosa di razionalmente difficile da conciliare ma che in quel manicomio che è sempre più il mondo politico italiano è assolutamente normale, quasi neppure ci si fa caso (nell’intervento in aula solo il senatore Casini lo ha evidenziato). Così come, purtroppo, non stupisce più di tanto che neppure l’informazione abbia sottolineato nel giusto modo questa imbarazzante anomalia, gli unici che l’hanno fatto sono Marco Travaglio (martedì sera ospite ad “Otto e mezzo”) e Andrea Scanzi in un breve ma impeccabile post.
“Riassumendo – scrive Scanzi – Bonafede viene sfiduciato dalla destra perché: a) ha liberato troppi boss (falso) e b) ha detto no a Di Matteo per paura dei mafiosi (falso). Ovviamente è la stessa destra che, fino ad oggi, di Di Matteo se n’è sempre fregata. E mai ha messo in primo piano la lotta alla malavita (anche perché, non di rado, qualcuno dei loro lo pizzicano. Per non parlare poi di Dell’Utri e della trattativa Stato-mafia). Parallelamente, quel che resta dei radicali processa Bonafede perché troppo giustizialista. Ovvero il motivo opposto della mozione della destra. Praticamente Bonafede è, secondo questi bei giuggioloni, troppo permissivo e al tempo stesso troppo aguzzino. Un fenomeno”.
Emblematici, a tal proposito, alcuni passaggi delle due mozioni su uno dei punti centrali della discussione, le contestatissime scarcerazioni che hanno coinvolto anche alcuni boss mafiosi. Per la mozione della Bonino il ministro Bonafede è responsabile di non aver saputo “garantire, all’interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche”, per quella del centrodestra è invece da mettere sotto accusa per aver fatto credere che la situazione all’interno degli istituti di pena fosse precaria e aver accettato “il principio, indimostrato e scientificamente falso, del nesso di causalità fra detenzione in carcere e contagio”.
Ancora, per la prima mozione “la responsabilità del ministro della giustizia e del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria è di avere gestito questo delicatissimo problema con la sufficienza e la negligenza derivante da un’idea puramente afflittiva della pena”, nella seconda Bonafede viene accusato al contrario di una visione troppo permissivista della pena al punto da “avanzare ipotesi di interventi normativi volti incredibilmente ad accogliere le richieste dei rivoltosi (indulti, amnistie e provvedimenti simili)”.
Senza entrare nel merito della questione che è ampiamente nota (e come ha giustamente sottolineato lo stesso Bonafede nel suo intervento di replica “i giudici che hanno scarcerato i detenuti in questi mesi lo hanno fatto in base a leggi in vigore da 50 anni e che nessuno aveva mai cambiato”), siamo alle comiche, neppure la mente più perversa e più distorta avrebbe potuto immaginare qualcosa di simile, un ministro che contemporaneamente è accusato di una cosa e del suo esatto contrario.
A rendere la situazione ancor più surreale, quasi kafkiana, c’è poi il fatto che, sembra impossibile ma è così, alcuni partiti al momento della votazione hanno votato a favore di entrambe le mozioni. Senza farsi alcuno scrupolo Forza Italia e la Lega (“La Lega voterà anche la mozione di sfiducia di Più Europa, serve un ministro della giustizia che sia in grado di gestire le carceri, che assicuri che i boss non escano di galera, che ci sia certezza della pena” aveva dichiarato prima ancora del voto Salvini), con qualche giro di parole in più Fratelli d’Italia.
“Sulla mozione della Bonino ci sono elementi che non condivido, né utilizzerò i voti di FdI per far alzare la posta a Renzi. Noi votiamo alla seconda chiama, vediamo prima se l’ha votata Renzi” dichiarava prima del voto Giorgia Meloni. Il cui partito, però, poi puntualmente ha votato a favore di entrambe le mozioni. In sostanza, quindi, per i senatori del centrodestra Bonafede è al tempo stesso troppo giustizialista ma anche troppo garantista. Per dirla alla Scanzi, praticamente un fenomeno.
Anche se in realtà il vero fenomeno ancora una volta si è dimostrato Matteo Renzi, cioè quello che poteva far saltare il banco e che fino alla fine ha tenuto sulle spine il governo, dopo aver fatto balenare la possibilità di votare a favore della sfiducia. Alla fine ha votato contro, ma solamente per non rischiare di far cadere il governo. “Votiamo contro le due mozioni – ha affermato nel corso del suo intervento – ma riconosciamo al centrodestra e alla signora Bonino di aver posto temi veri”.
Con l’unico, trascurabilissimo, particolare che i temi degli uni sono in palese contrasto e in assoluta contraddizione con quelli degli altri. Viene voglia di chiamare la neuro…