Episodi come quelli di Macerata possono spostare non pochi voti. Così politici e media fanno a gara a strumentalizzare politicamente l’accaduto, facendo passare in secondo piano gli aspetti più rilevanti di questi tragici eventi
La 18enne Pamela Mastropietro è morta (saranno gli esami tossicologici a spiegarci se per overdose o perché uccisa) e poi è stata fatta a pezzi. Mahmadou Toure (29 anni), Kofi Wilson (21 anni), Festus Omagbon (33 anni), Gideon Azeke (27 anni), Omar Fadera (23 anni) e Jennifer Otiotio (25 anni) hanno rischiato di morire ma sono stati fortunati e sono stati solo feriti, più o meno gravemente. Questi sono i nomi delle vittime di quella che è stata una delle settimane più orribili per la nostra regione.
Esseri umani la cui drammatica storia è finita in secondo piano, quasi dimenticata, nel vortice di follia, demagogia, razzismo, isteria collettiva che si è scatenato intorno a questi tragici accadimenti. Già solo il fatto che le due vicende siano strettamente legate l’una all’altra è qualcosa di assolutamente folle che dovrebbe farci riflettere, che dovrebbe indurci a pensare che è arrivato il momento di fermarsi, prima che sia troppo tardi, che la situazione degeneri ulteriormente. E’ inutile fare gli ipocriti e girare intorno al problema, la cronaca nera del nostro paese ormai da tempo con disarmante puntualità ci racconta episodi particolarmente cruenti, ben oltre il limite della follia. Ma la reazione dell’opinione pubblica cambia in base a chi commette il crimine e a chi sono le vittime.
Quando nel marzo scorso il 23enne romano Luca Varani fu barbaramente torturato per ore e poi ucciso da due universitari trentenni fuori corso (imbottiti di cocaina) non ci fu particolare sdegno né tanto meno a qualcuno venne in mente di vendicarsi cercando di fare strage tra universitari fuori corso e “cocainomani”. Qualcosa di analogo a quanto accaduto alla povera Pamela era avvenuto ad agosto a Roma dove una donna era stata uccisa, fatta a pezzi e i resti gettati nel cassonetto. Ma il carnefice era un 62enne romano e la notizia era passata quasi inosservata. E’ cronaca di queste ore l’orrendo omicidio della 19enne milanese Jessica ad opera di un 39enne milanese.
Eppure oggi questa notizia sui quotidiani la trovate in decima-undicesima pagina, nella migliore delle ipotesi con un piccolissimo richiamo in prima pagina. Non è l’efferatezza del crimine, non è la storia drammatica delle vittime, le angosce e la disperazione dei suoi familiari a far balzare sulle copertine dei giornali e sui titoli dei notiziari delle tv una notizia di cronaca, è il colore della pelle e la nazionalità del carnefice. Se è nero e magari anche extracomunitario allora è tutta un’altra storia, i media sanno perfettamente che l’indignazione e il clamore che genera si amplificano e allora vale la pena di cavalcare la situazione.
Lo abbiamo visto in questi giorni ma esempi del genere ne abbiamo in continuazione, in particolare per quanto riguarda il delicato tema delle violenze sessuali. Per settimane, giustamente, le cronache dei giornali, dei quotidiani on line e delle tv ci hanno raccontato nel dettaglio l’orribile stupro di Rimini, per settimane i social ci hanno trasmesso in maniera inequivocabile la crescente rabbia (più che comprensibile) nei confronti del branco (4 ragazzi di colore) protagonista di un episodio così violento e drammatico, tra le solite invocazioni di un ritorno della pena di morte, delle punizioni più esemplari e terribili per gli autori di quello stupro e il tradizionale “buttate la chiave”.
Al di là di alcuni eccessi, sarebbe quasi da considerare positiva una simile forte reazione. Già, lo sarebbe se fosse davvero determinata dalla considerazione reale della situazione delle vittime, dall’affermazione del principio dell’inviolabilità del corpo di una donna, del diritto di dire no in qualsiasi momento, del non considerare neppure lontanamente come possibili parziali giustificazioni lo stile di vita, il modo di vestire, gli orari e le persone frequentate da parte della vittima. Invece ancora una volta ad analoga (anzi, per certi versi anche più drammatica e cruenta) situazione corrisponde una reazione completamente differente in base a chi è il carnefice (o i carnefici). Non ha avuto le prime pagine dei giornali né i titoli principali dei notiziari tv, non ha provocato il diluvio di reazioni che ha suscitato la vicenda di Rimini, ad esempio, quanto accaduto a Melito di Porto Salvo.
Dove una ragazzina minorenne per anni è stata umiliata, violentata, ricattata, minacciata e ignobilmente abusata da una decisa di “ragazzi bene” del paese. Una vicenda orribile che però non ha avuto le copertine, che non ha provocato un eguale indignazione, che non ha scatenato la tradizionale pioggia di commenti “forti” sui social. Anzi, alcuni di quei giornali che per i 4 “mostri” di Rimini invocava l’ergastolo e quanto di peggio potesse accadere, ha speso fiumi di inchiostro per sviscerare lo stile di vita, definito troppo spregiudicato (e poi quel modo di vestire così provocatorio per una ragazzina…), di quella minorenne.
E alcuni di quelli che, dopo Rimini, invocavano pena di morte o, nella migliore delle ipotesi, castrazione chimica e carcere a vita, in questo caso si preoccupano per il futuro di quei giovani “mostri”, che meritano si una punizione ma non possono certo per questo vedere rovinata la propria vita. E’ inutile fingere che non sia così, le vicende di Macerata hanno semplicemente riprodotto (e per certi versi amplificato) una degenerazione che ormai esiste da tempo nel nostro paese. Fateci caso, quanto accaduto nei giorni scorsi a Macerata meriterebbe approfondimenti sotto diversi punti di vista, ci sarebbero tanti aspetti e tante tematiche di assoluto rilievo da analizzare. Invece si è ridotto il tutto a parlare del presunto problema degli immigrati “brutti, sporchi e cattivi” e delle possibili (in questo caso drammaticamente reali) reazioni che tutto ciò può provocare in determinati ambienti.
Non una parola, invece, sul fatto che il dramma di Pamela ha riportato a galla un problema che illusoriamente qualcuno riteneva superato (e quindi sottovalutato), cioè quello della diffusione delle droghe pesanti (eroina) tra i giovanissimi (266 morti per overdose nel 2016 e una stima che parla di quasi mezzo milione di consumatori, in grande maggioranza giovanissimi). E legato ad esso quello del mercato sempre più florido dello spaccio, in mano alle organizzazioni mafiose non solo italiane, e quello della gestione del recupero dei tossicodipendenti, delle cosiddette comunità su cui ci sarebbe moto da dire e molto da approfondire.
Ma anche e soprattutto nulla sul fatto che, dai racconti e dalle testimonianze raccolte in questi giorni, emerge un quadro sconcertante che evidenzia come a Macerata (ma avviene anche in altri luoghi) una zona centrale, nel cuore della città, sia regno praticamente incontrastato dello spaccio e degli spacciatori, con tanto di figure che sembravano esistere solo nei film, come il tassista dello spaccio (rigorosamente italiano). Sarebbe stato e sarebbe interessante capire per quale ragione si verifica una simile anomalia, perché nessuno interviene per mettere fine ad una situazione a dir poco surreale e da tutti conosciuta (almeno da quanto emerge).
Così come sarebbe stato interessante discutere e interrogarci sulle ragioni per cui quel nigeriano era ancora in Italia, non è stato espulso (a chi non capisce e utilizza il tutto a fini di propaganda elettorale ricordiamo che a tal proposito la legge esiste, non spetta certo ai politici farla applicare), ma anche su come sia possibile concedere la possibilità di possedere un’arma ad un soggetto potenzialmente così pericoloso. E, ancora, oltre a scandalizzarci e a indignarci per quanto compiuto da quel nigeriano forse dovremmo anche farlo per il comportamento di quel 45enne operaio italiano che non ha esitato a sfruttare la disperazione di quella povera ragazza per ottenere, in cambio di 50 euro, uno squallido rapporto sessuale in garage.
Tracce di disumanità che non hanno particolari conseguenze penali ma che pure dovrebbero provocare non meno vergogna e indignazione. Perché lo scempio compiuto da quel nigeriano sul corpo privo di vita di Pamela (sempre in attesa di capire come realmente siano andate le cose, se la ragazza romana è morta per overdose o, invece, è stata barbaramente e brutalmente assassinata) è qualcosa di orrendo e di inaccettabile. Ma l’umiliazione e la disperazione di quel rapporto sessuale a pagamento, per una dose di eroina, non è certo meno ripugnante. Non una parola su tutto ciò, così come non una parola abbiamo letto su altre aspetti, a nostro avviso gravissimi e non meno preoccupanti, legati a questa vicenda.
Gli spari contro la sede del Pd, l’ennesima esplosione sul web della cruenta campagna d’odio contro la Boldrini, con il culmine toccato dal disgustoso post con l’immagine della presidente della Camera “sgozzata” sono passati praticamente sotto silenzio, come se non avessero alcuna rilevanza, se fossero qualcosa di fisiologico e di normale. Sono tutti segnali inequivocabili che si è ampiamente superato il limite e che è arrivato il momento di fermarsi un attimo, prima che sia troppi tardi, prima che accada qualcosa di più grave di quanto avvenuto a Macerata (che, pure, non è certo di lieve entità, solo per mera fortuna si è evitata una strage).
Purtroppo, però, le strumentalizzazioni politiche, quando accadono determinati episodi, sono all’ordine del giorno nel nostro paese. E figuriamoci se non doveva accadere la stessa, in forma e in maniera decisamente più amplificata, in piena campagna elettorale, quando (spiace sottolinearlo ma purtroppo è così) episodi come quelli accaduti a Macerata possono spostare non pochi voti. Che, per giunta, sono contesi in entrambi gli schieramenti da più forze, spesso in competizione tra loro. Da una parte, ad esempio, c’è la Lega di Salvini che ha ripudiato il federalismo, l’esaltazione del nord rispetto al sud, per ripiegare su una più conveniente guerra agli immigrati al grido “prima gli italiani (se avesse studiato un po’ di storia il leader della Lega saprebbe che c’è un precedente molto inquietante in proposito…).
Che è lo stesso slogan di Casapound che ha superato, all’estrema destra, Forza Nuova. Che, non a caso, proprio per cercare di recuperare qualche voto e qualche posizione in certi ambienti è il movimento che ha assunto le posizioni più estreme e sconcertanti sui fatti di Macerata, arrivando addirittura a manifestare, in determinate forme, anche una sorta di appoggio a Traini. Non molto differente è la situazione dall’altra parte, a sinistra, dove Pd, Liberi e Uguali, Potere al Popolo e cespuglietti vari sgomitano per dimostrarsi gli unici e i veri paladini dei valori dell’antifascismo (che riteniamo fondamentali e condividiamo senza esitazione ma che troppo spesso vengono sbandierati per mera convenienza). In un simile contesto non potevamo che aspettarci quello che sta accadendo, una gara a chi contribuisce di più a gettare benzina sul fuoco, tra proclami sempre più demagogici e accuse verbali sempre più violente.
Sarebbe sin troppo semplice, in questo contesto, sottolineare e rimarcare i tanti, i troppi interventi inutilmente “a gamba tesa” di politici e commentatori di questa o quella parte. Non lo facciamo perché crediamo che in questa fase non serve continuare a soffiare sul fuoco, perché il rischio di rimanere pesantemente scottati è troppo elevato ma anche perché parlare di argomenti così complessi come tutto ciò che ruota intorno al problema dell’immigrazione (che, come ha sottolineato giustamente Mentana, per tornaconto elettorale è stato trasformato da alcuni politici italiani nel problema degli immigrati) ora sarebbe perfettamente inutile. In tal senso è comprensibile l’appello del sindaco di Macerata Carancini e sarebbe stato anche condivisibile l’intervento del prefetto stesso di Macerata, se solo fosse stato più tempestivo e, soprattutto, se di fatto non avesse generato delle inaccettabili (ancor più in questa fase) differenziazioni.
La manifestazione di ieri di Casapound, ad esempio, si è svolta regolarmente, così come dovrebbe accadere per quella in programma oggi pomeriggio di Foza Nuova. Cigl, Anpi e le altre sigle che avevano annunciato una manifestazione per sabato prossimo hanno subito aderito all’invito del sindaco e del prefetto. Ma ora tutte le altre associazioni e movimenti, anche alla luce di questa evidente discriminazione, sono pronte a sfidare il divieto e a manifestare sabato. Ci mancava solo quest’ulteriore complicazione, come se già non fossimo al limite…