Una città poco “intelligente”


Nella quinta edizione dello Smart City Index di EY, realizzato per fotografare la situazione capoluoghi di provincia nel percorso per diventare “smart” (intelligenti), Ascoli si colloca al 61° posto, confermandosi ancora una volta la “pecora nera” delle Marche

E’ ancora molto lunga la strada per il capoluogo piceno per diventare una città intelligente. E’ quanto emerge dalla quinta edizione dello Smart City Index di EY che analizza le città capoluogo italiane, classificando il loro sviluppo in termini di reti e infrastrutture e misurando la loro capacità di innovare e offrire servizi di qualità ai propri cittadini. In altre parole quel rapporto fotografa quanto i capoluoghi italiani sono vicini ai bisogni dei cittadini, sono inclusivi e vivibili. Ed il dato che emerge è abbastanza chiaro, al momento Ascoli è molto lontana da essere una città smart (intelligente), a differenza di quanto avviene per gli altri capoluoghi di provincia marchigiani che di anno in anno crescono in maniera sensibile e si avvicinano sempre più al livello di eccellenza.

Nella graduatoria 2020 il capoluogo piceno si colloca, infatti, al 61° posto, neanche a dirlo ultimo tra i capoluoghi marchigiani, con Pesaro al 32° posto, Macerata al 34°, Ancona al 38° e Fermo al 58°. Il dato più significativo, però, è che mentre il resto delle Marche di anno in anno cresce e migliora in maniera sensibile, Ascoli di fatto resta ferma. Infatti rispetto alla precedente graduatoria il capoluogo piceno guadagna appena tre posizioni mentre Pesaro ne guadagna 14, Ancona 10, Macerata 27 e Fermo addirittura 43.

Va per altro sottolineato come il risultato dello Smart City Index di EY è praticamente identico a quanto emerge dall’altro rapporto annuale sulle città intelligenti, “ICity Rate” del Forum Pubbliche Amministrazioni (FPA), che vede Ascoli intorno alla sessantesima posizione e buon ultimo nelle Marche. La città più intelligente risulta invece Trento, seguita da Torino e da Bologna. Il rapporto si avvale di quasi 500 diversi indicatori, con l’analisi che è stata effettuata in base a quattro livelli: infrastrutture di rete, sensoristica, piattaforme dati, applicazioni mobili e web.

In particolare il rapporto del 2020 analizza il tempo della sostenibilità urbana, prendendo in considerazione quanto le infrastrutture delle città sono smart nelle diverse componenti del trasporto, dell’energia e dell’ambiente (acqua, verde e rifiuti). Lo Smart City Index costruito ed elaborato da EY è soprattutto uno strumento rivolto alle città, per aiutarle a migliorare le proprie politiche di innovazione e sviluppo intelligente.

Sulla base di quanto emerge da quei quasi 500 indicatori dei quattro livelli ad ogni città viene alla fine assegnato un punteggio che misura il livello di innovazione intelligente, partendo da un punteggio massimo di 100. Ascoli ha ottenuto un punteggio di 35,38 risultando quindi ben lontana da un punteggio almeno vicino alla sufficienza.

Non sono state rese note nello specifico le graduatorie nei vari indicatori (quello fornito da EY in collaborazione con Repubblica è un’anticipazione del report completo che verrà diffuso nelle prossime settimane) ma sappiamo che in passato il capoluogo piceno aveva evidenziato le maggiori criticità per quanto riguarda il verde urbano, la mobilità sostenibile, la gestione dei rifiuti urbani, l’inclusione sociale, la partecipazione civica e la trasformazione digitale.

D’altra parte, però, che Ascoli non fosse una città troppo “intelligente” non è certo una novità, lo stesso sindaco Fioravanti ne era pienamente consapevole, tanto da dedicare a smart city e innovazione un capitolo del proprio programma elettorale. Che, però, ad un’attenta lettura altro non è che una serie di enunciazione di principi, senza la minima indicazione sulle iniziative in concreto che si intendono attuare per far diventare il capoluogo piceno un po’ più intelligente.

Ascoli Piceno Smart City – si legge nel programma elettorale del candidato sindaco Marco Fioravanti – vuol dire rispondere alle esigenze dei cittadini con le tecnologie utili. E’ per questo che introduciamo una piattaforma tecnologica pubblica per la condivisione di idee tra istituzioni e cittadini. Un rapporto che farà della trasparenza un punto di forza e di crescita e abbiamo pensato ad un nome: sinapsi (connessione). Essere una smart city che funzioni parte soprattutto dalla capacità di gestire la città del futuro, quella che vivrà grazie ad un asset fondamentale: la gestione dei dati. In realtà si tratta di un’infrastruttura tecnologica ma pubblica, con software open source, non manovrata da imprese private. Sarà gestita come la strada, l’aria, l’acqua e l’energia. Su questo bacino di dati correranno i servizi smart che favoriranno l’economia, la comunità”.

Una dichiarazione di intenti, tra le tante che solitamente si fanno in campagna elettorale, che non è supportata da proposte concrete, con tempi e modalità di attuazione. Né, tanto meno, con l’indicazione degli eventuali interventi che si intendono mettere in campo in quei settori in cui si evidenziano le maggiori criticità (verde urbano, mobilità sostenibile, gestione dei rifiuti urbani, inclusione sociale, partecipazione civica, trasformazione digitale) che non consentono ad Ascoli di avvicinarsi ad essere una città intelligente. Come detto, la strada è ancora molto lunga…

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