La Commissione sanità del Comune di San Benedetto chiede che il nuovo ospedale del Piceno venga realizzato sulla costa. “Va eliminato il concetto di città capoluogo” afferma il sindaco Piunti che sposa a pieno la teoria De Vecchis. Che, però, non ha alcun fondamento concreto
Se qualcuno dalle parti di Ascoli e dintorni aveva ancora qualche dubbio, la riunione della Commissione sanità del Comune di San Benedetto di lunedì 10 dicembre li ha definitivamente dissipati. Come ampiamente previsto e sottolineato già da diversi mesi, la vera battaglia per la sanità del territorio non riguarda l’opportunità o meno di realizzare il nuovo ospedale unico del Piceno ma, molto più semplicemente, quale deve essere il centro della sanità stessa picena, con San Benedetto che ha definitivamente scoperto le carte.
L’unità apparente contro l’ospedale unico
Non bisognava essere dei geni per capirlo, era tutto così palese da tempo, ben prima che la Regione rompesse gli indugi indicando Pagliare come luogo dove realizzare l’ospedale unico. Solo che il sindaco Castelli e la sua corte (e i suoi “cortigiani” più fedeli) erano troppo impegnati nella guerra, tutta politica e non certo per le reali esigenze della città, contro il presidente regionale Ceriscioli e la sua vice ascolana Anna Casini per preoccuparsi seriamente di quello che, invece, era del tutto evidente che prima o poi sarebbe diventato il vero problema.
Ora, però, le carte sono definitivamente in tavola, almeno da San Benedetto. Dopo la richiesta dei sindaci dell’Ambito sociale 21 di riconvocare la conferenza dei sindaci, per rimettere ai voti la scelta di Pagliare, dalla Commissione sanità di San Benedetto è uscita una proposta chiara, inequivocabile e, almeno a giudicare dai toni, non negoziabile.
Il nuovo ospedale del Piceno, sia esso unico o di primo livello, deve essere realizzato sulla costa. E se ancora non è chiaro che la battaglia va condotta in Regione ma è principalmente rivolta proprio al capoluogo di provincia, che nelle intenzioni sambenedettesi deve cedere e accettare quello che comunque sarebbe uno storico passaggio, le parole pronunciate da Pasqualino Piunti sono inequivocabili.
L’affondo di Piunti: nella sanità San Benedetto capoluogo
“Va eliminato il concetto di città capoluogo – ha affermato il sindaco – deve prevalere il concetto di bacino d’utenza che è primario”. La “stoccata” è di quelle che lasciano il segno, anche se non arriva certo inaspettata. Già subito dopo la votazione nella conferenza dei sindaci, che aveva accettato la scelta di Pagliare, avevamo sottolineato come quella tra i due sindaci Castelli e Piunti fosse un’alleanza solo virtuale e destinata presto a scoppiare (vedi articolo “Ospedale unico, provincia divisa e paralizzata dal campanile”), perché era sin troppo evidente che avevano due obiettivi assolutamente non coincidenti.
Prettamente politico quello del primo cittadino ascolano, tutto preso dalla sua guerra contro la Regione “rossa” e l’odiata (politicamente parlando) accoppiata Ceriscioli-Casini. Di campanile quello del sindaco sambenedettese che, a differenza del suo collega, in questi mesi ha tessuto con sapienza la sua tela, coinvolgendo anche presunti avversari politici (come i consiglieri regionali Urbinati e Giorgini, di altri partiti ma comunque legati a San Benedetto), preparando con cura la “polpetta avvelenata” da porre sul piatto della discussione.
Sul quale, con altrettante furbizia politica, Piunti pone anche il presunto “contentino” per il capoluogo di provincia: l’ospedale di base. “Il Piceno tutto va risarcito per quello che ha subito negli anni” ha aggiunto Piunti, cercando di far credere che una simile soluzione in fondo per Ascoli sarebbe in qualche modo meno penalizzante rispetto a quella prospettata dalla Regione (cioè dell’ospedale unico a Pagliare).
Sappiamo bene che non è così, è del tutto evidente che la soluzione proposta da San Benedetto è addirittura peggiorativa per il capoluogo piceno. Lo abbiano già evidenziato ma è opportuno ribadirlo, per non lasciare dubbi in proposito. Gli ospedali di base “sono strutture di pronto soccorso con la presenza di un numero limitato di specialità ad ampia diffusione territoriale: medicina interna, chirurgia generale, ortopedia, anestesia, e servizi di supporto in rete di guardia attiva o in regima di pronta disponibilità H24 di radiologia, laboratorio emoteca. Devono essere dotati, inoltre, di letti di osservazione breve intensiva”.
In altre parole il destino dell’ospedale Mazzoni sarebbe praticamente identico a quello che avrebbe in caso di ospedale unico a Pagliare. Con le differenze, non di poco conto, che con la soluzione proposta da San Benedetto l’ospedale principale del territorio sarebbe qualitativamente inferiore, rispetto a quello previsto attualmente (sia pure in maniera nebulosa e poco chiara), oltre che più distante dal capoluogo di provincia (e ancor più dal territorio montano).
E per chi ancora non lo avesse capito a San Benedetto sono agguerritissimi e sono pronti ad andare fino in fondo in questa battaglia. E mentre ci si prepara a chiedere un impegno concreto in tal senso ai 4 consiglieri regionali del territorio, si assiste a situazioni al limite del ridicolo.
Come raddoppiare il bacino di utenza dell’ospedale di san benedetto
Nel corso della Commissione sanità, ad esempio, a fianco al sindaco Piunti era presente un non identificato dipendente dell’ospedale di San Benedetto che, non si capisce su che basi e con quali competenze, ha sottolineato come “l’ospedale nuovo deve stare dove c’è il flusso e noi sulla costa serviamo fino a 800 mila persone potenziali (come si arrivi a quella cifra ovviamente non viene spiegato)”, aggiungendo poi che negli anni “è andato tutto ad Ascoli”.
Una rappresentazione surreale, non meno di quella fatta emergere qualche settimana fa nel Consiglio comunale aperto sulla sanità che si è svolto ad Ascoli da chi, pur di demonizzare l’ipotesi dell’ospedale unico, ha parlato del Mazzoni come di un ospedale di assoluta qualità! A rendere il tutto ancor più paradossale il fatto che questo tipo di rivendicazione di San Benedetto e della riviera ha origine dalla suggestiva teoria elaborata dal consigliere comunale sambenedettese De Vecchis che, non a caso, nel corso della Commissione ha ribadito con decisione che “parliamo dei diritti di una comunità allargata di 160 mila abitanti che hanno gli stessi diritti e dignità di tutti, anche perché pagano le tasse che pagano tutti”.
In poche parole la tesi di De Vecchis, che ora è diventata la posizione ufficiale del Comune di San Benedetto e del territorio della riviera, è che l’ospedale di primo livello (o ospedale unico) spetti di diritto a San Benedetto che, sulla base di particolari calcoli, effettuati dal consigliere comunale sambenedettese, avrebbe un bacino di utenza maggiore rispetto a quello di Ascoli.
Non è una teoria nuova, sono ormai un paio di anni che la espone, lo aveva fatto un anno e mezzo fa anche nel corso di uno dei tanti Consigli comunali aperti sulla sanità convocato ad Ascoli (solo che allora parlava di una comunità allargata di 148 mila utenti per San Benedetto, rispetto agli 84 mila del capoluogo).
I numeri reali confermano la centralità di Ascoli
In un paese nel quale ormai, in qualsiasi campo, anche le teorie più astruse e strampalate, se presentate in una certa maniera e ripetute ossessivamente, diventano d’incanto credibili, non ci si può certo stupire se quella del consigliere sambenedettese è diventata una sorta di mantra nel territorio sambenedettese, pur non avendo alcun riscontro concreto reale che possa in qualche modo avvalorarla.
“Il numero degli utenti rivieraschi – spiegava un anno e mezzo fa De Vecchis – provengono da un bacino che comprende anche alcuni centri del vicino Abruzzo e deve essere aumentato della popolazione turistica. Che è stimata in circa 3 milioni e mezzo per un’utenza che, spalmata nell’arco dei 12 mesi dell’anno, restituisce almeno altri 10 mila fruitori dei servizi dell’ospedale cittadino”.
Sarebbe sin troppo facile “fare le pulci” ai dati forniti sbandierati da De Vecchis, a partire dalla popolazione turistica che, numeri ufficiali alla mano, non è neppure la metà di quei 3,5 milioni sbandierati dal consigliere comunale (senza considerare che un mistero “matematico” come da quei 3,5 milioni si arriva a 10 mila fruitori…). Ciò che è fondamentale sottolineare è che quei numeri non hanno alcun riscontro e, anzi, tutti i dati ufficiali vanno esattamente nella direzione opposto.
Secondo la Regione il bacino di utenza ascolano è di gran lunga maggiore rispetto a quello di San Benedetto. E, d’altra parte, se si adotta il semplice criterio geografico i 17 comuni della provincia di Ascoli che sono più vicini al capoluogo complessivamente hanno 103.584 abitanti rispetto ai 93.757 dei comuni più vicini a San Benedetto (ci sarebbero poi i quasi 5 mila residenti di Offida che si trovano praticamente a distanza identica dai due ospedali).
E i riferimenti che De Vecchis fa ai centri del vicino Abruzzo è del tutta fittizia e priva di qualsiasi fondamento. Innanzitutto perché, a parte Martinsicuro, tutti gli altri centri dell’Abruzzo a cui fa riferimento in realtà sono più vicini ad altri ospedali abruzzesi (Sant’Omero, Giulianova). Poi perché, come dimostrano inequivocabilmente i dati ufficiali, gli utenti abruzzesi che vengono a San Benedetto si rivolgono quasi esclusivamente alle strutture private (soprattutto Villa Anna ma anche Stella Maris).
Senza considerare che anche il bacino di utenza dell’ospedale di Ascoli aumenterebbe considerevolmente se prendessimo a riferimento alcuni centri laziali e della provincia di Fermo che sono comunque più vicini al Mazzoni che ad altri ospedali. In altre parole, la rivendicazione sambenedettese parte da un presupposto che si fonda più sulla suggestione che su dati concreti. Sarebbe ora che qualcuno (i rappresentanti istituzionali) ad Ascoli si svegli ed inizi ad occuparsi seriamente del problema, lasciando per un po’ da parte battaglie personali e propaganda.