Con il decreto 75/2023, firmato dalla ministra del lavoro e delle politiche sociali Marina Elvira Calderone, il governo Meloni ha deciso di dimezzare i fondi (da 9,8 a 5,5 milioni di euro) e tagliare drasticamente i risarcimenti per le famiglie delle vittime sul lavoro
“In un paese che ha distribuito a pioggia i soldi del Pnrr, ad esempio con il bonus turismo o quello per l’edilizia, tagliare un già misero riconoscimento offende il senso stesso dello Stato e la dignità di chi lavorava e non è tornato più a casa”. Commenta così l’ex magistrato di Cassazione ed ex direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro, Bruno Giordano, la vergognosa decisione del governo Meloni di tagliare il risarcimento a sostegno delle famiglie vittime di gravi infortuni. Non è certo una novità che questo esecutivo è una sorta di Robin Hood al contrario, prende ai più poveri per regalare ai più ricchi, e che non si faccia alcuno scrupolo ad infierire sui più deboli.
Ma che addirittura potesse fare cassa e risparmiare sulla pelle di chi viene travolto dalla tragedia della morte di un genitore, un compagno o di un figlio sul posto del lavoro era davvero inimmaginabile. Una “vergogna di Stato”, come l’ha giustamente definita il deputato del Pd Lacarra, “un oltraggio a chi perde la vita e a chi resta”, come sostiene Giordano. Per capire meglio di cosa stiamo parlando, quello di sostegno per le famiglie vittime di gravi infortuni sul lavoro è un fondo per il risarcimento una tantum che l’Inail versa alle famiglie delle vittime sul lavoro in attesa che poi venga stabilito l’indennizzo, in seguito alle indagini di verifica sull’incidente. Che, purtroppo, spesso si prolungano per diversi mesi se non addirittura per anni, quindi il rischio (anzi, la certezza) è che le famiglie delle vittime sul lavoro debbano attendere a lungo prima di poter ottenere l’adeguato compenso.
Secondo quanto previsto dalle norme, l’entità del fondo e, di conseguenza, la misura del risarcimento viene stabilita con apposito decreto ogni anno. Ricordando che l’entità del risarcimento è legata al numero di componenti della famiglia della vittima (da uno fino a 4 o più componenti), dal 2019 in poi si è progressivamente assistito ad un aumento della dotazione del fondo e, conseguentemente, dell’entità del risarcimento. Nel 2020 erano stati stanziati 6,9 milioni di euro, passati a 8,4 milioni nel 2021, mentre nel 2022 l’allora ministro Orlando aveva previsto uno stanziamento di quasi 10 milioni di euro (9,8 milioni di euro), con risarcimenti che andavano da un minimo di 6 mila euro (1 componente) fino ad un massimo di 22.400 euro (2 componenti).
Troppi per il governo Meloni che, anche sulla base di una relazione Inail, con il decreto 75/2023 firmato dalla ministra del lavoro e delle politiche sociali Marina Elvira Calderone, ha deciso di tagliare in maniera sostanziosa il fondo, praticamente dimezzato rispetto all’anno precedente (da 9,8 a 5,5 milioni di euro), con conseguente drastica riduzione del risarcimento per le famiglie.
Si passa, infatti, da 6 mila euro per la famiglia della vittima con un solo componente agli attuali 4 mila euro, per la famiglia con due componenti si scende da 11.400 a 7.500 euro, con tre componenti da 16.800 ad 11 mila euro, per 4 o più componenti da 22.400 a 14.500 euro. Un taglio consistente, come anticipato è la prima volta dopo diversi anni che c’è un ribasso invece che un aumento dei risarcimenti, al punto che quello massimo (14.500) torna praticamente ai livelli del 2019. Con la differenza, non da poco, che l’inflazione in questi 4 anni ha notevolmente ridotto il potere d’acquisto (quindi quei 14.500 attuali valgono molto meno rispetto al 2019).
Per altro è singolare (ma di certo non molto sorprendente) che in questi anni l’opposizione aveva sempre sottolineato come quel fondo fosse assolutamente insufficiente e che quindi andava sensibilmente aumentato, con critiche anche lo scorso anno quando il ministro Orlando l’ha portato quasi a 10 milioni di euro, perché per l’opposizione (sostanzialmente Fratelli d’Italia) si poteva e si doveva fare di più. Con assoluta coerenza, ora che sono al governo hanno deciso di dimezzare quel fondo e di tagliare sensibilmente i risarcimenti. Per altro è significativo che questo sia il primo atto concreto del governo Meloni sul drammatico tema delle morti sul lavoro. Che sono in continua crescita, lo scorso anno hanno superato quota mille (1090 per la precisione, praticamente 3 morti sul lavoro al giorno), con previsioni ancora più fosche per il 2023, visto che nel primo trimestre si è registrato un aumento del 4%, rispetto allo stesso periodo del 2022, di morti sul lavoro.
Calcoli alla mano, se anche solo si verificassero nel 2023 quasi gli stessi morti sul lavoro dell’anno precedente, il governo dovrebbe sperare che tutte le vittime non abbiano famiglie con più di un componente perché in caso contrario i fondi stanziati non sarebbero assolutamente sufficienti neppure per quei mini risarcimenti.
“Come si può, allo stesso tempo, piangere i morti sul lavoro e poi diminuire sensibilmente il risarcimento statale per le famiglie delle vittime? – accusa il deputato del Pd Marco Lacarra – il decreto ministeriale n. 75 del 2023 è e sarà ricordato come una vergogna di Stato. Nel primo trimestre di quest’anno i morti sul lavoro sono purtroppo aumentati ma, invece di rinforzare la normativa in materia di sicurezza e fare qualcosa di concreto per scongiurare queste tragedie, il governo decide di risparmiare sulla pelle di chi viene travolto dal dolore della morte ingiusta di un genitore o di un figlio sul posto di lavoro. Chissà quale nuovo bonus o condono per gli evasori fiscali sarà finanziato con gli stessi soldi che sarebbero dovuti andare ai familiari delle vittime. Siamo sconcertati per questa scelta e mi auguro che la ministra Calderone e il governo ci ripensino immediatamente”.
Una speranza probabilmente vana, considerando che questo governo ha già dimostrato di provare quasi un perverso piacere nel colpire senza scrupoli i più deboli…