Situazione imbarazzante ad Ascoli dove, nelle scuole di competenza comunale, ancora non sono state effettuate le verifiche di vulnerabilità sismica. Per quanto riguarda la Provincia si attendono i risultati delle verifiche effettuate in 4 scuole superiori
Nel diluvio di frasi fatte e slogan propagandistici che, come al solito, popolano i tradizionali auguri di buon anno scolastico da parte dei nostri amministratori, constatiamo con un misto di preoccupazione e soddisfazione che è del tutto assente il tema della sicurezza delle scuole.
Le ragioni per cui ciò ci preoccupa sono ovvie e scontate (almeno dovrebbero). Può invece sembrare paradossale che la cosa provochi anche una certa soddisfazione, determinata, però, dal fatto che, almeno per una volta, i nostri amministratori non si sono dimostrati ipocriti. Perché hanno avuto la decenza di non millantare chissà quale interesse e preoccupazione per quella sicurezza delle scuole che i fatti hanno dimostrato con evidenza essere completamente inesistente, a parte qualche rara eccezione.
Naturalmente la parziale soddisfazione viene immediatamente oscurata dal constatare come oggi nella nostra regione sia partito il nuovo anno scolastico e rispetto ad un anno fa la situazione, per quanto riguarda la sicurezza, non è per nulla cambiata, anzi per certi versi è addirittura peggiorata. Perché allora eravamo nel pieno dell’emergenza sismica e all’inevitabile paura e apprensione per quello che stava accadendo si aggiungevano, però, la speranza e la fiducia. Speranza che l’esperienza vissuta, la grande fortuna avuta (le scosse avvenute sempre in giorni e orari in cui le scuole erano chiuse) avesse finalmente insegnato qualcosa. Fiducia che, visto il grande rischio scampato (scuole crollate e danneggiate, come detto sempre in giorni in cui non c’era nessuno dentro), finalmente la sicurezza delle scuole sarebbe diventata una priorità di tutte le istituzioni.
Un anno dopo l’interminabile sequenza sismica (fatti tutti gli scongiuri del caso) sembra finalmente alle spalle e lo stato di apprensione e di agitazione che c’era allora ovviamente non c’è più. Ma, purtroppo, non ci sono più neppure la speranza e la fiducia che hanno lasciato posto all’amara constatazione che neppure questa volta, neppure il grave rischio corso è servito da lezione. E che, al di là dei proclami e delle tante dichiarazioni di intenti ascoltate in questi mesi, la sicurezza delle scuole non è certo tra le priorità di politici e amministratori. Perché se così fosse, se davvero (come strombazzato ai quattro venti) ci fosse l’intenzione di affrontare il problema, si sarebbero adottati ben altri provvedimenti.
Certo nessuno si nasconde e nega che si tratta di una situazione non semplice da affrontare, si scontano decenni di ritardi, norme non rispettate per anni nell’indifferenza non solo di chi aveva il dovere di controllare. Bisogna, poi, fare i conti con tanti, troppi edifici scolastici realizzati tantissimi anni fa, quindi quando neppure esisteva tutta la normativa anti sismica (per quello che conta in un paese in cui certe norme le rispettano solamente i fessi…). Quindi è innegabile che si parte da una situazione difficilissima, che nessuno ha la bacchetta magica per cambiare le cose in breve tempo. Il problema di fondo, però, è soprattutto la volontà di farlo.
Perché se ci si rende conto (e come si fa a non rendersene conto dopo quanto accaduto?) di essere di fronte ad una grave emergenza, si interviene anche con misure forti. Come ha fatto, ad esempio, il governo per quanto riguarda il problema dei vaccini, imponendo la vaccinazione obbligatoria. Si è preso atto dell’esistenza di un pericolo (il fatto che la percentuale di vaccinati è in calo ed è ampiamente al di sotto della soglia minima del 95% che garantisce l’immunità di gregge) e si è giustamente (nonostante quello che pensano i no vax, fortunatamente una parte minoritaria del paese) intervenuti con decisione, con misure forti.
Ma se, a ragione, non si vuole correre alcun rischio per quanto riguarda i vaccini, perchè invece si accetta tranquillamente di esporre tutta la popolazione scolastica (dagli studenti ai professori fino a tutto il personale scolastico) al rischio di continuare a frequentare scuole che non sono sismicamente sicure? Serviva anche in questo caso un’assunzione di responsabilità e di conseguenza l’emanazione di provvedimenti forti, di rottura rispetto al passato.
Serviva soprattutto la presa di coscienza che non si può più lasciare la sicurezza delle scuole alla discrezione degli amministratori locali, presidenti di provincia e sindaci, dopo che la maggior parte di loro si è dimostrata ampiamente inaffidabile (almeno in questo campo), capace solo di “piangere” e lamentarsi ma mai di assumersi le proprie responsabilità. Quanto accaduto negli anni passati doveva aver insegnato qualcosa, dal 2003 c’era l’obbligo di effettuare le valutazioni di vulnerabilità sismica nelle scuole (ma non è mai stata prevista alcuna pena, alcuna sanzione per chi non le effettuava), c’erano a disposizione anche i fondi per farle ma solo pochissimi sindaci le hanno fatto concretamente.
Partendo da questa constatazione dei fatti, sarebbe stato opportuno intervenire invertendo la rotta. Invece di fatto poco o nulla è cambiato, in uno dei tanti decreti post terremoto è stato stabilito che quelle valutazioni dovranno essere effettuate entro giugno 2018, che ci sono i fondi statali per farle, ma ancora una volta non si prevedono sanzioni di alcun tipo per chi non rispetta la norma. Con la conseguenza che quei provvedimenti (già molto blandi e insufficienti, per non parlare poi della confusione che si continua a fare tra miglioramento e adeguamento sismico) rischiano di rimanere carta straccia per molti sindaci che, si è visto negli anni passati, come i bambini capricciosi hanno bisogno della minaccia di una “punizione” per obbedire.
La poca chiarezza su come, poi, ci si debba comportare nel caso (purtroppo molto frequente) che dalle verifiche emergano indici di vulnerabilità molto bassi (cioè che le scuole non sono sicure) determina, poi, che, pur in presenza di un’acclarata situazione di pericolo, non si sappia bene cosa fare. L’esempio più evidente è quanto sta accadendo a Teramo dove molte delle scuole sottoposte a verifiche hanno un indice di vulnerabilità molto basso, anche sotto lo 0,2 (per essere sicura una scuola dovrebbe avere indice non inferiore ad 1) però al momento non sono stati presi provvedimenti particolari.
Discorso completamente differente ad Ascoli dove il sindaco Castelli, dopo aver regalato per mesi dichiarazioni a dir poco paradossali (come quella, relativa alla Luciani, secondo cui non era necessario rifare la verifica di vulnerabilità sismica dopo la lunga sequenza sismica perché tanto tutte quelle scosse non avevano cambiato la situazione, per fortuna l’ha messa anche per iscritto perché nessun tecnico del settore, quando viene riferita, crede che un amministratore possa aver detto una simile “baggianata”), ha adottato la strategia del “occhio non vede, cuore non duole”. In altre parole l’anno scolastico riparte senza che in nessuna delle scuole cittadine di competenza comunale sia stata effettuata la verifica di vulnerabilità sismica. Non è possibile sapere, quindi, la loro reale situazione, se e quali scuole sono sicure e quali sono maggiormente a rischio.
Certo in questi mesi, tra le tante “panzane” dette in tema di sicurezza, il sindaco ha anche più volte ripetuto che le scuole cittadine la verifica l’avrebbero fatta sul campo (cioè con le scosse di terremoto), reagendo nel migliore dei modi. Al di là dell’evidente infondatezza di una simile strampalata teoria, in realtà così tanto bene le scuole cittadine non sembrano aver reagito, visto che si sono resi necessari interventi di sistemazione dei danni per circa 2 milioni di euro (almeno secondo quanto emerge dagli atti comunali). Senza dimenticare che la scuola più nuova, quella realizzata più di recente (e che quindi doveva essere assolutamente antisismica) è stata dichiarata inagibile (la scuola media di Monticelli). Paradossi a parte, resta il fatto che in nessuna scuola cittadina di competenza comunale è stata effettuata la vulnerabilità sismica.
Siamo fermi alla “manifestazione di interesse per incarico di vulnerabilità sismica degli edifici scolastici e pubblici” indetta dal Comune il 1 giugno scorso, con scadenza 30 giugno, che però fino ad ora non ha dato luogo a nessun atto concreto. D’altra parte tutti questi lunghi mesi ci hanno ampiamente dimostrato come la sicurezza delle nostre scuole non interessa per nulla al sindaco e all’amministrazione comunale. Ma, purtroppo, non interessa molto più neppure alle altre forze politiche cittadine, alle cosiddette opposizioni. Che in questi mesi, sotto la spinta del locale Comitato scuole sicure, si sono limitate a fare il compitino, cioè presentare qualche interrogazione, qualche mozione, qualche ordine del giorno. Ma poi, in concreto, hanno osservato e stanno osservando senza battere ciglio l’assoluta inerzia dell’amministrazione comunale.
Un pochino meglio (ma solo un pochino…) è la situazione per quanto riguarda le scuole di competenza della Provincia. Che, almeno, le verifiche di vulnerabilità sismiche le avviate. Sono, infatti, in corso le verifiche al liceo artistico “Licini”, all’Ipsct “Ceci”, all’Ipsia di via Cagliari e al liceo classico “Stabili” i cui risultati dovrebbero arrivare entro un mese, a metà ottobre. Poi partiranno quelle per l’Ipsia di via Angelini, per l’agrario “Ulpiani”, per l’Itcg “Umberto I”per il liceo scientifico “Orsini”. E’ sin troppo facile obiettare che si poteva partire prima, che si poteva fare in modo che almeno le prime verifiche (che sono state avviate nelle scuole che preoccupano maggiormente) terminassero prima dell’inizio della scuola.
Ma il vero punto è un altro: se dalle verifiche dovesse risultare che quelle scuole hanno un indice di vulnerabilità molto basso, cosa succederà? Si continuerà a far andare i ragazzi in quegli edifici come se nulla fosse (come ha fatto, ad esempio, il sindaco con la scuola Luciani, l’unica che aveva fatto la verifica di vulnerabilità sismica dalla quale era risultato un indice di vulnerabilità bassissimo)? E in caso contrario, sono già pronte e previste soluzioni alternative per garantire la continuità didattica? Saremmo curiosi di saperlo, naturalmente sperando sempre che poi le verifiche diano invece esiti rassicuranti.
Quel che certo è che, purtroppo, in un contesto generale già molto precario, nel nostro capoluogo la situazione è ancora più critica. Rispetto agli altri comuni, però, abbiamo un’ancora di salvataggio: Sant’Emidio. Non resta che affidarci al santo, visto che, almeno in questo campo, non possiamo certi fidarci dei nostri amministratori…