Via da scuola solo se accompagnati, un obbligo difficile da superare
Nonostante le polemiche e le solite strumentalizzazioni al momento non c’è alcuna possibilità per le scuole di comportarsi in maniera differente, visto le norme in vigore che si occupano della tutela dei minori e della loro incolumità
Da un paio di settimane è uno dei principali argomenti di discussione. Parliamo dei bambini che tornano a casa da soli alle medie e che ora, dopo la sentenza della Cassazione su una vicenda di 15 anni fa a Firenze, non possono farlo più.
Siamo di fronte alla solita storia tipicamente italiana nella quale si fondono una serie di elementi, la tradizionale sottovalutazione delle norme esistenti, una buona dose di superficialità da parte di chi dovrebbe preoccuparsi di far rispettare quelle norme o, in alternativa, dovrebbe spendersi e preoccuparsi di cambiarle. E, poi, la solita ignoranza (intesa come mancanza di conoscenza) di chi commenta e si inalbera senza minimamente conoscere i termini della questione, la speculazione a piene mani che anche una vicenda come questa scatena. Allora il modo migliore per approcciare la questione, prima ancora di capire se e cose è meglio per i ragazzi stessi, è quello di stabilire quali sono i termini della questione.
Partendo dal fatto che ci sono norme nazionali che, pur dimenticate, da sempre si occupano della tutela dei minori e della loro incolumità, anche nel momento in cui escono da scuola. In particolare l’art. 591 del codice penale recita testualmente “chiunque abbandona una persona minore degli anni 14 e della quale abbia la custodia o debba avere cura è punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni”. Lo stesso articolo specifica, per spiegare perché 14 anni e non anche fino a 16 anni, che per i minori di 14 anni è prevista una presunzione assoluta di incapacità.
Al di là di ciò che si possa pensare della norma in questione (sicuramente da rivedere almeno in parte), è del tutto evidente che la norma stessa non lascia spazio ad interpretazioni diverse. In altre parole in base all’591 del codice penale non è in alcun modo possibile che la scuola media possa consentire ad un ragazzo di tornare da solo a casa, senza consegnarlo ad un adulto. E non lo sarebbe, per sgombrare subito il campo da possibili equivoci, neppure nel caso i genitori firmassero una liberatoria per sollevare la scuola stessa da ogni responsabilità.
Secondo la legge, infatti, il minore di 14 anni è considerato “incapace” e quindi la sua sicurezza non può essere considerato un bene giuridicamente disponibile, né da parte dei genitori né da parte del personale scolastico. Naturalmente le norme di riferimento non esistono da oggi, ci sono sempre state solo che, come avviene sempre in questo paese, praticamente nessuno se ne è preoccupato e l’abitudine di consentire ai ragazzini delle medie di tornare a casa da soli di fatto ha preso piede senza che nessuno si ponesse il problema se ciò fosse legittimo (che è cosa diversa dal considerarlo giusto per la loro crescita e maturazione).
Ancora una volta a riportare il problema sul tavolo è stata una sentenza, quella con la quale la Cassazione ha condannato il preside e il docente dell’ultima ora di una scuola media di Firenze per la morte di un ragazzino di 11 anni. La vicenda risale a 15 anni quando lo sfortunato ragazzino morì dopo essere stato investito da un autobus mentre tornava a casa da solo dopo essere uscito da scuola.
La Cassazione ha stabilito che il coinvolgimento di un minore in un incidente fuori dal perimetro scolastico non esclude la responsabilità della scuola. Nel caso specifico, tra l’altro, c’era anche una precisa disposizione del Regolamento d’istituto ma sia la Cassazione che, successivamente, il ministero hanno sottolineato che la responsabilità della scuola sussiste in ogni caso, anche in mancanza di un regolamento specifico, perché discende dalle norme attualmente in vigore sulla tutela del minore. Inevitabilmente la sentenza ha prodotto una reazione da parte di un gran numero di scuole medie dove sono comparsi regolamenti che impongono la riconsegna dei ragazzi nelle mani di un adulto, con tanto di comunicazione ai genitori della nuova imposizione.
Altrettanto immediatamente in molte di quelle scuole sono divampate le polemiche, con le proteste dei genitori. Alcuni dirigenti scolastici hanno quindi deciso di scrivere una lettera appello al governo, al Parlamento e la ministra per chiedere una sorta di liberatoria. Ma il Miur e la stessa ministra Fedeli hanno ribadito (e non avrebbero potuto fare altro) che esiste una legge in proposito che non transige e che deve essere rispettata. D’altra parte non potrebbe e non può essere altrimenti, né potrebbe esistere o avere fondamento un’eventuale sorta di “dispensa” ministeriale per i dirigenti scolastici e per le scuole.
Un simile provvedimento non avrebbe alcun valore giuridico e non sanerebbe in alcun modo la situazione perché poi, qualora dovesse accadere qualche disgrazia ad un alunno delle media che torna a casa da solo, il dirigente scolastico e il docente dell’ultima ora sarebbero inevitabilmente esposti alla denuncia della famiglia per non aver rispettato la legge. E’ bene comprendere il senso della questione, una cosa è sostenere che una simile anacronistica imposizione non aiuta alla crescita, alla maturazione e all’acquisizione di una certa indipendenza del minore, altra cosa è perdersi in inutili e improponibili polemiche e speculazioni.
Perché dovrebbe essere chiaro a tutti il concetto che, in un paese civile, le norme si rispettano. Poi se, come in questo caso, per qualche ragione si ritengono superate o non opportune si ragiona e si discute su come cambiarle o migliorarle. Cosa che in questo caso non è molto facile fare, almeno a breve. Perché, come abbiamo detto, non sarebbe sufficiente né una sorta di dispensa ministeriale per le scuole né eventuali liberatorie da parte dei genitori. Né l’una né le altre, infatti, metterebbero al sicuro le scuole che resterebbero esposte alla possibilità di essere denunciate, senza grandi speranze di potersi difendere, in caso di incidente del minore.
L’unica soluzione possibile, comunque non semplicissima, è l’approvazione di una legge o di norme specifiche. In tal senso, proprio per cercare di velocizzare i tempi, oggi (martedì 31 ottobre) in Senato è stato depositato un emendamento da inserire nella legge di bilancio denominato salva adolescenti per consentire loro di tornare da soli a casa da scuola anche se non ancora 14enni. Il problema è che c’è il concreto rischio che l’emendamento stesso sia dichiarato inammissibile, visto che la questione scolastica poco o nulla ha a che fare con i temi dibattuti in manovra. In tal caso la responsabile scuola del Pd Simona Malpezzi, che ha predisposto l’emendamento, è pronta a trasformarlo in una proposta di legge da far approvare, il più rapidamente possibile alla Camera e alla Senato.
La norma si compone di un unico articolo con due commi. Nel primo si prevede che “i genitori esercenti la responsabilità dei minori di 14 anni, in considerazione dell’età, del grado di autonomia, del contesto specifico, nell’ambito di autoresponsabilizzazione possono autorizzare le istituzioni del sistema nazionale di istruzione a consentire l’uscita autonoma dei minori dai locali scolastici al termine dell’orario delle lezioni”. Nel secondo comma si stabilisce che tale autorizzazione “esonera il personale scolastico dalla responsabilità connessa all’obbligo di vigilanza”.
Se l’emendamento dovesse davvero essere dichiarato inammissibile, i tempi per l’approvazione nei due rami del Parlamento della nuova norma sarebbero strettissimi. Il fatto che tutte le forze politiche sarebbero comunque favorevoli sicuramente aiuterebbe e rendere possibile una sorta di corsa di tempo. Resta in ogni caso che anche una simile norma, per come è stata strutturata, potrebbe non essere sufficiente. In ogni caso fino alla sua approvazione e alla sua applicazione si può anche discutere.
Ma resta il fatto che le norme attuali non consentono alle scuole di comportarsi in maniera differente.