Come nel romanzo di Tomasi di Lampedusa, in Sicilia resta tutto immutato dietro l’apparente novità della vittoria di Musumeci. Che, però, avrebbe vinto anche 5 anni fa se il centrodestra si fosse presentato unito. E come allora oltre il 50% di siciliani non ha votato
Nuova esilarante pagina di quel surreale teatrino dell’avanspettacolo che è diventata la politica italiana. Lo spunto, ovviamente, è arrivato dalle attese elezioni regionali in Sicilia i cui risultati, ampiamente previsti (almeno da 2 mesi a questa parte perché ad inizio estate l’esito sembrava scontato ma con un altro vincitore), hanno dato il via ad una serie di commenti tipici del deprimente momento (che dura purtroppo da anni) che sta attraversando il sistema politico italiano.
A leggere non solo i tanti post sui social ma anche e soprattutto le analisi di pseudo esperti ed esponenti politici sembra di esser al “Bar dello sport”, dove gli ultras più accecati del calcio si confrontano senza minimamente tener conto della realtà dei fatti. Che, pure, in questo caso è cosi spudoratamente evidente e chiara per chi ha voglia di andare oltre gli slogan da ultras di parte. E, allora, partiamo innanzitutto dai dati più inequivocabili. Che sono indiscutibilmente due: ha vinto il centrodestra unito che ha appoggiato Nello Musumeci, ha perso tutto il centrosinistra, dal Pd ai vari cespugli di sinistra.
Su questi due dati credo che non ci sia neppure da discutere, anche se poi ad un’analisi un po’ più seria e approfondita emergono aspetti assolutamente differenti da quelli che invece si stanno evidenziando in queste ore. Un altro dato assolutamente indiscutibile, anch’esso da analizzare attentamente, è la bassissima affluenza (inferiore al 50%), aspetto questo che addirittura si ritrova amplificando anche ad Ostia dove ha votato appena un terzo degli aventi diritto.
Più complessa è, invece, l’analisi del voto relativo al Movimento 5 Stelle che si conferma primo partito dell’isola ma non avanza e, soprattutto, non ottiene quel successo su cui puntava in maniera palese Grillo (e che fino ad un paio di mesi fa sembrava certo). Lo aveva ribadito nei giorni scorsi quanto fosse importante vincere in Sicilia, al punto da tentare di trasformare il voto in una sorta di improbabile referendum tra chi ha voglia di cambiare (e ovviamente avrebbe dovuto votare M5S) e tutti gli altri. Quello che maggiormente ci stupisce è che nessuno degli arguti e attenti osservatori ha evidenziato, però, quello che ci appare l’aspetto più rilevante che emerge da queste elezioni, cioè il fatto che in realtà rispetto a 5 anni fa cambia molto poco, quasi nulla.
Rispetto al 2012, quando per altro aveva votato praticamente la stessa basse percentuale di siciliani (47%), sostanzialmente il centro destra conferma la stessa percentuale. Allora Musumeci non aveva vinto, ottenendo solamente il 25,7%, esclusivamente perché un pezzo del centrodestra, quello vicino ai movimenti autonomisti del territorio, si era dissociato, schierandosi con Giovanni Miccichè (uomo della galassia di Forza Italia) che aveva ottenuto più del 15%. Ora Miccichè è rientrato all’ovile e con lui tutti i movimenti che 5 anni fa l’avevano sostenuto. Unito già nel 2012 il centrodestra avrebbe vinto a mani basse, superando il 41%. Stavolta si è fermato poco sotto il 40% (almeno per quanto riguarda il candidato perché sommando i voti delle liste che appoggiano Musumeci si supera il 41%) ed ha superato piuttosto nettamente il Movimento 5 Stelle.
Riuscendo, tra l’altro, ad ottenere una sia pure risicata maggioranza con 36 seggi sui 70 disponibili. Non c’è, quindi, bisogno di nessun appoggio o aiuto esterno, Musumeci e il centrodestra possono governare autonomamente, a patto di non perdere per strada alcun pezzo (visto il vantaggio di seggi risicato rispetto alle opposizioni). Discorso in un certo senso simile si può fare anche per il Pd che sostanzialmente ottiene, come lista, gli stessi voti ottenuti nel 2012 (13% rispetto al 13,4% di allora).
A fare la differenza allora e a determinare la vittoria di Crocetta (che complessivamente ottenne il 30%) fu l’11% dell’Udc che all’epoca appoggiava unito e compatto Crocetta stesso, appoggiato anche da una lista civica che ottenne intorno al 6%. Questa volta l’Udc di allora si è praticamente spaccato, con una parte che ha appoggiato Musumeci (portando in dote un buonissimo 7%) e la parte facente capo ad Alfano (Alternativa popolare) che invece si è schierata con Micari, contribuendo però con un modesto 4,2%.
Restando al Pd va sottolineato come, considerando la lista civica Sicilia Futura che ha ottenuto il 6%, sostanzialmente conferma i voti delle politiche 2013 quando ottenne poco più del 18%. Se, infatti, è vero che è sempre difficile attribuire con certezza alle politiche i voti delle liste civiche, è altrettanto verosimile che buona parte di quei voti e dell’altra lista civica (che ha ottenuto il 2,2%) alle politiche possano confluire nel Pd. Questo, naturalmente, non può certo rendere meno amaro per Renzi e il suo partito il risultato elettorale, soprattutto in ottica delle prossime elezioni politiche di primavera.
Perché con una simile percentuale il Pd è praticamente tagliato fuori dalla sfida per l’assegnazione dei collegi uninominali in Sicilia. Non solo, con gli attuali risultati anche se si alleasse (cosa tutt’altro che scontata) con il resto della sinistra non avrebbe possibilità di competere con il centrodestra unito e il Movimento 5 Stelle. In quest’ottica deve far ancor più riflettere Renzi e i suoi il fatto che il loro candidato (Vicari) si ferma al 18,7%, quasi 7 punti in meno rispetto alla somma dei voti delle liste che lo appoggiano. La scelta del candidato, soprattutto in quei collegi uninominali dove sulla carta le differenze tra i tre schieramenti sono minime, sarà fondamentale e i risultati siciliani dimostrano che in questo caso il Pd e i suoi alleati hanno “toppato” alla grande.
Discorso totalmente inverso, invece, per il Movimento 5 Stelle il cui candidato presidente, Giancarlo Cancellieri, conquista ben l’8% in più (oltre 200 mila voti in più) rispetto al suo partito che si ferma al 26,7%. Di fronte a quello che, dopo le elezioni politiche del 2013, si è confermato in Sicilia il primo partito sarebbe ovviamente esagerato parlare di risultato deludente. Ma al di là dei proclami ad effetto per rincuorare lo “zoccolo duro” del Movimento (atteggiamento tipico dei partiti della Prima e della Seconda Repubblica…), è evidente che c’è delusione perché si puntava tantissimo su una vittoria in Sicilia che fino a poco tempo fa non sembrava neppure in discussione.
E le reazioni scomposte di queste ore (in linea con quelle degli ultimi giorni di campagna elettorale quando già si subodorava la beffa), con la patetica denuncia di possibili brogli e la ridicola richiesta di riconteggio dei voti (c’è una differenza di oltre 100 mila voti tra i due candidati…), ne sono la più palese dimostrazione. Rispetto alle elezioni politiche del 2013, tra l’altro, il Movimento 5 Stelle perde quasi l’8%, un dato che dovrebbe far riflettere i vertici del Movimento che, invece, preferiscono nascondersi dietro un improbabile confronto con le regionali del 2012 (quando il fenomeno 5 Stelle era ancora agli arbori). Nulla di nuovo e nulla di particolarmente sorprendente, nella storia politica italiana il giochetto di fare in confronto con le elezioni più convenienti è ampiamente inflazionato, dai tempi della DC e del Psi.
Il problema che simili comportamenti, se comunque vengono accolti e sostenuti con favore dai propri “ultras”, inevitabilmente finiscono per convincere sempre più quella larga schiera di delusi dalla politica italiana che il Movimento 5 Stelle non è poi così diverso da tutti gli altri partiti (e l’indecorosa pantomima di Di Maio sul confronto tv con Renzi agli occhi di molti non fa che accentuare questa convinzione). Su questo e sul fatto che l’alta percentuale di delusi, di coloro che non si recano alle urne perché convinti che chiunque vinca cambi poco o nulla, dovrebbe riflettere il Movimento 5 Stelle se davvero vuole provare a vincere le prossime elezioni politiche.
Più in generale il fatto che oltre il 50% dei siciliani non ha votato (come già 5 anni fa) è un dato impressionante, una sconfitta pesante per tutti i partiti e tutti gli schieramenti.