Verità, omissioni e ipocrisia: vergogna senza fine per il caso Cucchi


La confessione di uno degli imputati fa cadere gli ultimi veli sulla tragica morte di Stefano Cucchi e provoca l’imbarazzata ma ipocrita parziale retro marcia del ministro Salvini. Che, però, dovrebbe chiedere scusa non solo per le sue dichiarazioni passate…

Ora che è caduto l’ultimo sottile muro di omertà e la verità sul caso Cucchi, per altro per nulla sorprendente, è venuta drammaticamente a galla, come nelle peggiori tradizioni di questo paese va in scena il più bieco e insopportabile festival dell’ipocrisia. Dietro al quale, come al solito, si cela molto più semplicemente la volontà di attenuare il più possibile l’entità dello scandalo e di spegnere al più presto i fari su una vicenda che invece meriterebbe dei seri approfondimenti e delle conseguenti decisioni forti e coraggiose.

L’emblema di questa indecente e inaccettabile ipocrisia è il ministro degli interni e vicepremier Matteo Salvini. Quello che alcuni mesi fa si era espresso in questo modo nei confronti di Ilaria Cucchi e della sua famiglia: “capisco il dolore di una sorella, ma Ilaria Cucchi mi fa schifo, dovrebbe vergognarsi”.

Ora, senza neppure avere la decenza quanto meno di chiedere scusa alla sorella di Stefano per quelle indegne e inaccettabili affermazioni, come se niente fosse ha l’impudenza di invitarla, insieme alla sua famiglia, al Viminale (ed Ilaria Cucchi e la sua famiglia hanno tutto il diritto di fare quello che ritengono più opportuno e non saranno in alcun modo criticabili qualsiasi decisione prendano, sia che accettino l’invito di Salvini sia che lo respingano).

Come vedremo quelle del ministro degli interni sono dichiarazioni a dir poco sconcertanti e sconfortanti per diversi motivi e, soprattutto, incredibilmente tardive. Perché da giovedì 11 ottobre sono caduti tutte le residue giustificazioni e non ci sono più dubbi, se mai ce ne fossero stati, su quanto è accaduto. Nell’udienza di giovedì 11 ottobre è emersa la denuncia di uno dei carabinieri imputati, Francesco Tedesco, che ha ricostruito i fatti della notte dell’arresto di Stefano Cucchi, raccontando il violento pestaggio subito dal ragazzo da parte di due carabinieri.

Tedesco ha anche chiamato in causa anche altri carabinieri che sapevano ed hanno taciuto, raccontando anche di come sia scomparsa un’annotazione di servizio. Senza andare nel dettaglio dello sconvolgente e crudo racconto, è del tutto evidente che ora sono caduti anche gli ultimi veli e sono stati fugati gli ultimi dubbi, ammesso che ce ne fossero. Ed allora è troppo comodo e troppo facile ora, dopo aver per anni oltraggiato in ogni modo la famiglia Cucchi che cercava solo la verità, pensare di archiviare il tutto con due dichiarazioni di facciata e con un invito al Viminale. Anche perché le parole pronunciate dal vicepremier Salvini trasudano ipocrisia e voglia di spegnere i riflettori da ogni sibilla.

Sorella e parenti di Cucchi sono benvenuti al Viminale – si legge in una nota del leader leghista – eventuali reati o errori di pochissimi uomini in divisa devono essere puniti con la massima serenità ma questo non può mettere in discussione la professionalità e l’eroismo quotidiano di centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze delle forze dell’ordine”.

Il solito stucchevole ritornello che si ripete in queste circostanze, come se davvero ci fosse qualcuno che vuole criminalizzare l’intero apparato delle forze dell’ordine (per altro se alla fine verrà fatta giustizia in questa triste vicenda il merito sarà anche e soprattutto proprio di due uomini in divisa, l’appuntato Casamassima prima e Tedesco ora). Dichiarazioni di circostanza anche da parte del ministro della difesa Elisabetta Trenta che, almeno, a differenza di Salvini non doveva e non deve certo farsi perdonare per incaute precedenti affermazioni.

Chi si è macchiato di questo reato pagherà, ve lo assicuro – scrive il ministro – lo voglio io, lo vuole questo governo e lo vuole tutta l’Arma dei Carabinieri che merita rispetto”. Ma se davvero l’Arma dei carabinieri vuole dimostrare che merita fino in fondo rispetto e se questo governo vuole rendere credibile queste dichiarazioni di rito, non ci si può certo accontentare della condanna penale di chi eventualmente verrà ritenuto colpevole di determinati comportamenti criminali.

Al di là del fatto che come prima cosa il ministro Salvini dovrebbe rapidamente e umilmente chiedere scusa alla famiglia Cucchi per le sue ignobili dichiarazioni passate, bisogna andare ben oltre il semplice procedimento giudiziario, ci sono altre e non meno gravi responsabilità da accertare, ci sono comportamenti inaccettabili per un paese civile da perseguire, al di là del puro e semplice aspetto giudiziario.

Perché la drammatica storia di Stefano Cucchi (e la perseverante tenacia della sorella Ilaria) ha fatto emergere una serie imbarazzante e inaccettabile di omissioni di chi sapeva e non ha parlato, il colpevole silenzio di chi da subito aveva capito tutto ma si è disinteressato, lasciando prima morire quel povero ragazzo e non aiutando, poi, nella ricerca della verità.

In tal senso la cosa che più colpisce del film “Sulla mia pelle” (basato su oltre 10 mila pagine di verbali) è proprio questo aspetto. Tutti sembrano sapere cosa è accaduto (e in troppi non manifestano particolare stupore, come a far capire che quella è una sorta di prassi ricorrente…), nessuno ha il coraggio e il senso civico di denunciare o, quanto meno, di provare a fare qualcosa.

Ancora, come se nulla fosse sono stati cambiati a “aggiustati” rapporti di servizio, sono scomparse annotazioni di servizio. Come si può accettare in silenzio tutto ciò, come è possibile che nessuno paghi in prima persona (con allontanamenti o dimissioni) per questi gravi fatti? Non solo, il rispetto nell’Arma e, più in generale, nelle forze dell’ordine non viene tanto messo in discussione da determinati episodi provocati dal comportamento di alcuni singoli.

Quanto, piuttosto, dalla solita inaccettabile chiusura a riccio, in quella tradizionale difesa d’ufficio “contro ogni evidenza”, per altro con toni esasperati da lasciare l’impressione nei cittadini che non si chiede rispetto ma impunità. Non si possono dimenticare le durissime dichiarazioni dei vertici di alcuni di sindacati di polizia dopo la proiezione del film “Sulla mia pelle” a Venezia. Allora parlavano di “intimidazione” contro le forze dell’ordine, si dichiaravano inorriditi, sdegnati e indignati al punto da “rabbrividire”.

Non ci risulta che qualcuno di loro “rabbrividisca” di fronte allo sconcertante racconto di ciò che è accaduto, nessuno di loro ha avuto il pudore di scusarsi e di fare “mea culpa” per quelle incaute e improvvide dichiarazioni. Il rispetto lo merita l’Arma ma lo meritano anche i familiari di Cucchi. Che invece hanno dovuto anche sopportare il terribile affronto (e come loro anche la famiglia di Federico Aldrovandi) di vedere premiato con un posto in Parlamento, proprio dall’attuale ministro Salvini, chi in questi anni si è maggiormente distinto per le dichiarazioni irrispettose, ai limiti dell’offensivo, nei confronti dei familiari delle vittime delle violenze delle forze dell’ordine.

Parliamo dell’ex segretario del Sap Gianni Tonelli, colui che, tra le sue “imprese”, può “vantare” il fatto di essersi alzato ad applaudire i 4 poliziotti condannati (con sentenza passata in giudicato) per l’omicidio Aldrovandi. O, peggio ancora, una condanna per diffamazione proprio nei confronti della famiglia Cucchi. Salvini l’ha voluto come capolista nel proporzionale (quindi un seggio sicuro) e già solo per questo dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa prima alle famiglie Aldrovandi e Cucchi, poi a tutti gli italiani.

Quando, poi, si parla di rispetto, il ministro degli interni dovrebbe innanzitutto ricordare che a far precipitare la credibilità e il rispetto nei confronti dell’Arma sono vicende come quelle di Casamassima, l’appuntato che con le sue dichiarazioni ha consentito la riapertura del caso Cucchi (che altrimenti sarebbe finito nel peggiore dei modi) e, guarda il caso, poi inspiegabilmente punito e demansionato proprio dai vertici dell’Arma stessa.

Al Comandante generale dell’Arma dico che voglio bene ai Carabinieri ma proprio per questo chiedo che vengano premiati coloro che hanno parlato e severamente puniti coloro che l’hanno infangata, depistando coprendo e minacciando. Senza se e senza ma. Nessuno sconto” scrive Ilaria Cucchi.

Sembrerebbe ovvio e scontato e, invece, la storia recente e passata (non solo il caso Cucchi, basterebbe pensare alle vicende del G8 di Genova) ci insegna che puntualmente accade esattamente il contrario. Si impegni seriamente il ministro degli interni insieme al suo governo per promuovere e pretendere almeno questo cambiamento.

Allora si che meriterebbe, al di là delle dichiarazioni infauste del passato, il nostro rispetto e, soprattutto, quello della famiglia Cucchi. Altrimenti la finisca, lui e tutti coloro che ora (dopo le dichiarazioni di Tedesco) sono stati “folgorati” dalla scoperta della verità, con questa ipocrita messa in scena…

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