Sicurezza delle scuole: dopo la paura, la solita indifferenza


Una settimana fa il paradossale panico per una semplice “scossetta”, evidente dimostrazione che operatori scolastici e amministratori sono pienamente consapevoli della precaria situazione delle nostre scuole. Nel dettaglio la situazione di elementari, medie e superiori

E’ trascorsa esattamente una settimana e, passata la paura, come succede sempre nel nostro paese (e ancor più in quel meraviglioso posto che è il capoluogo piceno) il problema della sicurezza delle nostre scuole torna nel dimenticatoio. Eppure proprio mercoledì scorso (14 marzo) era bastata una “scossetta” di magnitudo 3.0 (quasi offensivo parlare di terremoto…) per mandare le scuole cittadine nel panico, al punto da spingere alcune di loro a ritardare l’apertura, lasciando ragazzi (scuole superiori) e bambini e genitori (elementari e medie) per quasi un’ora fuori dalla scuola o in cortile in attesa di verifiche e della decisione se far svolgere regolarmente o meno le lezioni (vedi articolo “Basta una semplice scossetta per mandare in tilt le scuole cittadine”).

Una vicenda per certi versi paradossali, quasi comica, in alcuni casi addirittura ridicola. Impossibile, ad esempio, definire in maniera differente il fatto che in qualche scuola il ritardo dell’apertura è stato giustificato dal fatto che erano in corso verifiche da parte di bidelli e insegnanti, notoriamente particolarmente esperti in materia! Detto che alla fine il panico e la confusione hanno colpito anche gli organi di informazione locale, alcuni dei quali non hanno neppure capito cosa stava accadendo (qualcuno addirittura ha scritto che al Liceo Classico sono stati i ragazzi stessi a rifiutarsi di entrare, cosa assolutamente non veritiera), al di là delle tante situazioni paradossali che si sono verificate non bisogna certo essere dei geni o avere una particolare intuizione per comprendere le ragioni di questa reazione irrazionale e decisamente esagerata.

Prima del terremoto del 2016 zero interventi per la sicurezza

Al di là delle dichiarazioni di facciata, al di là di un’ostentata tranquillità immotivata, tutti gli operatori scolastici, così come i nostri amministratori, sanno perfettamente quanto precaria sia la situazione delle nostre scuole. Di certo fino a quel fatidico 24 agosto 2016 colpevolmente le nostre amministrazioni hanno non sottovalutato ma addirittura del tutto ignorato quella che invece dovrebbe essere una priorità assoluta, la sicurezza delle scuole. Come dimostra il fatto che né il Comune né la Provincia (la precedente amministrazione provinciale guidata dal presidente Celani) si erano preoccupati di effettuare le verifiche di vulnerabilità sismica che per legge andavano fatto entro fine 2013.

Per onestà è giusto riconoscere che erano in buona compagnia, nel senso che nella stessa situazione c’erano tante altre amministrazioni locali. Poi l’interminabile emergenza sismica ha messo tutti di fronte all’evidenza della fragilità delle nostre scuole, delle precarie (quasi inesistenti) condizioni di sicurezza in cui versano. Una dimostrazione imbarazzante e preoccupante, considerato che la nostra città non era certo nell’epicentro del sisma e, sostanzialmente, era anche abbastanza distante. Eppure i danni alle scuole sono stati ingenti, con istituti chiusi per settimane per porre tamponare e sistemare i troppi danni subiti, un paio di scuole addirittura che sono state definitivamente chiuse perché considerate inagibili e, nel complesso, milioni e milioni di euro di danni.

Di fronte ad una simile grave situazione, la reazione dei due enti che hanno competenza sulle scuole (Provincia e Ascoli) è stata in entrambi i casi non adeguata e assolutamente insufficiente, anche se con sostanziali differenze e con un diverso grado di interesse e la volontà quanto meno di provare a fare qualcosa. Praticamente entrambe partivano da zero, il Comune aveva effettuato prima del terremoto un’unica verifica di vulnerabilità sismica sulla scuola Luciani. Che, però, aveva dato un risultato sconfortante (sottovalutato e ignorato dal sindaco e dell’amministrazione comunale anche dopo il terremoto) e che, oltretutto, dopo quella serie infinita di scosse, a differenza di quello che ha sempre sostenuto il sindaco Castelli in aperto contrasto con il parere di tutti gli esperti in materia (chissà, forse il primo cittadino farebbe bene a leggere il libro di Roberto Burioni “La congiura dei somari”…), non poteva più essere considerata attendibile.

In ogni caso il problema delle verifiche delle scuole è prepotentemente tornato a galla nel periodo del terremoto e uno dei tanti decreti post sisma ha stabilito che Comuni e Province sono obbligati ad effettuarle in tutti gli edifici scolastici entro giugno 2018. Entrambi gli enti ascolani, in realtà, inizialmente sembravano realmente convinti ad agire con celerità. La Provincia nel maggio 2017 ha pubblicato la manifestazione di interesse per formare un elenco di professionisti a cui affidare gli incarichi di vulnerabilità sismica degli edifici scolastici e stesso procedimento ha avviato il Comune il 1 giugno 2017.

L’incomprensibile immobilismo del Comune

Il problema, però, è che mentre la Provincia in questi 10 mesi ha praticamente concluso tutto l’iter (cioè ha formato la graduatoria, ha affidato gli incarichi e ha praticamente tutti i risultati), l’amministrazione comunale in 9 mesi (è partita un mese dopo) è rimasta al palo, si è fermata a quella manifestazione di interesse senza fare nessun passo avanti. Una lentezza esasperante e inspiegabile, sarebbe comprensibile se ancora il Comune non avesse tutti i risultati perché le scuole di sue competenze sono in numero decisamente maggiore rispetto alla Provincia.

Ma non ci sono scuse che reggono per il fatto che, a circa due mesi dalla scadenza fissata per decreto (giugno 2018), il Comune ancora non ha affidato neppure un incarico. Nelle ore successive alla “scossetta” di mercoledì 14 marzo un quotidiano locale ci ha fatto sapere che “l’Arengo ha in programma una tabella di marcia. L’amministrazione sta ultimando le pratiche per le istruttorie per affidare gli incarichi”. Ovviamente dall’amministrazione comunale non è arrivata alcuna smentita ma neppure alcuna conferma di quanto riportato da quel quotidiano. Che, se davvero corrispondesse a realtà, dovrebbe determinare l’immediato commissariamento del Comune per palese incapacità.

Perché se dopo 9 mesi non si è neppure riusciti ad ultimare le pratiche per le istruttorie, allora è evidente che non si è in grado di adempiere al proprio compito in maniera adeguata. A meno che non siano arrivate decine di migliaia di manifestazioni di interesse… Al di là di tutto, però, il dato di fatto inconfutabile è che il Comune in tutto questo tempo non è stato in grado di effettuare le verifiche neppure in un istituto scolastico. Considerando che c’è più che un sospetto che la maggior parte degli edifici scolastici comunali abbiano un indice di rischio assolutamente inadeguato, si capisce meglio perché la “scossetta” di mercoledì scorso abbia creato il panico. Anche negli istituti di competenza provinciale, dove invece siamo decisamente avanti rispetto alle scuole comunali. E di questo è giusto dar merito all’attuale amministrazione provinciale che, almeno ha fatto quello che gli era stato imposto da quel decreto.

Dati sconfortanti per le scuole superiori

Il problema, però, è che i risultati di quelle verifiche sono stati sconfortanti per tutte le scuole provinciali. I primi risultati hanno evidenziato la situazione sconfortante del Liceo Classico “F. Stabili” (indice di rischio 0,3), quella se possibile peggiore del Liceo Artistico “O. Licini” (o,278). Poi piano piano sono arrivati quelli disastrosi dell’Ipsia  Sacconi-Ceci di via Cagliari (addirittura 0,1), dell’Umberto I (0,383), mentre per quanto riguarda l’istituto Ceci in via Faleria nessuno dei 3 fabbricati raggiunge neppure lo 0,3. Mancano i dati relativi all’Istituto industriale “Fermi”, mentre per quanto riguarda il Liceo Scientifico “Orsini”, l’Ipsia Sacconi-Ceci di via Angelini e l’Istituto Agrario Ulpiani pur non essendo stati ancora comunicati i dati ufficiali si sa che tutti sono ampiamente sotto lo 0,6.

Che, in realtà, rappresenta il limite dopo il quale il rischio è comunque minore ma è certo sinonimo di assoluta sicurezza. Solo gli edifici con rischio sismico pari ad 1 o più possono essere considerati realmente e completamente sicuri. Quindi è del tutto evidente che la situazione delle scuole provinciali è più che preoccupante. E, dati i meriti alla Provincia per aver almeno fatto qualcosa in più rispetto all’inaccettabile immobilismo del Comune, resta comunque il problema che i tempi per mettere in sicurezza quelle scuole sono comunque molto lunghi (le situazioni più rapide dovrebbero riguardare Liceo Classico e Liceo Artistico, nel giro di un anno – un anno e mezzo). Nel frattempo, però, i nostri ragazzi continuano a frequentare scuole che (nel caso della Provincia) sappiamo non essere per nulla sicura, anzi fragilissime, o di cui non conosciamo la reale situazione (nel caso del Comune), pur avendo la quasi certezza della loro assoluta inadeguatezza.

Un paese che solo il 3,5% di edifici scolastici sicuri dal punto di vista sismico è un paese incivile – commenta amaramente l’ex sindaco di Appignano e professoressa del Liceo Scientifico Orsini Nazzarena Agostini – le scuole di Ascoli risultano ben sotto la soglia di sicurezza e non è pensabile mettere a rischio l’incolumità dei ragazzi sperando che non accada nulla fino agli interventi risolutivi. Non è Sant’Emidio a doverci salvare ma una politica consapevole che, alla prova dei fatti, ha dimostrato tutta la sua insufficienza”.

Proprio Appignano ha dimostrato che, se c’è la volontà e la sicurezza delle scuole è realmente considerata una priorità, si può tranquillamente intervenire e assicurare la sicurezza dei nostri ragazzi (e del personale scolastico). Purtroppo, però, nel capoluogo piceno si continua ad affidarsi esclusivamente a Sant’Emidio…

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