Dalle analisi dell’Arpa Puglia è emerso che nelle “collinette ecologiche”, realizzate per proteggere il quartiere Tamburi e le sue scuole dalle emissione dell’Ilva, ci sono valori di diossina trenta volta superiori alla norma. Protestano i genitori, appello del Comitato Scuole Sicure
Come ci ripete costantemente da oltre un anno il vicepremier Salvini, nell’Italia del cambiamento vengono prima di tutto gli italiani. Ma allora, visto quello che sta accadendo a Taranto, è inevitabile chiedersi se le famiglie e i bambini di quella città sono da considerare a tutti gli effetti nostri connazionali, visto che il governo (di cui fa parte il leader della Lega) se ne infischia di quello di gravissimo che sta accadendo nella cittadina pugliese.
Per altro nel più assoluto silenzio della quasi totalità dell’informazione italiana, compresa quella Rai che, liberata dai partiti (almeno secondo i proclami dell’altro vicepremier Di Maio), dovrebbe poter finalmente informare liberamente e seriamente, svolgendo quel ruolo concreto di servizio pubblico che si preoccupa dei cittadini e non del cosiddetto “editore di riferimento” (il governo). Nessun cenno, nessun riferimento da parte della Rai, come se a Taranto non stia succedendo nulla di particolare.
Invece sta accadendo qualcosa di una gravità inaudita, siamo di fronte ad un’emergenza che dovrebbe provocare l’immediata mobilitazione e interesse di tutti, naturalmente a partire dal governo. Mercoledì 12 giugno, nel corso di una conferenza stampa, i consiglieri comunali Battista, Fornaro e Corvace hanno reso noti i risultati dei campionamenti effettuati dall’Arpam sulle cosiddette “collinette ecologiche”.
Per chi non lo sapesse, le “collinette ecologiche” (o ex Ilva) furono costruite negli anni ’70 per proteggere il vicino quartiere Tamburi dalle emissioni dell’acciaieria Ilva. Un intervento che in realtà si è rivelato del tutto inutile, già gli accertamenti del 2018 avevano scoperto quello che ora è del tutto evidente: la funzione ecologica era solo sulla carta, le collinette sono piene di sostanze inquinanti (diossina) che di fatto invadono tutto il quartiere.
“Tutti sanno ma nessuno parla – affermano i tre consiglieri comunali – riteniamo quindi doveroso informare la popolazione degli sviluppi successivi. Il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, con l’ordinanza numero 9 del 2 marzo 2019, ha di fatto chiuso le scuole De Carolis e Deledda a causa degli inquinanti rinvenuti nelle cosiddette “collinette ecologiche”. In attesa di ulteriori accertamenti, gli alunni di queste scuole, circa 700, sono stati costretti a turni pomeridiani in altre scuole del quartiere Tamburi per poter portare a termine l’anno scolastico. Un sacrificio che è costato caro ai bambini, costretti nei fatti a rinunciare ad ogni tipo di attività extrascolastiche pomeridiane, sancendo definitivamente che nemmeno il diritto allo studio e al gioco è preponderante nei confronti della produzione di acciaio.
Lo stesso sindaco Melucci si è detto più volte pronto ad ordinanze atte alla tutela della popolazione tarantina, tanto da lanciare un ultimatum scaduto alle 12 dell’otto aprile 2019”. E sulla base di quanto sostengono i tre consiglieri comunali, quel momento sembra essere ampiamente arrivato.
“Dai dati in nostro possesso – proseguono i consiglieri comunali – a seguito di rilevazioni top soglia, ossia dello strato superficiale del terreno, delle collinette e zone limitrofe, risultano valori di diossine trenta volte superiori al normato. Questi dati sono in possesso non solo del sindaco ma anche della Provincia, della Prefettura, della Procura, dell’ASL, di ISPRA, del Ministero dell’Ambiente e di ogni ufficio ARPA”.
In pratica dalla campionatura dell’Agenzia regionale emerge che nelle “collinette ecologiche” sono presenti 45,6 nanogrammi di diossina a fronte di un valore massimo consentito per legge di 10 nanogrammi.
“Nessuno ha ritenuto necessario avvisare i cittadini coinvolti di tale sconcertante notizia – concludono i tre consiglieri comunali – riteniamo che gli abitanti del quartiere Tamburi debbano sapere cosa si deposita sulle proprie case, perché qui non si tratta più di una zona circoscritta alle sole due scuole, ma anche alle civili abitazioni che ricadono nelle aree controllate. Allora, dopo aver chiuso due scuole, ora procederemo con un’evacuazione di massa del quartiere? Il sindaco chiedeva dati certi per fermare la produzione dello stabilimento ex-Ilva, in ottemperanza a quanto riportato nel TUEL articolo 50 comma 5: i dati ora ci sono, serve il coraggio di firmare un’ordinanza di fermo immediato degli impianti.
In alternativa dovremo davvero deportare altrove una comunità per permettere a dei privati di continuare a fare profitto. Attendiamo che tutti gli enti che hanno ricevuto questi dati si attivino in base alle proprie competenze, viceversa saranno tutti complici della strage di vite umane per malattie correlate all’inquinamento industriale”.
Senza dilungarci troppo, in questa sede è opportuno semplicemente ricordare che l’esposizione ad alti livelli ma anche a dosi più basse, ma per periodo continuativo, a diossine può provocare malattie della pelle, alterazioni delle funzioni del fegato, danni al sistema immunitario, problemi tiroidei e, in gravidanza, anche effetti sullo sviluppo del feto. Soprattutto, però, alcune diossine (come quelle presenti a Taranto) sono considerate altamente cancerogene per l’uomo e posso determinare tumori al tessuto linfatico, al tessuto emopoietico, diverse forme di leucemia, linfomi non Hodgkin e tumore al seno.
Il sindaco di Taranto, dopo un ambiguo e imbarazzante comunicato stampa la sera della conferenza stampa, ha chiesto al prefetto di convocare un tavolo istituzionale. Immediatamente dopo la scoperta di quei dati, i genitori del quartiere hanno occupato per tre giorni la scuola Deledda che si trova a pochissimi metri dalle collinette incriminate, chiusa dal marzo scorso dopo la segnalazione di un’intera classe all’Arpa Puglia.
“Mia figlia – racconta una mamma – si è sentita male due volte in pochi giorni, poi ho scoperto che i suoi compagni di classe avevano gli stessi sintomi: mal di testa, bruciore agli occhi, svenimenti, vomito”. Ironia della sorte, dopo la chiusura di marzo i bambini sono stati mandati a scuola in una struttura del plesso che si trova a 500 metri circa, con turni anche pomeridiani. Come se 500 metri più in là risolvesse il problema.
In supporto alla battaglia di quelle famiglie è arrivato anche il Comitato Nazionale Scuole Sicure che ha sollecitato tutti i mezzi di informazione a dare ampio risalto al dramma che sta vivendo Taranto e il quartiere Tamburi.
“Questa mail – si legge nella nota inviata dal Comitato – per portarvi a conoscenza della situazione critica in cui versa Taranto con un focus sulle scuole De Carolis e Deledda ubicate nei pressi delle oramai tristemente famose “collinette ecologiche” altamente tossiche e nocive. Dai dati in nostro possesso, a seguito di rilevazioni top soglia, risultano valori di diossina trenta volte superiori al normato. Le scuole sono state abitate dai nostri figli, minori ai quali è stato sottratto il diritto alla salute e all’istruzione. Bambini che, nessuno, in questa terra d’Occidente e civile, ha minimamente a cuore.
Noi genitori dopo aver ricevuto questi dati siamo qui, davanti a queste scuole a manifestare ad urlare senza più voce. Fateci da eco, portate, per favore la nostra voce in ogni casa, vogliamo una nuova struttura in un luogo sicuro e uno screening completo dei nostri bambini, solo così, veicolando questa informazione potremmo muovere le coscienze e salvare i nostri figli”.
Tutto inutile, su questa drammatica vicenda è calata inesorabile la censura dei media, a parte qualche rara eccezione. Per la maggior parte dell’informazione a Taranto non sta accadendo nulla di particolare, che meriti di essere raccontato. Neppure che un folto gruppo di genitori del quartiere Tamburi, dopo 3 giorni di occupazione della scuola, ha fatto irruzione e ha interrotto il Consiglio comunale per chiedere al Comune e ai consiglieri comunali risposte per i loro figli.
“Non diteci di stare tranquilli, ci avete fatto mettere la testa sotto la sabbia per troppo tempo” hanno urlato con forza. Un grido che, però, continua ad essere inascoltato ed ignorato. Nel paese del “prima degli italiani”, non c’è spazio per il dramma di quei bambini e delle loro famiglie…