Paradossi all’italiana: allarme nelle Marche per il caso di morbillo di un’ostetrica
“Siamo di fronte ad una situazione preoccupante” afferma il presidente della Commissione sanità in merito al caso di un’ostetrica dell’ospedale di Senigallia a cui è stato riscontrato il morbillo. All’opera un gruppo di lavoro per rintracciare i pazienti che sono stati a contatto con l’ostetrica
Sta suscitando una certa apprensione nella nostra regione il caso di morbillo di una ostetrica dell’ospedale di Senigallia. Assente dal lavoro per malattia dallo scorso 20 agosto, il caso è stato segnalato il successivo 25 agosto al Servizio Isp Malattie Infettive del Dipartimento di Prevenzione.
Che ha immediatamente avviato l’indagine epidemiologica, con l’ausilio della direzione medica dell’ospedale, e ha costituito un primo gruppo di lavoro. Sono state stabilite le procedure sia per il personale sanitario in servizio, sia per il monitoraggio dei possibili contatti a rischio degenti o dimessi. A seguito di questo lavoro di indagine sono state identificate e rintracciate le pazienti assistite dall’operatrice nei giorni precedenti al 20 agosto per monitorare l’eventuale comparsa di segni e sintomi compatibili con il morbillo per almeno un periodo corrispondente a quello dell’incubazione della malattia.
Sono stati avvisati anche 19 contatti di 56 pazienti del Pronto soccorso dei quali era registrato il numero telefonico. “Purtroppo siamo di fronte ad una situazione preoccupante che non sappiamo che sviluppi potrà avere – afferma Fabrizio Volpini presidente della Commissione sanità – sono sempre più convinto che l’obbligo vaccinale sia la strada giusta. A livello nazionale circa il 30% dei casi di morbillo che si sono riscontrati riguarda personale sanitario non vaccinato. Per questo si sta studiando un provvedimento che permetta anche al personale sanitario non vaccinato di accedere alla vaccinazione”. Il caso di Senigallia innanzitutto indica come l’epidemia di morbillo italiana sia ancora attiva e necessiti dell’attenzione e della consapevolezza di tutti i cittadini. Epidemia partita nei primi mesi del 2017 ha coinvolto nella catena di trasmissione anche giovani adulti, operatori sanitari e personale scolastico.
Nelle Marche solo nel corso del primo semestre 2017 sono stati notificati 53 casi accertati di morbillo. Nel 2015 si era registrato un unico caso, mentre lo scorso anno ci si era fermati a 7. Significativo che l’89% dei casi di quest’anno ha riguardato persone non vaccinate, mentre il 4% aveva ricevuto una sola dose ed il 7% non ricordava il proprio stato vaccinale. Per quanto riguarda l’Italia i dati sono fermi a metà luglio e sono davvero impressionanti. Dall’inizio del 2017 si sono già riscontrati ben 3.672 casi, con anche 3 decessi. Solo nell’ultima settimana presa a riferimento (10-16 luglio) erano 171 i nuovi casi. Un dato impressionante e preoccupante, anche alla luce del fatto che nel 2015 erano stati solamente 253 i casi di morbillo registrati, cresciuti fino agli 844 dell’anno passato.
Ora, però, siamo ben oltre il livello di guardia come confermano gli allarmi che vengono lanciati, per quanto riguarda la situazione italiana, anche dall’Oms e, più generale, dal mondo scientifico internazionale. Allarmi in realtà lanciati ben prima che venissero fuori questi dati che, nel bistrattato (almeno da una parte di opinione pubblica italiana) mondo scientifico internazionale, erano ampiamente previsti, visto che nel nostro paese, per quanto riguarda la copertura vaccinale nei bambini a 24 mesi per una dose di vaccino contro morbillo, parotite, rosolia (MPR), con appena l’87% (83% nelle Marche) siamo ben lontani da quell’immunità di gregge che fissa (secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità) al 95% la soglia minima di sicurezza per la copertura dei vaccini, la cosiddetta immunità di gregge.
Già ma nel nostro paese ormai da qualche anno spopolano e hanno sempre maggior credito (anche per la poca credibilità complessiva che hanno le nostra istituzioni) siti e comitati no vax, che gridano no ai vaccini e chiedono la libertà di scelta sulla base delle tesi farlocche o senza un minimo di riscontro scientifico di pseudo (molto pseudo…) esperti come Wakefield (autore dello studio risultato totalmente taroccato, e che gli valso non solo l’espulsione dall’ordine dei medici, ma anche l’accusa di abusi su alcuni bambini, sulla correlazione tra vaccini e autismo, in realtà poi smentita da tutti gli studi scientifici) o come Montanari, il cui improbabile studio no vax (che lo stesso Montanari ha dovuto ammettere non ha carattere scientifico) è stato letteralmente smontato e fatto a pezzi dall’immunologo Guido Silvestri (professore ordinario di Patologia Generale alla Emory University di Atlanta, in Georgia, considerato uno dei massimi esperti al mondo e riferimento in materia del Movimento 5 Stelle) che, dati alla mano, ha dimostrato come i vaccini siano un po’ meno tossici… dei biscotti!
L’elenco dei “bufalari” da cui traggono spunto i no vax sarebbe ben più lungo, senza dimenticare i novelli “guru” del movimento, come Povia e Fusaro, che, bontà loro, sostengono che quella sui vaccini “non è questione che si deve lasciare in mano ai medici e alla scienza”.
“Un’ostetrica ha solitamente a che fare con donne gravide– spiga il dott. Roberto Burioni – il morbillo, contratto durante la gravidanza, è una eventualità grave che può portare a conseguenze drammatiche per il feto. Se una delle donne gravide con cui è entrata in contatto ha contratto l’infezione, in questo momento, insieme al bimbo che porta in grembo, è in serio pericolo. Capite che è una situazione davvero poco desiderabile, e la cosa più grave è che è facilmente evitabile. L’ostetrica non era stata vaccinata: se lo fosse stata non avrebbe potuto contrarre il morbillo e non avrebbe potuto trasmetterlo alle donne gravide. Ma tra le donne gravide rischiano solo quelle non vaccinate: chi è immunizzata è protetta e non corre alcun rischio. Insomma, la lezione che si può trarre da questo grave fatto di cronaca è che non basta vaccinare i bambini (anche se gli adulti suscettibili sono stati bambini non vaccinati): bisogna pensare anche agli adulti. Chi lavora in un ospedale è da un lato più esposto al contagio, dall’altro è a contatto con popolazioni più vulnerabili: deve vaccinarsi. Non c’è scritto in nessuna legge ma il personale senso di responsabilità deve indurre il sanitario a questa scelta per proteggersi lui stesso e per proteggere i pazienti”.
Ma da questa vicenda marchigiana, in realtà, l’altra lezione che si può trarre è che ci vuole una maggiore coerenza e una maggiore serietà da parte delle nostre istituzioni nell’affrontare quella che è diventata una vera e propria emergenza (i vaccini). Perché è giusto, sperando che non accada quello che succede spesso nel nostro paese che tutto poi finisce “a tarallucci e vino”, stabilire delle norme rigide e delle sanzioni importanti nei confronti di quei genitori che non faranno vaccinare i propri figli.
Ma se si vuole essere credibili il minimo che si possa fare è imporre lo stesso tipo di trattamento al personale sanitario, a chi ogni giorno si trova a contatto con decine e decine di pazienti. Che non solo deve dare il buono esempio ma, soprattutto, ha l’obbligo morale di non essere un potenziale pericolo per i pazienti stessi.
Ancor più in questo caso, quindi, sarebbe auspicabile un obbligo di vaccinazione, fermo restando che l’etica professionale degli operatori sanitari (siano essi medici che infermieri) dovrebbe spingerli a farlo senza alcuna imposizione.