Caso Cucchi: la lettera del Comandante dei Carabinieri non cancella la vergogna e le ingiustizie
Mentre in aula il vicebrigadiere Tedesco svela le violenze subite dal povero Stefano, Nistri scrive ad Ilaria Cucchi auspicando che si faccia al più presto giustizia. Nessuna parola e nessun intervento, però, per mettere fine alla “ritorsione” subita da Riccardo Casamassima
Il quadro era già chiaro da tempo, almeno nelle linee generali, ma ora si stanno fugando anche gli ultimi dubbi. Sono stati giorni importanti per la vicenda Cucchi quelli che si sono vissuti tra le aule giudiziarie e il clamore mediatico. La testimonianza nell’aula del tribunale di Roma lunedì 8 aprile di Francesco Tedesco, vicebrigadiere dei carabinieri imputato insieme ai colleghi Di Bernardo e D’Alessandro per l’omicidio preterintenzionale di Stefano Cucchi, non lascia più spazio ad incertezze.
Tedesco ha raccontato di Cucchi steso a terra, picchiato dai suoi colleghi e colpito con violenti calci all’altezza dell’ano e anche in faccia. Il vicebrigadiere ha poi raccontato delle minacce subite, delle sue annotazioni di servizio scomparse. “Dopo 10 anni abbiamo finalmente ascoltato la verità” ha commentato Ilaria Cucchi, come sempre presente in aula.
“Mentre veniva descritto il brutale pestaggio inferto a Stefano – ha aggiunto – mi sono girata a guardare in fondo all’aula i volti di mio padre e mia madre. Subito vicino a loro quello di Riccardo (Casamassima, il primo carabiniere che ha rotto il muto di omertà e ha iniziato a raccontare ciò che è accaduto), quasi a proteggerli. Avrei voluto abbracciarli tutti insieme”.
Sempre nella giornata di lunedì è emerso come l’Arma e il ministero della difesa siano pronti a costituirsi parte civile nel processo. Dopo 10 lunghi anni il segnale che ci si attendeva, un passo formale fondamentale a dimostrazione che non solo non si vogliono più coprire i responsabili di simili atti ma anche che quegli stessi comportamenti sono gravemente lesivi dell’immagine dei carabinieri stessi e, più in generale, delle forze dell’ordine. Bisognava avere la forza e il coraggio di farlo prima, di non far trascorrere 10 anni.
E’ del tutto evidente che è sin troppo facile farlo ora che il muro di omertà, costruito anche dai vertici dell’Arma, si sta sgretolando. Però sicuramente meglio tardi che mai… Sempre nella giornata di lunedì 8 aprile è stato reso noto il testo della lettera inviata l’11 marzo scorso dal Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Giovanni Nistri, ad Ilaria Cucchi.
“Mi creda, e se lo ritiene lo dica ai Suoi genitori, abbiamo la vostra stessa impazienza che su ogni aspetto della morte di Suo fratello si faccia piena luce e che ci siano infine le condizioni per adottare i conseguenti provvedimenti verso chi sia mancato ai propri doveri e al giuramento di fedeltà – scrive Nistri – la abbiamo perché il Vostro lutto ci addolora da persone, da cittadini, nel mio caso mi consenta di aggiungere: da padre. Lo abbiamo perché anche noi, la stragrande maggioranza dei Carabinieri, come Lei stessa ha più volte riconosciuto, e di ciò la ringrazio, crediamo nella Giustizia e riteniamo doveroso che ogni singola responsabilità nella tragica fine di un giovane sia chiarita, e lo sia nella sede opportuna, un’aula giudiziaria”.
“Comprendiamo l’urgenza e la necessità di giustizia, così come lo strazio di dover attendere ancora – conclude il Comandante dei Carabinieri – ma gli ulteriori provvedimenti, che certamente saranno presi, non potranno non tenere conto del compiuto accertamento e del grado di colpevolezza di ciascuno. Ciò vale per il processo in corso alla Corte d’Assise. E ciò varrà indefettibilmente anche per la nuova inchiesta avviata dal Pubblico Ministero, ora nella fase delle indagini preliminari, nella quale saranno giudicati anche coloro che oggi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Io per primo, e con me i tanti colleghi, oltre centomila, che ogni giorno rischiano la vita per quei Valori che fin qui ho richiamato, soffriamo nel pensare che la nostra uniforme sia indossata da chi commette atti con essa inconciliabili e nell’essere accostati a comportamenti che non ci appartengono”. Una lettera che è stata ovviamente accolta molto positivamente da Ilaria Cucchi.
“Mi si scalda il cuore, finalmente non mi sento sola – ha commentato la sorella di Stefano – oggi posso dire che l’Arma è con me e non con Mandolini, imputato di calunnia nel processo, o con Casarsa, indagato per i falsi che dovevano nascondere la verità”. Un passo molto importante di cui bisogna dare atto e merito al Comandante Nistri ma che non è ancora sufficiente. Ci sono ancora tante cose da chiarire, tante questioni da risolvere e molte di queste riguardano direttamente sempre i carabinieri. Ed è arrivato il momento che Nistri, dopo le belle e apprezzabili parole scritte in quella lettera, compia atti concreti per dare sostanza e fondamento a quelle stesse parole.
Partendo innanzitutto dal fatto che è assolutamente necessario che venga fatta massima chiarezza e che si accertano tutti i responsabili dei troppi e inaccettabili depistaggi messi in atto anche dai vertici dell’Arma. Soprattutto, però, se davvero Nistri vuole dimostrare che, al di là delle parole, le sue intenzioni sono reali è necessario che intervenga immediatamente sulla vicenda di Riccardo Casamassima.
Il maresciallo dei carabinieri che con le sue testimonianze nel 2015 ha consentito la riapertura del caso (senza quelle testimonianze la vicenda sarebbe chiusa e la verità non sarebbe mai venuta a galla…) in questi anni ha subito ogni sorta di ritorsione, punito demansionato e addirittura trasferito. Quale sia il clima e l’atteggiamento nei suoi confronti è testimoniato da un episodio accaduto proprio lunedì 8 aprile, nel corso dell’udienza con la fondamentale testimonianza di Francesco Esposito. Incredibilmente e senza alcuna ragione concreta gli avvocati dei carabinieri imputati hanno chiesto l’allontanamento dall’aula, fortunatamente negato dal giudice, di Casamassima.
A cui non smette mai di rivolgersi Ilaria Cucchi. “Riccardo Casamassima e Maria Rosati (la compagna di Casamassima), questi sono i carabinieri che per primi hanno rotto il muro di omertà attorno alla morte di mio fratello. Il collega Tedesco ha parlato di loro come esempio ricevuto. Un esempio che deve rimanere ben impresso a tutti” ha commentato la sorella di Stefano dopo l’udienza di lunedì scorso. Il problema è che, al momento, l’unica cosa che rimane impresso a tutti è che Casamassima ha pagato e sta pagando pesantemente per il suo coraggio.
“Il Comandante Generale scrive a Ilaria Cucchi – commenta Casamassima – in tutto questo io sto ancora pagando e fidatevi il trasferimento a scuola mi sta creando tanti disagi, gli ultimi 3 giorni li ho passati a guardare il soffitto. E da circa un anno cerco inutilmente di incontrare il Comandante”. Va benissimo ed era assolutamente necessaria la lettera, ma ora Nistri passi dalle parole ai fatti e incontri immediatamente Riccardo Casamassima, mettendo fine a questa ingiusta persecuzione.
Perché in caso contrario le belle parole scritte in quella lettera resteranno solo vuoti proclami, assolutamente inutili di fronte ad una realtà inequivocabile che dimostra che chi ha il coraggio di parlare viene punito e perseguitato, nel silenzio dei vertici dell’Arma stessa. Resta, infine, incancellabile la vergogna di un alto rappresentante dello Stato, il ministro dell’interno Salvini, che non si sente neppure in dovere, nonostante ora la realtà dei fatti sia ora inequivocabile, di chiedere scusa per alcune sue affermazioni davvero fuori luogo
Come quel “la sorella di Cucchi mi fa schifo” pronunciato il 4 gennaio 2016, dopo un post polemico di Ilaria Cucchi, dal leader della Lega. Che dovrebbe chiedere scusa (e non solo alla famiglia Cucchi) anche per aver portato in Parlamento l’ex segretario del Sap (Sindacato autonomo di polizia) Gianni Tonelli, noto per le sue posizioni e affermazioni provocatorie sulle vicende Cucchi e Aldrovandi e condannato dal tribunale di Bologna per diffamazione proprio nei confronti della famiglia Cucchi.
Una doppia vergogna che non sarebbe accettabile in uno stato civile…