Nonostante le ripetute smentite degli ultimi mesi, da tempo si era ampiamente capito che il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi aveva intenzione di sfruttare l’inattesa notorietà ed il consenso acquisiti grazie al post terremoto per provare a fare carriera politica
“Ringrazio chi ha pensato a me ma non ho alcuna intenzione di candidarmi. Sono molto concentrato sulla ricostruzione e sui 16 punti che ho posto al presidente
Gentiloni” (7 luglio 2017).
“Solo chi non mi conosce può credere alla mia candidatura. Se fossi candidato alla presidenza della Regione Lazio lo direi senza problemi. Il fatto è che non mi candido. Poi se gli altri non ci credono non è un problema mio” (18 ottobre 2017). Se dovessimo prendere sul serio le affermazioni fatte, non anni fa, ma rispettivamente 4 e 1 mese fa, dal sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi dovremmo trarre due importanti conclusioni.
La prima, in teoria positiva (a meno che non si voglia pensare che al primo cittadino di Amatrice non frega assolutamente nulla del futuro del suo territorio…), è che la ricostruzione post terremoto di fatto è terminata. Quindi Pirozzi non ha più nulla a cui pensare e può dedicarsi “anima e corpo” alla campagna elettorale, magari ricordandosi ogni giorno di ringraziare il governo che ha è stato così rapido ed efficiente (poco più di un anno per terminare la ricostruzione…). La seconda, invece, piuttosto inquietante, è che Pirozzi non conosce per nulla se stesso, vista la sua candidatura alla presidenza della Regione Lazio. Allora, prima di imbarcarsi in una simile impegnativa avventura, farebbe bene a cercare di conoscere meglio se stesso, capire quale dei vari Pirozzi visti in questi ultimi mesi è quello vero, è quello che preferisce.
Ironia a parte, siamo “maggiorenni e vaccinati” e quindi sappiamo bene che le parole e le promesse dei politici vanno prese con le opportune cautele, che troppo spesso poi i politici stessi fanno l’esatto contrario di quello che hanno promesso (e poi trovano le più svariate e singolari spiegazioni per giustificare la propria inaffidabilità). Per questo ieri (mercoledì 15 novembre) siamo rimasti profondi delusi ma non certo sorpresi dall’annuncio del primo cittadino di Amatrice che ha confermato la sua candidatura (al momento alla guida di una lista civica ma potrebbe diventare presto il candidato almeno di una parte del centrodestra) alle prossime regionali in Lazio.
Già a luglio (ma anche prima che pronunciasse quelle parole) quando abbiamo ascoltato Pirozzi fare determinate affermazioni eravamo sicuri che si sarebbe candidato, l’unico dubbio che avevamo riguardava il tipo di elezione che avrebbe scelto, se le regionali (Lazio) o le politiche. Perché, e questo è il primo fondamentale punto, il sindaco di Amatrice, a differenza di quello che vuole far credere, è un vero e proprio politico, smaliziato e furbo, pronto a sfruttare ogni occasione, anche la più delicata, per guadagnare consenso, così scaltro da saper schivare ogni possibile “impiccio”, ogni situazione nella quale la sua popolarità e quell’aurea di santità che si è sapientemente costruito intorno potrebbe vacillare, abile a far credere a chi lo acclama e lo sostiene che lui è uno del popolo prestato alle istituzioni.
Pirozzi si muove con la scaltrezza e l’abilità tipiche dei politici della Prima Repubblica unite alla capacità di apparire estraneo alla politica stessa e alla prontezza nell’utilizzare a propria vantaggio la rabbia e l’indignazione (in gran parte assolutamente condivisibili) che si scatena in determinate vicende. Ma, dobbiamo ammetterlo, inizialmente anche noi avevamo creduto alla sua “genuinità”, per qualche periodo abbiamo pensato davvero che l’unico suo interesse fosse quello di pensare alla sua gente, al suo territorio, che in tutto ciò non ci fosse alcun secondo fine, alcun tornaconto personale. Ed in tal senso ritenevamo addirittura offensivo nei suoi confronti anche solo l’ipotesi (che già allora qualcuno avanzava) di una sua possibile candidatura, convinti che sarebbe stato indegno e vergognoso pensare di sfruttare la forzata notorietà procurata da quella tragedia per fare carriera politica.
Naturalmente ora sarebbe sin troppo facile, ma assolutamente ingiusto, pensare che sin dall’inizio quello fosse un atteggiamento predeterminato, volutamente impostato, che già allora il primo cittadino laziale aveva programmato tutto. Crediamo (vogliamo crederlo) invece che inizialmente davvero lo spirito che Pirozzi incarnava fosse veritiero, genuino, che quell’impegno e quell’ostinazione con cui ha portato avanti le giuste istanze del suo territorio, della sua gente così duramente colpita (purtroppo anche in termini di vite umane) dal terremoto non nascondessero sin dall’inizio un secondo fine. In realtà già allora alcuni comportamenti del sindaco laziale, alcune decisioni, alcune palesi contraddizioni ci avevano colpito.
Come la sconcertante vicenda delle riprese del film di Sorrentino. “Venite a visitarci ma non fate selfie sulle nostre macerie” concesso a Sorrentino, tra le veementi proteste degli stessi amatriciani, di girare alcune riprese del film su Berlusconi tra le macerie della basilica di San Francesco (“La grande indecenza”), alla faccia della coerenza… Al di là di questo e di altri episodi simili, con il passare del tempo ci hanno colpito ed insospettito alcuni modi di fare di Pirozzi, tipici dei politici più smaliziati e scaltri. Nessuna seria e anche minima autocritica, nessuna volontà quanto meno di chiedersi se e come la sua amministrazione comunale poteva fare di più e meglio per evitare (prevenire) una simile catastrofe, responsabilità per qualsiasi cosa sempre e comunque scaricate su altri.
Eppure di situazioni ambigue ad Amatrice, come sempre accade dopo tragedie simili, ne sono venute a galla diverse. A partire dal ruolo del vicesindaco della sua giunta, il geometra Gianluca Carloni che ha continuato a lavorare nello studio tecnico del fratello, un ingegnere che ha costruito mezza Amatrice. Particolare non indifferente, Carloni non è stato eletto in Consiglio comunale ma è stato scelto come vicesindaco direttamente dallo stesso Pirozzi. Poi nel marzo scorso è stato costretto a dimettersi perché incompatibile sulla base dell’art. 67 quater comma 11 del “decreto Barca” (emesso nel periodo del territorio a L’Aquila, cioè nel 2009…).
Senza dimenticare la sconcertante vicenda della scuola elementare crollata, oggetto poco tempo prima di un finanziamento e di un intervento (parziale) di adeguamento sismico, e dello scandalo delle false residenze, esploso guarda il caso proprio ad Amatrice (e a chi spettava verificare se non all’amministrazione comunale?). Niente, nessuno si è mai neppure azzardato a chiedere qualcosa, a sollevare qualche obiezione a quel sindaco che, con i suoi modi spicci e decisi, imperversava in quei giorni su radio, tv, giornali, web.
Per lungo tempo abbiamo creduto che quelle continue apparizioni, la continua esposizione mediatica di Pirozzi fossero solo un modo per non far dimenticare a nessuno il dramma e le difficoltà che stava vivendo quel territorio, per tenere sempre accesi i fari su un’emergenza che tuttora non è certo finita. Inizialmente probabilmente era così, ora però scopriamo che c’era anche la smisurata ambizione personale, la volontà di sfruttare il palcoscenico così casualmente e drammaticamente ottenuto. In realtà tutto è apparso assolutamente chiaro, il fatto che Pirozzi aveva abbandonato da un po’ i panni del rappresentante del proprio territorio per assumere quelli del politico in cerca di consenso, è diventato evidente con la vicenda degli sms solidali.
Il sindaco di Amatrice (si legge con chiarezza nei verbali delle varie riunioni) era d’accordo con l’idea di Errani sulla destinazione degli stessi, non ha mai detto nulla, anzi, nelle sedi istituzionali in cui poteva esprimere il proprio dissenso ha sempre dato il proprio assenso (“Sms solidali, tanto rumore per nulla”), poi all’improvviso, di fronte alla platea di Atreju (la kermesse organizzata da Fratelli d’Italia) ha sollevato dubbi e illazioni (assolutamente fuori luogo). Era il segnale inequivocabile che la decisione era già ampiamente presa, che ormai da mesi non parlava il primo cittadino amatriciano ma il candidato a caccia di voti.
Così, nonostante la ricostruzione sia ben lungi dall’essere terminata (anzi, non è praticamente neppure iniziata), nonostante la situazione di emergenza nei luoghi più colpiti sostanzialmente non si è così attenuata, il sindaco di Amatrice, smentendo clamorosamente se stesso, ha deciso di dedicarsi ad altro. Uno smacco per tanti cittadini amatriciani (e non solo) che avevano creduto nella sua genuinità…