Secondo la classifica mondiale della libertà di stampa di Reporters sans frontieres l’Italia nel 2018 guadagna 6 posizioni (dal 52° al 46° posto) ma resta tra le peggiori d’Europa. Nel 2017 in tutto il mondo uccisi 65 giornalisti, di cui ben 39 per le loro scottanti inchieste
Nella giornata mondiale per la libertà di stampa (3 maggio) appare opportuno fornire qualche dato sulla situazione dell’informazione nel mondo e rendere note alcune considerazioni circa la situazione che si vive nel nostro paese. Secondo i dati forniti da Reporters sans frontieres (Rsf), nel 2017 nel mondo 65 giornalisti sono stati ammazzati e 2 sono scomparsi. E ben 39 di quei 65 sono stati uccisi intenzionalmente, presi di mira perché le loro indagini, le loro inchieste disturbavano interessi di lobbies economiche o di gruppo politici o portavano alla luce affari e connivenze con le mafie.
Sono invece addirittura 326 i giornalisti in carcere, mentre in 54 sono ostaggio da qualche parte nel mondo. Le prime cifre del 2018 se possibile sono ancora più preoccupanti. Con già (nei primi tre mesi) 23 giornalisti uccisi e ben 176 imprigionati. Non si contano, centinaia e centinaia, invece i giornalisti che in tutto il mondo vivono sotto protezione perché minacciati.
Siamo sempre stati i primi ad evidenziare tutti i gravi limiti del giornalismo e dei giornalisti in questi anni (in particolare nel nostro paese). Non abbiamo mai risparmiato critiche e abbiamo sempre rifuggito da difese di categoria. Però è innegabile che quella del giornalista, soprattutto in alcune zone del mondo, resta una professione altamente a rischio. E anche in molti dei paesi in cui i rischi per la propria vita sono minori (ma non del tutto assenti), non è comunque una professione semplice da svolgere.
Soprattutto se lo si vuole fare cercando di compiere a pieno quello che è il principale compito di ogni giornalista, cioè raccontare i fatti senza forzature ma anche senza “compiacenti” censure. E chi riesce davvero a farlo in questo modo anche in paesi cosiddetti civili, come dovrebbe essere l’Italia, nella migliore delle ipotesi subisce pressioni e ricatti di vario tipo, se non vere e proprie minacce.
Norvegia, svezia e olanda le isole felici
Proprio nei giorni scorsi la stessa Rsf ha pubblicato l’aggiornamento della classifica mondiale della libertà di stampa, sottolineando come la situazione complessivamente peggiorata per “l’accrescimento dell’odio verso i giornalisti. L’ostilità nei confronti dei media, incoraggiata dai politici e dalla volontà dei regimi autoritari di esportare la loro visione del giornalismo minaccia le democrazie”.
“In alcuni paesi il confine tra brutalità verbale e violenza fisica è sempre più sottile” scrive ancora Rsf citando poi il caso delle Filippine dove il presidente Duterte, proprio nei giorni scorsi, ha lanciato una pesante minaccia: “solo perché sei un giornalista non significa che tu sia esente dall’essere assassinato”.
Per quanto riguarda la classifica al primo posto resta la Norvegia, seguita da Svezia, Olanda, Finlandia e Svizzera. All’ultimo posto resta la Corea del Nord, mentre agli ultimi posti in classifica (al 148° posto) c’è la Russia di quel Putin che pure tanti di quelli che in Italia un giorno si e quell’altro pure si lamentano per, a loro dire, la scarsa libertà di stampa portano come esempio.
Per quanto concerne l’Italia la situazione migliora, con il nostro paese che rispetto allo scorso anno guadagna 6 posizioni (in fondo all’articolo come viene realizzato il report e come viene stilata la classifica), piazzandosi al 46° posto (tra i peggiori in Europa), anche se restano alcune gravi criticità.
Giornalisti sotto processione e “liste di proscrizione” in Italia
“Una dozzina di giornalisti italiani – scrive Rsf – sono ancora sotto la protezione permanente della polizia e rafforzati dopo minacce di morte da parte di mafia, gruppi anarchici o fondamentalisti. Il livello di violenza perpetrata ai giornalisti (intimidazione verbale o fisica, provocazione e minacce, ecc.) È molto preoccupante e continua a crescere, in particolare in Calabria, Sicilia e Campania. Molti giornalisti, specialmente nella capitale e nel sud del paese, sono costantemente sotto la pressione di gruppi mafiosi che non esitano ad entrare nei loro appartamenti per rubare computer e documenti di lavoro riservati quando non attaccano fisicamente a loro. Mostrando coraggio e capacità di ripresa, questi giornalisti continuano, tuttavia, a pubblicare le loro indagini”.
Ma le criticità riguardano anche il rapporto dei giornalisti con il mondo politico. “Numerosi addetti dell’informazione – scrive ancora Rsf – sono sempre più preoccupati per la recente vittoria alle elezioni legislative di un partito, il Movimento 5 Stelle, che ha spesso condannato la stampa per il suo lavoro e che non esita a comunicare pubblicamente l’identità dei giornalisti che lo disturbano.
Inoltre un recente progetto di legge fa pesare sugli autori di diffamazione contro politici, magistrati o funzionari pene fino a 6-9 anni”. “Spesso i giornalisti italiani subiscono forti pressioni da parte dei politici – conclude Rsf – e optano sempre più di frequente per l’autocensura”. Parole che dovrebbero spingere un po’ tutti a riflettere meglio prima di accusare.
Come viene realizzato il report e la conseguente classifica
Rsf distribuisce un questionario tradotto in 20 lingue ai suoi partner in tutto il mondo: associazioni, gruppi e giornalisti che rispondono a 87 domande divise in sette argomenti: pluralismo, indipendenza dei media, contesto e autocensura, legislatura, trasparenza, infrastrutture e abusi. Così si ottiene un primo punteggio, a cui se ne aggiunge un secondo che tiene conto del numero di giornalisti uccisi, arrestati, minacciati e licenziati. La mappa viene colorata sui punteggi ricevuti: da 0 a 15 punti “buono” (giallo chiaro), da 15,01 a 25 “abbastanza buono” (giallo), da 25,01 a 35 punti “problematico” (arancione), da 35,01 a 55 punti “grave” (rosso), da 55,01 a 100 punti “molto grave” (nero). L’Italia, insieme a Polonia, Ucraina, Ungheria e gran parte del Sudamerica sta proprio nella zona arancione.