Insulti e inopportuna ironia per la positività di Bertolosa, così come era accaduto per Zingaretti, nessun rispetto per la privacy e per il dramma che vivono le persone contagiate. E’ la conferma che si sono rotti gli argini e che stiamo precipitando in un abisso sempre più profondo…
La sensazione, sempre più forte, che si ricava ormai da un po’ di giorni a questa parte sui social (ormai l’unico posto in cui è concesso un minimo di socializzazione) è che sono bastati 15 giorni di quarantena per farci perdere ogni residuo di umanità. In realtà a molti era già apparso evidente l’impressionante imbarbarimento del nostro paese, è impossibile dimenticare il putrido cinismo e la vergognosa ironia con cui in determinati ambienti nei mesi scorsi sono state commentate immani tragedie, persino le agghiaccianti immagini della terribile morte in mare di bimbi piccolissimi.
Certo, in queste circostanze ci si poteva comunque rifugiare nel comodo paravento del razzismo (che è innegabile che influisca su certi ignobili deliri). Ma quanto sta avvenendo in questi giorni conferma purtroppo che il problema è molto più complesso, che l’abisso in cui stiamo sempre più precipitando è terribilmente profondo, tanto che ormai si sono ampiamente rotti gli argini e sono stati travolti anche i minimi principi di umanità che ci illudevamo che comunque fossero condivisi quasi unanimemente. Sembra quasi che, insieme a quello del coronavirus, si sia diffuso che sconfortante rapidità il virus della disumanità.
Di episodi e di dimostrazioni in proposito purtroppo ce ne sono quotidianamente, ma nelle ore scorse due in particolare ci hanno colpito e fatto riflettere: la vergognosa sequela di commenti e di inopportune ironie alla notizia sulla positività di Guido Bertolaso e il terrificante audio postato sui social relativo al primo caso di coronavirus in un comune del teramano, con tanto di generalità dello sfortunato e una serie incredibile di accuse (a quanto pare quasi del tutto gratuite).
Non possiamo negare che la vicenda relativa a Bertolaso probabilmente ci ha particolarmente colpito anche e soprattutto per il fatto che, non l’abbiamo certo mai nascosto, per quanto fatto a L’Aquila nel post terremoto e in tante altre circostanze non abbiamo alcuna stima e siamo stati sempre molto critici nei confronti dell’operato dell’ex responsabile della Protezione civile. L’avevamo ribadito in maniera molto chiara diversi giorni fa (vedi articolo “L’uomo della provvidenza”) quando Renzi prima e Berlusconi poi avevano rilanciato la candidatura di Bertolaso come commissario straordinario per l’emergenza. E, per non essere ipocriti, non neghiamo che ci dispiace che il presidente delle Marche Ceriscioli abbia deciso di rivolgersi proprio a Bertolaso.
Dispiacere, tra l’altro, aumentato dal fatto che in realtà fino ad ora lo stesso governatore marchigiano nella gestione di questa drammatica crisi ci stava favorevolmente sorprendendo. Al punto che non abbiamo problemi ad ammettere che probabilmente in parte avevamo sbagliato all’inizio di questa emergenza quando, in occasione della famosa diatriba con il governo sul decreto regionale, avevamo sollevato non poche critiche nei confronti di Ceriscioli. Purtroppo (non per noi ma per la brutta situazione che viviamo…) i fatti che si sono succeduti dopo quei giorni, in particolare nella nostra regione, hanno dimostrato che invece in gran parte aveva ragione il governatore marchigiano che, poi, a nostro avviso ha ben operato in un momento così difficile.
Almeno fino al momento in cui ha deciso di chiamare Bertolaso, decisione che non possiamo in alcun modo di condividere. Per diversi motivi ma, principalmente, perché proprio un territorio così duramente colpito dal terremoto come quello marchigiano e che sta drammaticamente vivendo sulla propria pelle le conseguenze delle inefficienze dello Stato dovrebbe, per rispetto nei confronti dei cittadini aquilani, evitare di rivolgersi al principale protagonista del disastro del post terremoto a L’Aquila.
E’ ampiamente noto, infatti, cosa pensano di Bertolaso i cittadini abruzzesi che, per altro, a chi l’avesse dimenticato l’hanno ricordato nei giorni scorsi con una lettera inequivocabile, dopo che l’ex capo della Protezione civile era stato chiamato in Lombardia. Certo, qualcuno potrà sostenere che in momenti questi “il fine giustifica i mezzi”. Ma, ammesso (e non concesso) che non ci fossero alternative, d’ora in poi quando i vertici regionali chiederanno rispetto per i propri cittadini colpiti dal terremoto sarà il caso che si ricordino che loro non ne hanno avuto nei confronti dei cittadini aquilani. Un conto, però, è sottolineare tutto ciò ed altro è non avere per nulla rispetto di quanto sta accadendo a Bertolaso.
Al quale, ovviamente, non possiamo che augurare di rimettersi al più presto, di tornare (o magari continuare anche adesso, perché significherebbe che è comunque in buone condizioni) a svolgere quel ruolo che non avremmo voluto venisse a lui affidato. La vita umana e la salute devono assolutamente avere la precedenza su tutto, chi ha augurato il peggio possibile o ha pesantemente e inopportunamente ironizzato sulla positività di Bertolaso dovrebbe semplicemente vergognarsi, è un comportamento indegno, che non può essere in alcun modo giustificato.
Purtroppo, però, quanto accaduto all’ex capo della Protezione civile non è certo una novità. Qualcosa di simile è accaduto quando il segretario del Pd Zingaretti ha comunicato la propria positività al coronavirus. In quel caso, tra l’altro, c’è stato anche chi, per cercare di giustificare una vergognosa reazione disumana che in ogni caso sarebbe inaccettabile, ha fatto ricorso ad una vecchia e già ampiamente smentita “bufala”, quella di Zingaretti che, come presidente della Regione, aveva chiuso 16 ospedali e tagliati migliaia di posti letto e medici e infermieri (in realtà quei tagli sono stati opera del presidente Polverini).
Non ci si ferma di fronte a nulla, non solo nei confronti di un presunto avversario politico. Così non ci si fa alcuno scrupolo a mettere alla berlina chi viene contagiato e, per questo, può in qualche modo diventare un pericolo per la comunità. E invece di provare compassione e rispetto per chi vive quel dramma ci si accanisce contro lo sventurato senza alcuna rispetto. In tal senso è semplicemente agghiacciante l’audio diffuso martedì 24 marzo sui social, inerente il primo caso di positività al coronavirus in un paese del teramano, nel quale senza alcun rispetto della privacy vengono fornite le generalità della persona contagiata, accompagnate da una serie di accuse e offese, subito condivise e rilanciate senza esitazioni da tantissime persone.
Poche ore dopo è arrivata la nota di un parente della persona contagiata che, oltre ad aver denunciato la violazione della privacy, ha sottolineato quanto quelle accuse non solo fossero infondate ma, addirittura, in gran parte completamente inventate. Purtroppo non è il primo caso del genere, qualcosa di simile l’abbiano vissuto anche nel capoluogo piceno quando è emerso il secondo contagio e sui social si è scatenato un vero e proprio putiferio, tra insulti e accuse (ovviamente basate sul sentito dire). Potremmo andare avanti a lungo, ormai quasi quotidianamente assistiamo ad episodi di ordinaria disumanità.
D’altra parte, però, sin dall’inizio di questa emergenza si era capito che, da questo punto di vista, stavamo ulteriormente precipitando, con quel continuo e ossessivo ripetere che in fondo la stragrande maggioranza delle vittime del coronovirus sono anziani e persone fragili (già con altre patologie), come se in qualche modo quelle vite valessero meno, come se la morte di quegli esseri umani fosse in qualche modo più accettabile.
E’ il segno evidente che ormai quel senso di umana pietas, quel sentimento di umanità che ci illudevamo fosse patrimonio inattaccabile della nostra società sono andati perduti.