Anche la tragedia di Roma diventa occasione per fare propaganda. “I tossici uccidono al volante e lo Stato liberalizza la droga” gridano politici e giornalisti. Eppure al ragazzo che ha investito le 2 sedicenni viene contesta l’aggravante per il consumo di alcol, non di droga…
In un paese imbarbarito dall’odio e reso schizofrenico dalla continua propaganda e dalle speculazioni politiche di fronte a qualsiasi evento, purtroppo non ci si ferma più neppure di fronte a drammi e tragedie. Anzi, anche e soprattutto il dolore e la forte commozione che provocano simili eventi diventano l’occasione migliore per speculare, per fare bassa e bieca propaganda. Quello che è accaduto negli ultimi giorni del 2019, relativamente alla tragica fine di Camilla e Gaia (le due 16enni travolte e uccise a Roma dal suv guidato dal 20enne Piero Genovese) ne è, purtroppo, la più evidente e imbarazzante conferma.
Molto si è detto e molto si è scritto (e si continua a scrivere) su questa drammatica vicenda dai contorni ancora non bene definiti. Tra approfondimenti e testimonianze raccolte sono diversi gli aspetti ancora controversi da chiarire. Dalle reali condizioni del ragazzo al volante del Suv, alla presunta imprudenza delle due 16enni, passando per ipotesi (tutte da confermare e da verificare) che parlano di un possibile gioco “pericoloso” che si svolgeva in quella e in altre zone di Roma o, in assoluta antitesi, di un cattivo funzionamento del semaforo.
Serietà e rispetto (per le due giovanissime vittime, per i loro disperati familiari ma anche per il ragazzo che le ha investite e per la sua famiglia) vorrebbero che si evitassero il più possibile inutili commenti e considerazioni e, ancor più, meschine speculazioni. Ma, come detto, in un paese in cui ormai non ci si ferma di fronte a nulla, era quasi inevitabile che questa drammatica vicenda fosse immediatamente sfruttata da qualcuno per speculare e fare propaganda.
Per essere più chiari, il riferimento ad un ipotetico uso di sostanze stupefacenti da parte del ragazzo che era alla guida è stato sufficiente per imbastire un’indegna gazzarra politica per accusare il governo di voler liberalizzare l’uso delle cosiddette droghe leggere che, appunto, provocherebbero poi simili tragedie. E’ chiaro che in un paese maturo il dibattito su un argomento così delicato non si svolgerebbe mai da un simile punto di partenza.
Ma l’Italia è ormai un paese schizofrenico in cui tutto finisce per essere usato ai fini politici. In questo caso, per altro, aggiungendo al cinismo tipico di chi ormai non si fa scrupolo di speculare su qualsiasi cosa anche una mastodontica dose di ipocrisia. Perché, ribadendo che sarebbe opportuno aspettare che venga fatta definitivamente chiarezza, volendo comunque fare discorso generale di salvaguardia della salute allora bisognerebbe anche e soprattutto parlare di alcol, per coerenza si dovrebbe discutere di quella che, fatti e dati alla mano, in realtà è la vera emergenza di questo paese.
Tra l’altro a tal proposito è opportuno sottolineare che, al momento, nell’incertezza generale, l’unico dato assolutamente certo è quello relativo al tasso alcolemico del ragazzo che ha investito le due ragazze. Secondo gli esami tossicologici pari ad 1,4 grammi per litro, tre volte superiore al limite consentito per legge per chi è alla guida. Che poi la causa principale della tragedia sia questa o altro è compito di chi sta indagando stabilirlo. Resta però quel dato indiscutibile, mentre non ci sono certezze riguardo un eventuale consumo anche di sostanze stupefacenti. Le stesse analisi tossicologiche, infatti, hanno evidenziato la non negatività ad alcune sostanze stupefacenti.
Ma innanzitutto non c’è alcuna certezza (e non sembra possibile stabilirlo) che il ragazzo avesse assunto la sera della tragedia quelle sostanze (le cui tracce restano nel sangue per diversi giorni). E, soprattutto, è emerso come il ragazzo avesse la necessità di assumere regolarmente alcuni farmaci che potrebbero rendere ancora più complessa la ricerca della verità.
Non a caso il giudice per le indagini preliminari, che ha disposto per il ragazzo gli arresti domiciliari, nella sua ordinanza non fa alcun riferimento all’assunzione di sostanze stupefacenti ma, di contro, ha riconosciuto nei suoi confronti l’aggravante determinata dal consumo di alcol. Eppure il sempre più lungo esercito di “sciacalli” che animano il mondo politico italiano (politici, amministratori, giornalisti) ha pensato bene di sfruttare quel dramma per imbastire un’indecorosa campagna propagandistica.
“I tossici uccidono al volante e lo Stato liberalizza la droga”, “Crimini di Stato”, “Il governo vuole liberalizzare la droga e gli omicidi stradali”. Questi sono solo alcuni dei titoli più rivoltanti di alcuni giornali che, per speculare meglio, hanno tolto dalla scena della tragedia l’unico dato certo (il tasso alcolemico). Prontamente spalleggiati da diversi esponenti politici che, ovviamente senza neppure dire una parola sul problema legato al consumo di alcol, hanno rilanciato e accentuato la propaganda. Emblematico, a tal proposito, quanto scritto dall’ex sindaco di Ascoli Guido Castelli sui social: “Camilla Romagnoli e Gaia Von Freymann, 16 anni, travolte e uccise a Roma da un auto guidata da un ragazzo sballato dalla droga e dall’alcool. Difendiamo i nostri figli: non è mai leggera. E’ droga”.
Un capolavoro di speculazione politica, l’alcol che, ribadiamo, è l’unico dato certo della vicenda viene prima messo in secondo piano, poi completamente dimenticato. L’overdose di propaganda impone di passare sopra al rispetto del dolore e dei fatti. Allo stato attuale la droga in questa drammatica vicenda non c’entra nulla, però l’attenzione di chi vuole sfruttare l’onta emotiva per portare avanti sempre e ad ogni costo le proprie battaglie si concentra solo quella. Ma, al di là di ogni altra considerazione, la grande e profonda ipocrisia resterebbe anche nel caso le ulteriori indagini sancissero che c’è stato anche consumo di droghe.
Perché, per evidenti ragioni di interesse politico-propagandistico, si continua a puntare sulla “pagliuzza” invece che preoccuparsi della “trave”. Molto più della droga, la vera emergenza di questi anni è il consumo di alcol. I dati in proposito sono chiarissimi, la maggiore e la più pesante dipendenza, che di gran lunga produce il maggior numero di vittime, è quella legata all’alcol.
Secondo l’analisi e le fonti statistiche di Eurispes ed Enpam negli ultimi 10 anni i decessi causati dall’alcol in Italia sfiorano il mezzo milione di persone. Ben 435 mila morti per patologie alcol correlate, incidenti sul lavoro, incidenti domestici, omicidi e suicidi legati allo stato di alterazione psicofisica provocata dall’alcol. In altre parole si viaggia alla terrificante media di oltre 43 mila morti all’anno per l’alcol, a fronte di una media che supera di poco i 3 mila morti l’anno per quanto riguarda le sostanze stupefacenti.
Non solo, per restare ancorati all’argomento da cui siamo partiti, ancora più sbilanciata è la situazione riguardo gli incidenti stradali mortali, con un rapporto quasi di 20 a 1 tra quelli causati dal consumo di alcol e quelli causati dal consumo di stupefacenti. Si potrebbero aggiungere tantissimi altri dati in proposito, a partire da quelli che evidenziano come si abbassi sempre di più l’età del primo consumo di alcol e anche dell’insorgenza di una certa forma di dipendenza.
Ma già di fronte a simili numeri è assolutamente evidente che la vera e concreta emergenza è quella legata al consumo di alcol. Che, però, per tutta una serie di fattori e di retaggi culturali, non ha alcuna rilevanza nel dibattito politico, soprattutto non sposta consensi. E’ chiaro ed è del tutto evidente che la tutela della salute dei nostri ragazzi è l’ultimo dei problemi, è l’ultimo dei pensieri.
Perché altrimenti, di fronte a simili dati e simili cifre, non ci si presterebbe a certi imbarazzanti spettacoli (il mojito al Pepeete). O, peggio ancora, non si allestirebbe nel centro della piazza, in occasione della festa di Capodanno, una sorta di bar dove è possibile consumare ogni genere di alcolico, ogni genere di cocktails (con, per giunta, i bar intorno alla piazza stessa tutti aperti).