La scuola ai tempi del Tar
Bocciature praticamente vietate per il Tar: per quello del Friuli perché il padre del ragazzo non sapeva dei brutti voti, per quello delle Marche anche se lo studente viene scoperto a copiare dal cellulare durante l’esame di maturità o se a chiederlo sono addirittura i genitori
Copiare impunemente all’esame di maturità dal cellulare si può. Bocciare un ragazzo che va male a scuola ma che non è stato particolarmente seguito anche dal padre (oltre che dalla madre), che quindi non era pienamente a conoscenza della situazione del figlio, invece non si può. Così come non si può chiedere la bocciatura del proprio figlio che non si ritiene pronto, anzi che si sospetta che possa subire un trauma nel passaggio in una classe superiore.
E’ una scuola schizofrenica e totalmente inaffidabile, assolutamente lontana da “quella maestra di vita” che teorizzavano i classici, quella che viene delineata e disegnata dalle sconfortanti sentenze dei vari Tribunali amministrativi regionali (Tar). Ad onor del vero è giusto sottolineare che da un po’ di tempo a questa parte non è solo in campo scolastico che il Tar si contraddistingue con sentenze che hanno la stessa credibilità che può avere una barzelletta, con pronunce che spesso rasentano davvero la comicità, se solo non fossero in discussione argomenti e tematiche terribilmente serie. Ma negli ultimi mesi i vari tribunali amministrativi sembrano averci preso gusto ad intervenire a “gamba tesa” sul mondo della scuola. E, a distinguersi in maniera particolare, grazie ad un paio di sentenze a dir poco discutibili è stato proprio il Tar delle Marche.
Dopo quella di settembre sul ragazzo bocciato all’esame di maturità perché scoperto a copiare, nei giorni scorsi è arrivata la decisione su una vicenda ancor più complessa, perché in questo caso erano i genitori di una bimba di 7 anni di Civitanova Marche a chiedere al Tar (che ha respinto la richiesta) di annullare la promozione della propria figlia in seconda elementare. Quei genitori avevano notato un deficit di apprendimento e comportamentale della figlia e avevano chiesto più volte alla scuola di farle ripetere la prima elementare in quanto, secondo i propri consulenti, se la piccola fosse stata costretta a frequentare la seconda elementare senza averne gli strumenti di base sarebbe andata incontro a “una regressione psichica e comportamentale”.
La scuola non ha voluto ascoltare e confrontarsi con i genitori che hanno provato a rivolgersi al Tar. Che, però, deve avere una sorta di allergia alla parola “bocciatura”, almeno a giudicare da alcune delle ultime sentenze. Come quella davvero sconcertante del Tar Friuli che ha annullato la bocciatura di uno studente di seconda media, che così può iscriversi alla terza media, perché la scuola aveva informato dei brutti voti ricevuti solo la madre e non il padre. La vicenda si è svolta a Gorizia e vede protagonista un ragazzo con genitori separati. Secondo il Tar l’Istituto Gorizia 1 “ha violato le precise indicazioni contenute nella circolare ministeriale n. 5336/2015 volta a tutelare la bigenitorialità in ambito scolastico”.
Il ragazzo andava male ma, secondo il Tar, la scuola, pur sapendo che per il ragazzo stesso era stato disposto l’affidamento congiunto ad entrambi i genitori, si era relazionata esclusivamente con la madre. Il Tar ha evidenziato come “il comportamento omissivo della scuola ha impedito al padre dello studente, ove tempestivamente informato della situazione scolastica del figlio, di adottare una serie di rimedi, come accaduto l’anno precedente, concluso con esito più che positivo”. Il ragazzo, infatti, l’anno precedente era in una scuola di Trieste ed era stato seguito dal padre, evidenziando buone capacità di recupero.
“La scuola – scrivono i giudici – era consapevole delle difficoltà che il ragazzo incontrava in dipendenza dalla difficile separazione dei genitori, sfociata in una situazione fortemente conflittuale tra i coniugi”. Il ragazzo era stato bocciato in quanto “la sua situazione è peggiorata nel corso dell’anno poiché ha manifestato poco impegno, scarso interesse e atteggiamenti poco collaborativi e, nonostante gli interventi mirati degli insegnanti, non si è mostrato disponibile a concretizzare positivamente con risultati adeguati, aggravando la sua posizione con reiterate assenze”. In altre parole secondo il Tar se il padre (che poi ha presentato il ricorso al Tar stesso) fosse intervenuto il ragazzo avrebbe potuto recuperare.
Ma, al di là del fatto che in realtà la circolare 5336/2015 fornisce delle indicazioni e dei suggerimenti, il Tar si è chiesto per quale ragione il padre non si sia minimamente interessato della situazione del figlio? Sapeva bene, visto cosa era accaduto l’anno precedente, che il figlio aveva bisogno del suo aiuto e della sua presenza, invece non si è neppure preoccupato di informarsi sul suo andamento scolastico, salvo poi presentare ricorso una volta appreso della sua bocciatura. La scuola ha avuto un comportamento omissivo? Può darsi, ma non è certo stato da meno il padre. Ma per il Tar del Friuli questo non conta, così come per il Tar Marche non conta che uno studente sia stato scoperto a copiare durante la prova di matematica dell’esame di maturità.
Quello studente, che, con una decisione che a tutti era apparsa inevitabilmente, era stato espulso dall’esame stesso (e quindi bocciato), è stato invece riammesso dal Tar che ha imposto alla scuola (Liceo Scientifico di Ascoli) e alla commissione di esame di fargli proseguire l’esame (a settembre). Una decisione ancora più difficile da comprendere perché, di fatto, significa far passare il messaggio che in fondo non è poi cosa così grave copiare a scuola, che basta un rimbrotto, un buffetto per sistemare tutto. Un messaggio assolutamente anti educativo, tipico del “paese dei furbetti”, ancora più grave perché viene trasmesso non solo dal Tar ma anche da un’insegnante, visto che la madre di quel ragazzo è professoressa di quella stessa scuola. Che, immaginiamo, non potrà certo avere più il coraggio di dire ai propri alunni di non copiare, visto l’accaduto non avrebbe (ma non solo lei) la necessaria credibilità.
Alla luce di tutte queste paradossali vicende verrebbe da dire che non è poi così vero quello che da un po’ si sosteneva, cioè che è sempre più difficile per i docenti bocciare un alunno viste le pressioni e le ingerenze dei genitori. Verrebbe quasi da pensare che, più che dai genitori, il mondo della scuola dovrebbe guardarsi dalle bizzarre decisioni del Tar. Che, però, sono sempre la discutibile conseguenza di un atteggiamento di base che non convince da parte di una buona parte dei genitori, cioè il non voler accettare, il considerare quasi un’onta una bocciatura del proprio figlio che, invece, in molte circostanze può rivelarsi molto più utile e produttiva, per il ragazzo stesso, di una promozione non meritata.
Al tempo stesso, però, non sfuggono neppure le responsabilità della scuola, che sembra quasi aver abdicato, svogliata e incapace quanto meno di provare a svolgere quella funzione educativa che dovrebbe essere insita nella sua natura. Non solo, la poco edificante vicenda relativa a quanto accaduto durante l’esame di maturità e altre storie che ci racconta la cronaca di questi giorni (come quella della nota per episodi di bullismo nei confronti di un bambino disabile contestata da alcuni genitori, tra cui anche un insegnante) dimostrano come gli stessi insegnanti, nel ruolo di genitori, non esitano a comportarsi nello stesso modo di quelli padri e di quelle madri che così tanto criticano quando vestono i panni dei docenti.
Nel complesso quello che emerge è un totale scollamento che, inevitabilmente, poi consente al Tar di inserirsi con le sue incomprensibili e imbarazzanti sentenze che contribuiscono a rendere sempre meno credibile il nostro panorama scolastico.