“Via codice degli appalti, controlli paesaggistici, certificati antimafia”: il governatore Toti dice di voler spazzare via la burocrazia ma, in realtà, propone di eliminare regole e norme. E Confindustria, nonostante la drammatica esperienza del Bergamasco, chiede di riaprire subito
Ce lo sentiamo ripetere in continuazione dall’inizio di questa lunga e difficile emergenza, come uno slogan per alimentare un timido ma necessario ottimismo verso il futuro. Però, dopo quanto abbiamo letto e ascoltato in queste ultime ore, è sempre più difficile anche solo sperare che davvero “alla fine, quando ne usciremo, saremo meglio di prima”. Anzi, ci sono certi momenti in cui pensiamo seriamente che dopo sarà addirittura peggio.
D’altra parte come si fa a non pensarlo dopo aver ascoltato le “folli” richieste di una parte (quella del nord) di Confindustria (o peggio ancora quanto raccontato dal presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti) o, ancora, i “deliri” da tso del governatore della Liguria Giovanni Toti. Che, tra l’altro, ci hanno ricordato che ogni sera, prima di addormentarci, non dobbiamo mai dimenticare di ringraziare sir Francis Drake. Perché è anche grazie alla sua invenzione (il mojito) che non abbiamo corso il rischio che a gestire questa drammatica emergenza ci fosse anche Salvini, con, tra le tante possibili conseguenze nefaste, anche quella che le “boiate” di Toti potessero essere realmente prese in considerazione.
Il governatore della Liguria, in un’intervista con il quotidiano “Avvenire”, ha dichiarato che la sua priorità “è spazzare via, una volta per tutte, la burocrazia. Ora bisogna rendere semplice la vita degli italiani”. Sicuramente condivisibile, decisamente meno, però, la ricetta che propone: “via codice degli appalti, via gare europee, via controlli paesaggistici, via certificati antimafia, via tutto, almeno per due anni”. In altre parole, sarà anche per le conseguenze della lunga quarantena che sta togliendo lucidità a molti, Toti confonde la burocrazia con le regole e le norme e la sua proposta spazzerebbe via le seconde, non certo la prima.
Per non essere fraintesi precisiamo preliminarmente che non pensiamo in alcun modo che il governatore ligure sia in qualche modo colluso con determinate organizzazioni criminali. Ma è indiscutibile che, se per caso qualcuno pensasse di seguire quelle indicazioni, i primi a fare festa sarebbero i vertici delle associazioni mafiose che ancora prosperano nel nostro paese. “Ci sono rischi e terremo la guardia alta, ma il coronavirus ha alzato la soglia di moralità” ha aggiunto Toti in versione “Alice nel paese delle meraviglie”.
Neanche a farlo apposta, appena poche ore dopo tutti gli organi di informazione nazionale davano la notizia di alcuni imprenditori denunciati per aver triplicato il prezzo delle mascherine e di altri dispositivi di protezione individuale, mentre meno di 24 ore dopo la guardia di finanza comunicava l’arresto di un imprenditore romano di 42 anni per aver cercato di truccare la gara per l’approvvigionamento di 24 milioni di mascherine. Al governatore della Liguria bisognerebbe far leggere le 668 pagine della relazione semestrale inviata dalla Dia al Parlamento il 15 gennaio scorso.
Nella quale viene evidenziato con chiarezza come ormai le organizzazioni mafiose (mafia, ndrangheta, camorra, ecc.), pienamente radicate nel tessuto economico e sociale del Paese, da nord a sud, gli affari li fanno soprattutto con gli appalti, più ancora che con la droga. E come la corruzione sia sempre più lo strumento per infiltrarsi E tutto questo, è bene sottolinearlo, in presenza di tutta quella serie di norme e regole che Toti vorrebbe ora eliminare, con le conseguenze che anche un bambino è in grado di capire.
Per altro sarebbe opportuno ricordare che la storia recente del nostro Paese ci dimostra, con imbarazzante evidenza, cosa è accaduto ogni volta che, nel periodo successivo ad un’emergenza, si sono anche solo allentate di un po’ quelle regole. Per fortuna chi ha l’onere di prendere determinate decisioni sembra avere ben chiara la situazione.
Anche perché non è certo un mistero come tutti gli analisti antimafia da giorni stanno lanciando l’allarme, evidenziando come le mafie si stanno muovendo per sfruttare l’emergenza economica e la fase della ripartenza. Al punto che il ministero dell’interno ha creato una task force per monitorare il rischio dell’infiltrazione della criminalità organizzata nella delicata fase della ripartenza. Al di là di ogni altra considerazione, però, quello che deve far maggiormente riflettere è che alla base di tesi come questa di Toti e di altre (magari meno estreme ma comunque simili) è il concetto che il benessere economico è prioritario rispetto a tutto e che per esso si possono calpestare e ignorare non solo regole e norme ma anche principi che, forse ingenuamente, credevamo intoccabili.
Estremizzando il ragionamento di Toti potremmo, infatti, arrivare al punto di pensare anche di eliminare le norme sulla sicurezza sul lavoro nel momento in cui (e spesso accade) possono rappresentare un problema o comunque un rallentamento. Tutto è sacrificabile e deve essere messo in secondo piano rispetto al totem dell’economia, della ripresa economica del paese. A guardar bene concettualmente non c’è una grande differenza, anzi sono praticamente simili, tra le proposte del governatore della Liguria e la richiesta di Confindustria di Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna che, contro il parere di tutti gli scienziati, chiedono di riaprire subito, dopo Pasqua.
E poco importa che in tal modo, come evidenziato anche dall’Oms ma un po’ da tutti gli esperti (“riaprire il 14 aprile sarebbe una follia” ha affermato il primario del reparto Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli), i rischi sarebbero elevatissimi, non sono di una rapida ripresa del numero dei contagi ma, conseguentemente, anche dei morti. Assolutamente inaccettabile, poi, il fatto che si cerchi di mascherare e attenuare i rischi sostenendo che le aziende, soprattutto quelle del nord, sono pronte a garantire ai propri dipendenti di lavorare nella massima sicurezza.
Non servirebbe, perché bisogna arrivare da un altro pianeta per crederci, ma è giusto sottolineare come i sindacati, praticamente unanimemente, più volte hanno invece sottolineato le precarie (in certi casi inesistenti) condizioni di sicurezza in cui sono costretti ad operare diversi lavoratori, anche e soprattutto al nord. Emblematica la replica della segretaria Fiom, Francesca Re David alla richiesta di immediata riapertura.
“Le pressioni di Confindustria e degli industriali sono cieche – afferma – più dura l’epidemia, più a lungo l’economia non si riprenderà. Le regioni del Nord sono proprio i territori in cui il disastro sta impattando di più anche perché non sono state fatte le chiusure delle imprese nell’immediato e Bergamo ne è la dimostrazione”.
D’altra parte, se ci fossero ancora dei dubbi in proposito, sarebbe sufficiente ascoltare quanto dichiarato dal presidente regionale di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, non un mese e mezzo fa, ma mercoledì 8 aprile, cioè con i drammatici numeri della provincia di Bergamo ampiamente noti. Migliaia di morti, di fronte ai quali bisognerebbe provare un senso di vergogna e un profondo rimorso e non certo quell’incomprensibile moto d’orgoglio con il quale Bonometti ribadisce “no alle zone nella Bergamasca, questa era la nostra posizione sempre condivisa e fatta proprio dalla Regione”.
Quante altre vite ancora si possono sacrificare in nome del guadagno, della supposta ripresa economica? Chissà, visto lo sconfortante cinismo di questi signori, l’unica possibilità per farli ragionare e riflettere è sottolineare che, se riparte l’epidemia e crescono nuovamente le vittime, allora la ripresa economica ce la scordiamo e, anzi, questa volta finiamo davvero a terra, con poche possibilità di rialzarci. Già, forse è solo questo il linguaggio che capiscono certi soggetti.
Per fortuna, però, questa volta dall’altra parte non c’è la Regione Lombardia pronta a sottomettersi ai voleri di Confindustria ma un governo che, a meno di non auspicabili ripensamenti, sembra intenzionato a non fare salti nel buio…