Caos sanità, la Regione dimentica di spendere i fondi per abbattere le liste di attesa
Le Marche tra le 5 Regioni che hanno speso meno del 40% dei fondi erogati dal governo Draghi per abbattere le liste di attesa. Intanto i dati raccolti e pubblicati dall’Agenas dicono che nella nostra regione si effettuano un numero di prestazioni e visite del tutto insufficiente
Da un lato c’è la propaganda, incessante e continua, del governatore marchigiano e dei suoi accoliti che prova a costruire un mondo virtuale nel quale la sanità marchigiana, se non proprio in splendida forma, è comunque in buona salute. Dall’altra ci sono numeri e dati impietosi che, all’unisono, confermano quello che, per altro, gran parte dei cittadini conosce alla perfezione (perché lo sperimenta sulla propria pelle), cioè che nel mondo reale la sanità marchigiana è sempre più in difficolta, sull’orlo del coma irreversibile. Dopo i dati della Corte dei Conti sulla spesa per i privati accreditati (clamorosamente cresciuta rispetto alla precedente amministrazione regionale) e quelli sui tempi di attesa (decisamente peggiorati secondo le ultime rilevazioni ufficiali), nei giorni scorsi sono arrivati degli ulteriori numeri e dati ufficiali che confermano, anzi rafforzano, il quadro sempre più fosco per la sanità marchigiana.
Parliamo, in particolare, dei dati sulle prestazioni specialistiche e sulle visite (prima visita e di controllo) raccolti dall’Agenas (l’agenzia sanitaria nazionale delle regioni) e di quelli relativi alle risorse straordinarie messe a disposizione delle Regioni lo scorso anno, proprio per abbattere le liste di attesa. Si tratta di una parte dei 2 miliardi di euro di aumento del fondo sanitario regionale che, a fine 2021, il ministro della salute Speranza riuscì ad ottenere dal governo Draghi. Di quei fondi straordinari, 500 milioni sono stati suddivisi tra le Regioni proprio per intervenire sulle liste di attesa.
Il problema, però, è che diverse Regioni, tra cui proprio quelle maggiormente in difficoltà e con i tempi di attesa per visite e prestazioni più elevati, hanno speso solo in minima parte i fondi a loro destinati. E, neanche a dirlo, tra le Regioni che hanno fatto peggio (cioè che non hanno speso i fondi ottenuti pur avendone drammaticamente bisogno) c’è proprio le Marche. Secondo i dati ufficiali resi noto nel corso di un’interrogazione parlamentare rivolta al ministro della salute Orazio Schillaci, complessivamente dei 500 milioni di euro stanziati ne sono stati spesi dalle Regioni 335 (quindi il 67%). Un dato nel complesso positivo che, però, è determinato dal fatto che a spendere di più sono state proprio le Regioni più grandi che, quindi, avevano più fondi a disposizione.
Come l’Emilia Romagna e il Piemonte (rispettivamente 37 e 36 milioni) che addirittura hanno speso qualcosa di più di quanto hanno avuto, così come il Friuli. Dietro a loro la Liguria che ha speso interamente quanto ottenuto, poi la Toscana con il 91%, la Lombardia con l’85%, la Basilicata con l’81%, la Puglia con il 66%, l’Umbria con il 62%, Abruzzo, Lazio e Provincia di Trento con il 50%. Sotto quella soglia la nostra regione con appena il 36% dei fondi ottenuti spesi, così come la Campania. Peggio delle Marche solo Valle d’Aosta (32%) Provincia di Bolzano (29%), Sicilia (28%), Sardegna (26%) e Molise con addirittura solamente il 2%. Durissimo in tal senso è stato il richiamo dello stesso ministro Schillaci nei confronti delle Regioni che non hanno utilizzato quei fondi.
Anche perché nel Milleproroghe l’attuale governo ha previsto un nuovo stanziamento straordinario di 388 milioni da destinare alle Regioni sulla base della presentazione di progetti per l’abbattimento delle liste di attesa. E anche in questo caso ci sono Regioni che hanno già presentato il progetto, mentre altre, come le Marche, no. “E’ inaccettabile che ci siano Regioni che hanno già impegnato questi fondi e altre che restano invischiate in ritardi, lungaggini, giri di parole” tuona il ministro Schillaci. E’ ancora più inaccettabile che a non utilizzare quei fondi sia una Regione come le Marche che ha enormi problemi con i tempi di attesa, il cui governatore continua a ripetere che la riduzione delle liste di attesa sono una priorità della sua giunta ma in 2 anni e mezzo non solo non ha fatto nulla, ma addirittura non si degna neppure di spendere i fondi che gli vengono messi a disposizione dal governo proprio per intervenire su quella specifica emergenza.
A tal proposito vale la pena ricordare che, sulla base dell’ultimo rilevamento sui tempi medi di attesa per visite ed esami, il quadro che emerge nella nostra regione è oltremodo inquietante. Infatti per le prestazioni di priorità B (per legge da effettuare entro 10 giorni) si è costantemente sopra i 100 giorni di attesa (con punte di 288 giorni per il test cardiovascolare da sforzo), mentre per le prestazioni di priorità D (30 giorni per visite, 60 per esami) siamo intorno ai 120 giorni (con 240 giorni per una mammografia).
Ma se i tempi di attesa sono così elevati, ben oltre i limiti previsti per legge, è anche e soprattutto perché nelle Marche si effettuano un numero di prestazioni e visite, nella sanità pubblica, del tutto insufficiente, con grave danno per i cittadini e, guarda il caso, per la gioia dei privati a cui sono costretti a rivolgersi un numero sempre maggiore di marchigiani. E’ quanto emerge con chiarezza dai dati racconti e pubblicati nei giorni scorsi dall’Agenas. L’obiettivo dell’analisi dell’Agenas è quello di valutare la domanda (e la conseguente risposta) delle prestazioni di specialistica ambulatoriale dei cittadini nelle varie regioni italiane, mettendo a confronto i dati degli ultimi anni, dal 2019 al 2022 (ovviamente con l’esclusione del 2020, anno fortemente condizionato dal covid).
Il quadro complessivo che emerge è ovviamente di un leggero peggioramento rispetto al 2019 (l’anno precedente la comparsa del covid) ma con una sostanziale e imbarazzante differenza tra le varie regioni, con alcune regioni che addirittura effettuano troppe prestazioni e visite, mentre altre ne effettuano troppe poche. “Se si considera chi effettua meno prestazioni – c’è scritto nel commento al rapporto – è necessario fare un ulteriore distinguo. In certe realtà del sud può esserci effettivamente un’offerta pubblica inferiore al centro nord. Altrove, invece, i dati significano che le persone scelgono il privato. Cioè pagano per evitare attese eccessive e sistemi di prenotazione macchinosi”.
Neanche a farlo apposta quest’ultima considerazione sembra la fotografia di quanto avviene nella nostra regione. Dove, secondo i dati Agenas, in più del 50% delle prestazioni specialistiche e visite analizzate le Marche sono in fondo alla classifica delle varie regioni, con numeri decisamente inferiori alla media nazionale. Addirittura per quanto riguarda l’elettrocardiogramma e visita cardiologica la nostra regione è addirittura all’ultimo posto, con appena 2,2 prestazioni ogni 100 abitanti, rispetto alla media nazionale di 6,75, con l’Emilia Romagna al primo posto con 10,5 prestazioni ogni 100 abitanti.
Da segnalare anche come le visite di controllo, cioè quelle che riguardano persone che hanno già una diagnosi, sono scese di quasi il 20%. Il quadro complessivo è decisamente preoccupante, con dati e numeri che purtroppo sono solamente la conferma di quello che già era ampiamente noto. Con una situazione del genere è davvero grave che Acquaroli e la giunta regionale non abbiano ritenuto opportuno o non siano stati in grado neppure di spende i fondi appositamente stanziati dal governo Draghi per ridurre i tempi di attesa.
C’è da sperare che sia solo incapacità, perché in caso contrario sarebbe l’ennesimo inaccettabile favore fatto ai privati, naturalmente a scapito dei cittadini marchigiani…