La “guerra” degli ospedali: San Benedetto e la Riviera progettano la “beffa” nei confronti di Ascoli
La presunta e fragile unità contro all’ospedale unico si è già spezzata: sulla base del decreto Balduzzi e dei bacini di utenza San Benedetto e i comuni dell’Ambito territoriale 21 chiedono un nuovo ospedale di 1° livello sulla costa e il declassamento del Mazzoni ad ospedale di base
Tutto come ampiamente previsto. Lo avevamo scritto alcuni giorni fa che l’apparente unione tra Ascoli e San Benedetto contro la proposta dell’Ospedale unico del Piceno in realtà celava (neppure troppo, per la verità) posizioni ben distanti e differenti tra le due principali realtà della provincia. E che il rischio “beffa” (cioè di una soluzione finale peggiore di quella ora osteggiata) si nascondeva dietro l’angolo per il capoluogo di provincia.
Ora quella fragile e precaria unione è già andata in pezzi e la Riviera (San Benedetto in testa ma spalleggiata da tutti i comuni rivieraschi) avanza la sua proposta e la sua richiesta: un nuovo ospedale lungo la costa. Che, sulla base di quanto prevede il decreto Balduzzi, equivale a dire anche un brusco ridimensionamento dell’ospedale di Ascoli. “Obiettivi diversi dietro al no all’Ospedale unico per Ascoli e San Benedetto” si legge nell’articolo “Ospedale unico, provincia divisa e paralizzata dal campanile” che poi evidenziava come sullo sfondo si ergeva lo “spettro” del decreto Balduzzi.
“Con il sindaco sambenedettese Piunti prudente (per non indispettire troppo Castelli) – si legge ancora nell’articolo – la posizione dei comuni rivieraschi è stata espressa con chiarezza da alcuni consiglieri comunali sambenedettesi (su tutti De Vecchis) e dai sindaci di Cupramarittima e Massignano”.
E, come è noto, proprio sulla base del decreto Balduzzi la proposta che scaturisce da quella posizione prevede un ospedale (nuovo) di primo livello a San Benedetto (o nei pressi della costa), con il Mazzoni relegato a ruolo di ospedale di base. Non è certo una novità, solo qualche sprovveduto o ingenuo può stupirsi.
Perché questa soluzione è da sempre caldeggiata e sostenuta da San Benedetto e da tempo è portata avanti sulla base di uno studio (quanto attendibile è tutto da stabilire) del consigliere comunale Giorgio De Vecchis. A cui bisogna dare atto, a prescindere da ciò che si pensa della sua proposta, di aver sempre parlato chiaro e di non aver mai nascosto quale fosse il suo obiettivo. Tanto che poco meno di 2 anni fa di questo studio e delle conseguenze che, secondo lui, dovrebbero scaturire ne parlò apertamente ad Ascoli, in un Consiglio comunale aperto sulla sanità.
Lo studio di De Vecchis si basa sugli standard che governano la sanità secondo il decreto Balduzzi e che dipendono dal bacino di utenza. Un bacino da 80 a 150 mila abitanti dà diritto ad un o spedale di base, uno da 150 a 300 mila ad un ospedale di 1° livello ed uno superiore a 600 mila abitanti ad un ospedale di 2° livello. Sempre sulla base del decreto Balduzzi, la provincia di Ascoli avrebbe diritto ad un ospedale di 1° livello e ad uno di base. E secondo lo studio dei bacini di utenza serviti dagli attuali due ospedali, De Vecchis non ha dubbi che spetti a San Benedetto l’ospedale di 1° livello.
Senza entrare nel merito dei calcoli e dei parametri utilizzati dal consigliere comunale sambenedettese (su cui comunque si potrebbe discutere), quel che è certo è che questa soluzione avrebbe come inevitabile conseguenza la realizzazione di un nuovo ospedale a San Benedetto o, comunque, nei pressi della costa. Perché è sin troppo evidente e come ben sa chi ha messo piede nell’attuale nosocomio sambenedettese anche solamente una volta, pur con tutti gli interventi possibili quella struttura non sarebbe mai in grado di ospitare un ospedale di 1° livello (discorso per certi versi simili andrebbe fatto anche per il Mazzoni).
Lo abbiamo già precedentemente sottolineato ma è opportuno ricordarlo anche in questa sede, scontato che l’ospedale di 1° livello sarebbe quello principale della provincia, secondo la definizione del decreto Balduzzi gli ospedali di base “sono strutture di pronto soccorso con la presenza di un numero limitato di specialità ad ampia diffusione territoriale: medicina interna, chirurgia generale, ortopedia, anestesia e servizi di supporto in rete di guardia attiva o in regime di pronta disponibilità H24 di radiologia, laboratorio, emoteca. Devono essere dotati, inoltre, di letti di osservazione breve intensiva”.
Questo sarebbe il destino per l’ospedale di Ascoli (non molto differente da ciò che accadrebbe se si realizzasse l’ospedale unico) dove, ad esempio, non nascerebbero più bambini (tema molto caro a chi si oppone all’ospedale unico) perché bisognerebbe andare a San Benedetto a partorire. Come detto la proposta di De Vecchis non è certo nuova ed è nota da anni.
La novità importante, che potrebbe produrre delle conseguenze fino ad ora impensabili, è che adesso, dopo l’apparente unità di intenti con la parte ascolana del fronte del no, quella è diventata la posizione praticamente ufficiale del Comune di San Benedetto e dei Comuni della costa. Nei giorni scorsi, ad esempio, si è svolta la riunione dei sindaci dell’Ambito 21 (oltre San Benedetto ne fanno parte Acquaviva, Carassai, Cossignano, Cupramarittima, Grottammare, Massignano, Monsampolo del Tronto, Montalto, Montefiore, Monteprandone, Ripatransone) e la nota che ne è scaturita non lascia dubbi o spazio ad interpretazioni.
“I sindaci hanno espresso apprezzamento e condivisione per la proposta di realizzare un nuovo ospedale nel sud delle Marche – si legge – è stata inoltre discussa la proposta di costruire questo ospedale in un’area limitrofa alla costa, così come i numeri relativi al bacino di utenza ampiamente giustificano”. Tutto estremamente chiaro, si parla di “ospedale nuovo” e non di “ospedale unico” perché altrimenti si tratterebbe di una sorta di avvallo alla proposta della Regione. E non si dice nulla dell’ospedale di Ascoli anche se, in questo caso, il suo destino sarebbe scritto, cioè come presidio di base.
Un paio di giorni dopo, esattamente lunedì 18 settembre, l’ulteriore svolta. Nel corso della seduta della commissione sanità del Consiglio comunale di San Benedetto, il sindaco Piunti ha fatto consegnare a tutti i consiglieri il dossier De Vecchis che, di fatto, è diventata la posizione ufficiale del Comune rivierasco. “Un nuovo ospedale di primo livello, se sarà fatto, va costruito sulla costa o nelle sue prossimità, non altrove” ha sentenziato Piunti.
Con lui hanno concordato tutte le forze politiche sambenedettesi ed ora quello che avevamo paventato solo qualche settimana fa è diventato realtà. San Benedetto e il territorio costiero della provincia non sono più (in realtà non lo sono mai stati) a fianco di Ascoli (almeno di quella parte politica di Ascoli che si è schierata in tal modo) nella battaglia contro l’ospedale unico. Ha una sua posizione autonoma, sia pure ugualmente contraria alla proposta della Regione, ma che addirittura sarebbe ancor più penalizzante per il capoluogo piceno (e per il territorio montano).
Il rischio è serio e concreto, anche se al momento per la Regione resta in campo la prospettiva di realizzare l’ospedale unico a Spinetoli. Però è chiaro che se i fronti contrari dovessero crescere e ampliare il proprio consenso non sarebbe facile per la Regione stessa portare avanti un progetto contro il volere di gran parte del territorio. E allora, dovendo comunque inevitabilmente fare i conti con quanto disposto dal decreto Balduzzi, bisognerebbe trovare una soluzione alternativa.
Che non sarà e non potrà mai essere (lo sa bene il sindaco Castelli che, però, finge di ignorarlo per mere ragioni di propaganda) quella di investire e potenziare i due ospedali esistenti, per noti ed evidenti “problemi tecnici” di entrambe le strutture. In una simile eventualità (al momento comunque lontana), San Benedetto e la costa si presenterebbero pronti, con una proposta concreta e basata su dati (per quanto discutibili si vogliano considerare), mentre Ascoli e il suo territorio non avrebbero nulla da controbattere.
Colpa dell’evidente miopia politica del sindaco e degli amministratori ascolani che in tutti in questi anni non sono stati capaci né, come Comune capoluogo, di provare ad unire il territorio e presentare così una proposta unitaria, né di pensare almeno ad una concreta e fattibile proposta alternativa in grado di tutelare il capoluogo stesso e il suo territorio limitrofo.
Così ora c’è il serio rischio che bisognerà decidere se “è meglio la padella o la brace”…