Al Senato il grido disperato di Arquata: “situazione tragica, siamo agli sgoccioli!”
“Da 10 mesi siamo in questa galera perché il terremoto è come una prigione, tutto quello che è successo dopo è terrificante. Gli italiani devono sapere, siamo in mano ad incompetenti, qui ormai le persone neppure chiedono più”
“Spero che qualcuno si ricordi che esisteva Arquata”. Ha esordito così, nel suo lungo e appassionato intervento in Senato lunedì 12 giugno (in occasione dell’incontro organizzato dal gruppo parlamentare Federazione della Libertà), Maria Luisa, una donna del paesino ascolano devastato dal terremoto, divenuta in questi mesi simbolo di quei luoghi.
Chi ha avuto la fortuna di conoscerla, non può non rimanere incantato e affascinato dalla sua forza, dal suo coraggio, forse dettati anche dalla disperazione. Perché , pur se con la sua fierezza e la sua straordinaria dignità riesce a mascherarlo bene, Maria Luisa, come la maggior parte degli uomini e delle donne di quei posti, è ormai disperata. O, peggio ancora, disincantata, disillusa dopo aver vissuto questi sconvolgenti e sconfortanti 10 mesi. Ma, almeno non ancora, non certo rassegnata.
In questo senso il suo emozionato e emozionante intervento in Senato, che ha appassionato, coinvolto e commosso i presenti che più volte l’hanno interrotta con scroscianti e sinceri applausi, è da considerare una sorta di urlo di dolore, di ennesimo appello per cercare di far capire a chi non vive direttamente, ma solo attraverso i racconti di stampa e tv, la drammatica situazione dei terremotati. Per questo riteniamo importante riportarlo integralmente, con la raccomandazione di leggerlo attentamente e, soprattutto, di riflettere.
Perché nelle parole di Maria Luisa non c’è la volontà di muovere sentimenti di “pietas”, non c’è l’intenzione di commuovere (anche se è difficile, soprattutto per chi l’ha ascoltata direttamente, non esserlo), né tanto meno l’intenzione di fare polemica per chissà quali fini propagandistici. E’ semplicemente la descrizione della realtà, almeno per come la vive e come la vede chi è direttamente coinvolto.
“Sono venuta qui con gli amici e le amiche del Comitato Scuole Sicure perché ritengo necessario farvi sapere come siamo messi . Da 10 mesi siamo nel terremoto, in questa galera perché il terremoto è come una prigione. Non solo l’evento sismico in se, tutto quello che è successo dopo è terrificante. Prima siamo stati messi nelle tende, poi dalla protezione civile in un albergo in sicurezza che poi ci è crollato addosso. Dal 30 ottobre siamo divisi, sparpagliati, sistemati in albergo o in Cas ma completamente divisi. Ho come la sensazione che nel cuore degli italiani il fatto che qualcuno in televisione dice che stanno arrivando le casette, che stanno per consegnare 26 casette significhi che il problema non c’è più. Noi dal 30 ottobre abbiamo avuto 8 suicidi, non so il numero esatto ma solo tra quelli che conosco ci sono stati 4-5 infarti. Non c’è nessuno di noi che va a dormire senza un ansiolitico o uno psicofarmaco.
Otto suicidi è un dato impressionante, noi non siamo milioni di persone. Al momento del terremoto eravamo 700 abitanti, 50 morti vuol dire praticamente uno in tutte le case. All’inizio sono arrivati gli psicologi, c’erano stati i morti, non potete immaginare la loro incompetenza. Ci sono cose che andrebbero sviscerate per sapere chi si manda in giro a fare emergenza, i disaster manager o questa gente che di accoglienza non sa niente. Mi auguravo come accoglienza di trovare di meglio. Noi in questo momento non abbiamo niente, io sono qui con una camicia che mi ha prestato un’amica, negli alberghi ci danno da mangiare, da bere ma non abbiamo niente, neppure speranze e prospettive per il futuro.
Qui si susseguono i decreti illeggibili, 26-27 emendamenti, ma presentati da chi? Vogliamo fare la ricostruzione? Benissimo, ma ne dovreste parlare con noi. Io ringrazio tutti per l’attenzione, ma santo cielo la mia vita vorrei deciderla io. In mano a chi dovrei mettermi? Ho 60 anni, dopo un anno forse mi danno una casetta di emergenza ma io non mi ci vedo, a 60 anni non posso aspettarmi di fare una fine vita così. E poi rendetevi conto della situazione, non è stato raccolto un sasso di macerie ad Arquata capoluogo che sta a 30 metri in linea d’aria dal campo dove sorgeranno le casette, non è stato mosso nulla. Vi devo dire la parola amianto?
Non l’ha pronunciata e non vuole pronunciarla nessuno, sono 8-9 mesi che le macerie sono stratificate lì, ci sono stati 2 metri di neve che è stata assunta dagli amministratori come scusa. Ma di cosa, da noi la neve l’ha sempre fatta, negli anni passati potevi avere mezzora, al massimo un’ora di ritardo, è normale, sei in montagna. Quello che hanno fatto quest’anno è inimmaginabile, la Salaria chiusa per giorni, le stalle provvisorie crollate perché non potevano essere provvisorie con quel clima. Ma di cosa stiamo parlando? Gli italiani lo devono sapere, siamo in mano a gente assolutamente incompetente. Qui ormai ci sono persone che non chiedono neppure più, ci sono vecchietti di 90 anni abbandonati in qualche camping che abbiamo recuperato perché sono la nostra memoria”.
Poi, per concludere, un lungo appello finale rivolto non solo ai politici ma a tutti i presenti in sala. “Dovete saperle le cose, tenetevi in contatto con chi ancora riesce a parlare. E’ una ferita immane, siamo stati sbattuti via e abbandonati. Siamo andati dall’Asur a febbraio, abbiamo chiesto (perché ancora c’è qualcuno che riesce a parlare, a fare richieste) di fare un programma di assistenza psicologica e invece nulla, chiediamo vestiti e ci dicono che non abbiamo bisogno di niente. Ma cosa dicono? Io non ho più nulla, ho tutto a casa dove non posso rientrare, è in zona rossa, non posso neppure andare a recuperare qualcosa se non la mettono in sicurezza, mi sono fatta prestare la camicia per venire a Roma.
Non sono stati in grado di fare neppure l’emergenza, figuriamoci la ricostruzione. E’ una situazione tremenda, io mi sento cacciata di casa, anche se non poi non mi sento di non voler tornare, non mi mettono in condizione di poter tornare. Ormai c’è il modello baracca-miniera, arriva Della Valle e fa la fabbrichetta e siamo a posto. Potremmo avere altre esigenze. Ormai, però, si accetta tutto per disperazione.
Gli anziani del paese vogliono immediatamente tornare a casa, ci credo, dopo 9 mesi in albergo che visione possono avere, tutti imbottiti di coumadin, di psicofarmaci per dormire, per stare svegli, per stare fermi. E’ una situazione tragica, tenetelo presente perché siamo agli sgoccioli”.