Mentre a Roma la Raggi ha fatto subito cancellare il murales del bacio tra Di Maio e Salvini, a San Benedetto un fotomontaggio in cui si celebrava ironicamente un’ipotetica unione civile tra i sindaci di Ascoli e San Benedetto costa all’autore il rinvio a giudizio per diffamazione
Guardando ciò che avviene da queste parti, si può legittimamente dire che sia andata di lusso a Tvboy, l’autore dell’ormai famosissimo murales apparso in via del Collegio Capranica a Roma, il giorno prima delle elezioni dei presidenti di Camera e Senato.
Il bacio in bocca tra il leader leghista Matteo Salvini e Luigi Di Maio a quanto pare ha indignato soprattutto il sindaco di Roma Virginia Raggi che, per la prima volta da quando è alla guida della capitale, ha agito con insospettabile tempestività tanto che il “bacio galeotto” tra i due già dopo qualche ora era stato cancellato. Poco male perché c’è a chi per un accostamento per certi versi simili è andata molto peggio.
Stiamo parlando dell’esponente sambenedettese di Rifondazione Comunista, Daniela Primavera, che proprio in questi giorni è stato rinviato a giudizio con l’accusa di diffamazione per quello che molti avevano definito un simpatico fotomontaggio in cui ironicamente si celebrava l’unione civile del sindaco di Ascoli Guido Castelli con quello di San Benedetto Pasqualino Piunti. Il problema, per Primavera, è che uno dei due protagonisti di quel fotomontaggio, il primo cittadino sambenedettese, non l’ha giudicato per nulla simpatico e, anzi, l’ha trovato addirittura diffamatorio al punto da querelare l’esponente di Rifondazione Comunista che ora è stato rinviato a giudizio.
Il fotomontaggio incriminato risale a giugno 2017. “In quel giorno – racconta Primavera – c’erano due notizie, una sulle unioni civili a San Benedetto, l’altra relativa ad una frase del sindaco Piunti che affermava che occorreva unirsi ad Ascoli per una serie di iniziative”. Sulla sua pagina facebook satirica “Pasqualino Piunti, sindaco e cantante” l’esponente di Rifondazione sintetizza ironicamente le due notizie con un fotomontaggio che vede il primo cittadino sambenedettese e il sindaco di Ascoli Castelli vestiti a festa che celebrano la loro singolare unione come, appunto, due novelli sposi.
Un post satirico che sinceramente viene davvero difficile considerare diffamatorio. Anche perché si potrebbe poi approfondire ulteriormente e discutere sul perché possa essere considerato così offensivo simulare ironicamente qualcosa che comunque è assolutamente legittimo perché previsto dalla legge, visto che dal 2016 le unioni civili sono previste dal nostro ordinamento. Senza scendere in discorsi su presunta omofobia o cose simili, sinceramente ci sembra davvero eccessivo considerare un simile post satirico una diffamazione. E non è in discussione tanto la reazione istintiva del sindaco di San Benedetto quanto la decisione del pm e del tribunale poi di non archiviare la denuncia ma, addirittura, di portare a giudizio l’autore di quel post.
Al di là del caso in questione è evidente che siamo di fronte ad una decisione che non può non preoccupare perché rischia seriamente di spostare, e non di poco, il limite della libertà di espressione, della libertà di pensiero. Non abbiamo mai pensato che un giornalista, un libero cittadino possa scrivere sempre e comunque qualsiasi cosa, che una querela per diffamazione sia a prescindere un attentato alla libertà di espressione. Che, soprattutto per chi fa questo mestiere, è ovvio che sia considerata “sacra”.
Ma libertà di espressione e libertà di pensiero non possono, però, significare libertà di offendere e di diffamare. Per questo riteniamo più che legittimo che chi si sente in qualche modo ingiustamente e immotivatamente accusato di qualcosa che non ritiene di aver commesso o, ancora più, chi si sente oggetto non di critiche ma di offese personali abbia tutto il diritto di tutelarsi. Semmai il problema è che si dovrebbero comunque prevedere delle norme più stringenti, che prevedano delle tutele per chi è querelato senza ragione, solo per una sorta di intimidazione psicologica, per evitare appunto che la querela diventi non un giusto tentativo di tutelare la propria reputazione ma una sorta di mezzo di pressione.
Ma il discorso sarebbe lungo e complesso e non è questa la sede per portarlo avanti. Ci preme invece in questo ambito sottolineare che, fatto salvo il concetto precedentemente espresso, non possiamo non essere perplessi di fronte al fatto che in questo caso si compie un passo ulteriore e si colpisce un campo, quello della satira, che fino ad ora non era quasi mai stato toccato. Il passaggio non è assolutamente da sottovalutare perché se si applicasse ovunque questo metro di giudizio davvero si rischierebbe di porre dei limiti, dei paletti insopportabili e inaccettabili alla satira stessa. Pensiamo alla maggior parte di vignette di un certo tipo che ormai si trovano sulle prime pagine di tutti i principali giornali ma anche ad alcune trasmissioni tv che, secondo questo metro di giudizio, rischierebbero allora di dover chiudere. Ci sembra francamente esagerato.
Tornando al caso di San Benedetto, in realtà le querele erano due, oltre quella per diffamazione c’era anche quella rivolta alla stessa pagina facebook gestita in maniera satirica con l’accusa di “sostituzione di persona”. Che muoveva dal fatto che alcuni utenti di facebook avrebbero creduto che quella era realmente la pagina del primo cittadino. Questa denuncia, però, è stata archiviata e quindi Primavera andrà a processo “solo” per la presunta diffamazione. Un ultimo aspetto a dir poco singolare della vicenda è il fatto che il sindaco di San Benedetto ha presentato la querela non a titolo personale ma a nome dell’ente che rappresenta, cioè il Comune.
Questo significa innanzitutto che le spese legali del procedimento saranno a carico del Comune stesso e , soprattutto, che Piunti evidentemente ha ritenuto quel post e quel fotomontaggio offensivo non per la sua reputazione ma per quella del Comune stesso. “Da un punto di vista giuridico siamo sereni, da quello politico invece riteniamo la situazione abbastanza grave perché si cerca di intimidire e ledere il diritto di critica persino quando satirico” commenta amaramente l’esponente di Rifondazione Comunista. Una preoccupazione che ci sentiamo di condividere pienamente