C’era una volta l’Università…


Continuano a diminuire gli iscritti ai corsi di laurea presenti nel Piceno (265 in meno rispetto all’anno accademico precedente), con San Benedetto che continua ad avere più iscritti rispetto ad Ascoli. Dove, al di là dei proclami, non è mai scoppiato l’amore con l’Università

Appena 10 righe (anzi, per la precisione 9 righe e mezza) su 382 pagine. E’ quanto dedicano sindaco e assessori all’Università nel Documento unico di programmazione (Dup) 2023-2025, l’atto di programmazione più importante di un’amministrazione comunale, quello in cui si indicano priorità e obiettivi da perseguire nel triennio successivo. Volendo fare una sintesi un po’ brutale, è del tutto evidente che al primo cittadino e alla sua giunta non frega niente dell’Università, non credono in alcun modo che possa essere una fonte di arricchimento e crescita culturale per la nostra città.

Per questo non devono e non possono certo stupire i dati pubblicati nei giorni scorsi, riferiti all’anno accademico 2021/2022, che da un lato evidenziano la diminuzione del numero di studenti iscritti ai corsi di laurea presenti nel Piceno, dall’altro confermano che la leadership nel territorio resta a San Benedetto, che continua ad avere più iscritti rispetto al capoluogo piceno (se ancora si può considerare tale, numeri alla mano…). E’ una lenta, costante e progressiva diminuzione iniziata dal 2011, l’anno in cui si è raggiunto l’apice di iscritti nel Piceno (3.124).

Un numero ancora lontano dall’essere soddisfacente che, però, poteva essere una buona base di partenza, una prospettiva da sviluppare, su cui investire. E’ accaduto esattamente il contrario, da allora invece dell’auspicata crescita si è progressivamente ridotto il numero degli iscritti, fino ad arrivare ai 2.164 dell’anno accademico 2021-2022, 265 in meno all’anno precedente (quando gli iscritti erano 2.429). Andando nel dettaglio 1.281 sono gli iscritti ai corsi dell’Università di Camerino (architettura, design, beni culturali e biologia della nutrizione), 859 a quelli dell’Università Politecnica delle Marche (infermieristica, fisioterapia, agraria ed economia), 8 all’Istituto superiore di scienze religiose, più vanno considerati 16 studenti dell’Università del New Hampshire presenti nel territorio.

Di quei 2.164 iscritti 1.114 sono ad Ascoli (architettura, design, beni culturali, infermieristica, fisioterapia, agraria, scienze religiose), mentre 1.150 sono a San Benedetto (biologia della nutrizione ed economia). Lo avevamo già evidenziato qualche mese fa, quando arrivò la notizia dell’addio da Ascoli (dal prossimo anno) del corso di laurea in tecnologie innovative per i beni culturali, nel capoluogo piceno, ma più in generale in tutto il territorio, non è mai sbocciato l’amore con l’Università. Come diceva sempre Andreotti, “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”. E in questo caso è più che lecito “pensar male”, cioè che lo sviluppo dell’Università dagli amministratori ascolani è visto più come un fastidio o, addirittura, un pericolo piuttosto che come un’opportunità perché è per loro più conveniente che questa città, che non brilla certo per dinamicità culturale e apertura mentale, da sempre abituata a chiudersi dentro le propria mura, resti così come è.

D’altra parte i fatti parlano chiaro, le amministrazioni comunali degli ultimi 20 anni, al di là di qualche slogan e proclama buono per la campagna elettorale, non hanno mai fatto nulla in concreto per provare a sviluppare la vocazione universitaria della città e del territorio. “Lavoriamo per una vera integrazione tra città e la realtà universitaria che costituisce un importante volano culturale per la città, creando servizi di mobilità che consentano agli studenti universitari di raggiungere la facoltà. Concludiamo la riqualificazione del Polo universitario con la realizzazione dello studentato spendendo 28 milioni euro. Miglioriamo i collegamenti attraverso i mezzi pubblici che dovranno puntare alla mobilità elettrica” scriveva Marco Fioravanti nel suo programma elettorale del 2019.

In quelle 10 righe scarse presenti nel Dup 2023-2025 praticamente si ripropongono gli stessi obiettivi per i prossimi anni, con in particolare riferimento al completamento del Polo universitario e la realizzazione dello studentato. Segno evidente che in questi 4 anni non è stato fatto nulla. Proprio l’assenza di uno studentato è la conferma di questo disinteresse. Dopo tutti questi anni non possono esserci giustificazioni, se davvero si voleva puntare alla crescita dell’Università una struttura simile doveva essere realizzata subito. Invece siamo ancora alle promesse, le stesse fatte 4 anni fa in campagna elettorale, senza che si sia fatto un minimo passo avanti. Ancora, una città che ha qualche ambizione universitaria dovrebbe quanto meno mettere a disposizione degli studenti universitari una mensa . Per non parlare, poi, delle sedi universitarie, quella del corso in tecnologie innovative per i beni culturali (lungo Castellano), che dal prossimo anno tornerà a Camerino, è un luogo assolutamente inadatto e in condizioni non idonee. Per altro la situazione è ulteriormente peggiorata nel post terremoto.

A Camerino, ad esempio, sono arrivati decine e decine di milioni, sono stati previsti investimenti in ogni ambito dell’Università, ad Ascoli invece all’Università si destinano solo le briciole, le priorità sono sempre altre, magari lo stadio. “Essendo stato studente universitario ad Ascoli, so bene di cosa sto parlando e il clima non è sicuramente dinamico per una comunità studentesca universitaria. Certamente anche l’Università avrà le sue colpe, ma Ascoli ha da sempre fatto fatica ad accorgersi del potenziale della sua comunità universitaria e continua a pagarne le conseguenze” scriveva un ex studente universitario sui social, nei giorni in cui si discuteva dell’addio del corso di laurea in tecnologie per i beni culturali, evidenziando come non solo le istituzioni comunali ma più in generale la città non ha mai fatto nulla per gli universitari.

Se gli studenti universitari ad Ascoli hanno come unico luogo di intrattenimento il bar dell’Annunziata – sottolineava – se non ci sono scontistiche ad hoc per gli studenti nelle attività commerciali e ricettive della città ma per militari si, se le serate universitarie vengono interrotte a mezzanotte per la prima lagna di qualche cittadino, di cosa stiamo parlando?”. E’ chiaro che le responsabilità della politica, delle amministrazioni comunali che si sono succedute in questi 20 anni sono enormi ed evidenti. Ma mai come in questo caso anche l’intera comunità ascolana doveva fare molto di più e dovrebbe fare ora un concreto “mea culpa”.

D’altra parte, però, non è certo una novità che nel capoluogo piceno l’opinione pubblica sembri essere completamente anestetizzata (in generale, non solo per l’università), colpa anche di un’informazione locale sempre più “cane da riporto” piuttosto che cane da guardia del “potere”, che preferisce sempre e a prescindere fare da megafono all’amministrazione comunale piuttosto che provare a stimolarla e, magari in qualche caso, a metterla in discussione.

Nei giorni scorsi, in realtà, sul tema università qualcosa si è mosso ma in maniera paradossale e demagogica, solo per guadagnarsi un minimo di visibilità, con il risultato (voluto o meno) di spostare l’attenzione e, soprattutto, di non dare in alcun modo fastidio agli amministratori locali. Stiamo parlando dell’inutile e farsesca raccolta di firme, lanciata da un sedicente Comitato spontaneo per l’Università nel Piceno, da inviare al ministro Bernini e, per conoscenza, ai rettori degli atenei delle Marche e del centro Italia per chiedere di programmare nuovi corsi universitari nel Piceno.

Inutile perché, lo sanno anche i bambini, ovviamente il ministro non può in alcun modo spingere gli atenei ad organizzare corsi in un particolare luogo. Soprattutto, però, perché, prima di chiedere ai rettori, sarebbe opportuno incalzare politici e amministratori locali per chiedere, anzi, pretendere che creino le condizioni che consentano di scegliere il Piceno come sede di nuovi corsi universitari, che dimostrino con i fatti (e non con vuoti slogan) di credere e di voler puntare davvero sull’Università come fondamentale volano per la crescita del nostro territorio. In altre parole, una petizione che miri a promuovere lo sviluppo dell’Università ad Ascoli e nel Piceno andrebbe rivolta e presentata agli amministratori del nostro territorio. Almeno se si ha davvero a cuore la crescita della propria città e del proprio territorio e non, piuttosto, quella della propria popolarità…

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