Il geologo e sindaco di Camporotondo parla della sequenza sismica che da qualche tempo interessa la zona di monte Fiegni (nel maceratese), dove nell’ultimo mese si sono verificate oltre 40 scosse, e raccomanda una maggiore attenzione per la prevenzione
Sappiamo in anticipo che alcuni di quelli che leggeranno risponderanno stizziti accusandoci di fare inutile “allarmismo”, di alimentare in maniera strumentale determinate paure. Nulla di nuovo e nulla di strano, d’altra parte la linea che divide “allarmismo” e “prevenzione” è davvero molto sottile e il rischio di una sovrapposizione è assai concreto. Però siamo certi che, proprio in nome della prevenzione che sempre dovrebbe guidarci quando si trattano certi argomenti, è un rischio che vale la pena correre. E pazienza se qualcuno non capirà.
Per questo, a scanso di equivoci e per rimarcare con forza ciò che maggiormente ci preme, preliminarmente sottolineiamo come riteniamo opportuno riportare le considerazioni di Emanuele Tondi, pubblicate sui social il sabato prima di Pasqua, in merito alla sequenza sismica che da qualche tempo interessa la zona di monte Fiegni proprio in nome di quel concetto di prevenzione. D’altra parte lo stesso Tondi è pienamente consapevole del rischio che corre ma, con disarmante semplicità, risolve il problema evidenziando come “ne parliamo o non ne parliamo il terremoto continua a farsi sentire e la pericolosità sismica del territorio dove si vive è sempre meglio conoscerla e mai scordarla”.
Il motivo che ha spinto Tondi, geologo di larga fama e al tempo stesso sindaco del Comune di Camporotondo (Mc), a rendere pubbliche le proprie considerazioni è l’elevato numero di scosse, tutte di lieve entità (al massimo hanno di poco superato magnitudo 3), che si sono verificate nella zona negli ultimi giorni, ben 42 nell’ultimo mese. “Sono stato indeciso se fare o meno un post sui terremoti che da alcuni mesi si stanno verificando nella zona di monte Fiegni, territorio a cavallo tra i comuni di Fiastra, Caldarola, Cessapalombo e Valfornace. Questo perché di terremoto se ne parla da troppo tempo e la resistenza o, come va di moda ora, la resilienza dei cittadini è seriamente messa alla prova” scrive sui social Tondi che poi ripercorre la storia “sismica” di quella zona.
“Negli ultimi due anni e mezzo – spiega il sindaco di Camporotondo – non è la prima volta che in questa zona si verificano terremoti, il 25 Agosto 2017 ci furono una serie di eventi con il più forte di magnitudo 3,3, terremoti locali di modesta magnitudo (stimata tra 4,5 e 5,0) si sono verificati nel 1921 e 1936. Terremoti generati da faglie piccole (1000 volte più piccole di quella del Monte Vettore-Monte Bove), che non arrivano in superficie e di cui l’Italia è piena.
A Caldarola e nei Comuni vicini, i danni provocati dagli eventi del 1921 e 1936, sul costruito dell’epoca, sono stati simili o leggermente minori di quelli generati dai terremoti di fine ottobre 2016. Diverso il discorso del terremoto del 1799, detto “di Camerino” in quanto il centro abitato più importante, con un’area epicentrale non ben definita e con danni notevoli avvenuti in una ampia zona che da Sarnano, a sud, si estende fino a San Severino, a nord e a Camerino ad ovest”.
Si sta parlando, per la precisione, del terremoto del 28 luglio del 1799, stimato di magnitudo 6.1 (anticipato da due scosse di minore intensità che salvarono la vita a molte persone, visto che quando in serata arrivò la scossa più violenta già in tantissimi si erano rifugiati in campagna all’aperto), che provocò poco meno di un centinaio di vittime e danni ingenti in quella ma anche in zone limitrofe (compreso l’Ascolano).
“Purtroppo – prosegue Tondi – negli ultimi 3 mesi la zona è tornata a generare numerosi terremoti, sempre di piccola magnitudo e che si dispongono con una orientazione preferenziale. Nella mappa allegata, dove sono riportati soltanto i terremoti avvenuti dal primo Gennaio 2019 ad oggi (20 Aprile 2019), si individuano due zone, quella tra Monte Fiegni (Fiastra) e Caldarola, orientata nord-nord est e quella a San Severino, circa est-ovest. La prima di 6-8 km di lunghezza, la seconda un po’ meno, di 4-6 km. Anche se le localizzazioni estratte dal sito INGV non sono ricalcolate e quindi possono contenere delle imprecisioni, la possibilità che questi terremoti ci stiano facendo vedere le faglie attive dell’area c’è.
La presenza di più faglie e di queste dimensioni, sembrano compatibili con la sismicità storica dell’area e, in particolare, con il campo macrosismico (di danneggiamento, scala Mercalli, MCS) associato al terremoto del 1799. Nelle aree immediatamente ad est della zona assiale appenninica, le faglie attive non arrivano in superficie, o comunque non ci arrivano in maniera evidente come per la Faglia del Monte Vettore-Monte Bove, sono quindi più piccole (per fortuna), anche più profonde e possono avere orientazioni e cinematiche (tipo di movimento dei blocchi di roccia adiacenti alla faglia) differenti; verosimilmente, vista l’orientazione, si tratta di faglie trascorrenti (verticali con i blocchi di roccia che si muovono orizzontalmente), diverse dalle classiche faglie dirette appenniniche, orientate nord-ovest/sud-est (generalmente inclinate verso ovest e in cui il blocco di roccia ad ovest si abbassa rispetto all’altro)”.
In maniera estremamente tecnica, ma sicuramente molto efficace, Tondi ci sta dicendo che non si può escludere, anzi è probabile che quelle faglie possano generare un evento importante, un terremoto di magnitudo simile a quella del 1799. Non è una previsione, né ovviamente il geologo è in grado di prevedere quando in concreto potrà accadere, se tra qualche giorno, tra qualche mese o tra qualche anno. Semplicemente sottolinea la concreta possibilità che prima o poi, in un arco di tempo che può andare da qualche settimana a qualche anno, si possa verificare.
“Ricordiamoci che i terremoti avvengono sempre nelle stesse zone (dove, appunto, ci sono le faglie attive) e con caratteristiche simili – conclude Tondi – quindi, quello che è successo in passato avverrà di nuovo in futuro. Quando non lo sappiamo, certo è che durante uno sciame sismico, la probabilità che si verifichi il terremoto più forte, associato alle faglie attive principali dell’area, aumenta. La raccomandazione è sempre la stessa, abitare e frequentare edifici non vulnerabili, fare attenzione a quelli già danneggiati dagli eventi sismici del 2016, rispettando le zone interdette e/o rosse segnalate”.
Raccomandazioni quanto mai opportune, anche in considerazione del fatto che, come purtroppo avviene sempre nel nostro paese, di mese in mese il ricordo di quanto accaduto tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 nel centro Italia si fa sempre più flebile e, di conseguenza, l’attenzione per la prevenzione, che nel momento della sequenza sismica era così forte, pian piano sta scemando. Come ricorda spesso (non solo in questa situazione) il sindaco di Camporotondo, viviamo in una zona sismica dove i terremoti, anche di una certa intensità, ci sono sempre stati e purtroppo sempre ci saranno.
Non possiamo farci nulla, però possiamo fare in modo di limitare al minimo le possibili conseguenze e i rischi. Cosa che, purtroppo, inspiegabilmente non avviene. Basterebbe pensare alla situazione delle scuole che, nonostante tutto, non è certo cambiata rispetto a tre anni fa. Qualche sporadico intervento, qualche nuova scuola (antisismica) realizzata o in fase di realizzazione ma nel complesso ancora tantissimi ragazzi che quotidianamente frequentano istituti per nulla sicuri. L’esempio più lampante è quello del capoluogo piceno ma la situazione in altri comuni e in altre zone non è poi di gran lunga migliore.
Allora, anche sulla base delle considerazioni di Tondi, bisognerebbe avere il coraggio e la coscienza di fare determinate scelte. Sappiamo perfettamente che per costruire nuove scuole o per rendere più sicure quelle che già ci sono (almeno quelle sulle quali è possibile intervenire) ci vuole tempo. Però si potrebbe e si dovrebbe fare in modo che, nell’attesa, si adottino soluzioni temporanee che garantiscano la sicurezza dei ragazzi e di tutto il personale scolastico. Le possibilità ci sono, ci vuole la volontà di farlo, partendo appunto dalla consapevolezza dei rischi che si corrono.
E’ davvero paradossale come, almeno da queste parti, oltre 200 anni dopo la reazione ad un forte terremoto sia stata praticamente simile. Nel 1799 molte comunità della zona dopo la violenta scossa di luglio reagirono intensificando il culto di Sant’Emidio. Che al momento, soprattutto nel capoluogo piceno, sembra essere l’unica risorsa per scongiurare il peggio in caso di terremoto….