La Liberazione dimenticata, oltraggio di sindaco e giunta alla città


Per il quarto anno consecutivo Fioravanti e la sua giunta dimenticano di onorare l’anniversario della liberazione del capoluogo piceno, avvenuto tra il 18 e il 20 giugno grazie all’azione congiunta del Corpo Italiano di Liberazione e dei gruppi locali di partigiani

Chi di­men­ti­ca la pro­pria sto­ria pas­sa­ta non ha fu­tu­ro” ri­cor­da­va papa Fran­ce­sco nel 2015, nel cor­so del­la sua vi­si­ta a Sa­ra­je­vo. Bisognerebbe ricordarlo a questa amministrazione comunale e al sindaco Fioravanti ma anche ad una parte dei cittadini ascolani. Al­me­no a quel­li che, per igno­ran­za o per­ché an­co­ra le­ga­ti ad un’i­deo­lo­gia ne­fa­sta da tem­po mor­ta e se­pol­ta (spes­so le due cose sono in­sie­me…) con­ti­nua­no a rin­ne­ga­re quel­la che in­ve­ce è una data sto­ri­ca per la no­stra cit­tà.

Per­ché al 18 giu­gno sono le­ga­te le più pro­fon­de ra­di­ci del ca­po­luo­go pi­ce­no ed un sin­da­co ed un’am­mi­ni­stra­zio­ne co­mu­na­le che dav­ve­ro han­no a cuo­re e ama­no la pro­pria cit­tà, come a pa­ro­le so­sten­go­no Fio­ra­van­ti e gli al­tri as­ses­so­ri, hanno il dovere di festeggiare e ricordare nel modo migliore quella che indiscutibilmente è la data più importante del capoluogo piceno e che più di ogni altra dovrebbe renderci orgogliosi della nostra città. Per chi an­co­ra non lo sa­pes­se, il 18 giu­gno è l’an­ni­ver­sa­rio del­la li­be­ra­zio­ne di Asco­li dal­l’oc­cu­pa­zio­ne na­zi­sta. E per quelli ancora più ignoranti che non lo sanno, a liberarla non furono le truppe anglo americane ma il Corpo Italiano di Liberazione (CIL) in collaborazione con i gruppi locali di partigiani.

Grazie a loro il capoluogo piceno 79 anni fa tornava ad essere libero, dopo aver pa­ga­to un du­ris­si­mo prez­zo in ter­mi­ni di vite uma­ne, an­che di sem­pli­ci ci­vi­li, alla fe­ro­ce e san­gui­no­sa oc­cu­pa­zio­ne na­zi­sta, con l’in­de­gno sup­por­to del­la mag­gior par­te dei fa­sci­sti lo­ca­li. Pur­trop­po que­sta che sa­reb­be ri­dut­ti­vo de­fi­ni­re una gra­ve di­men­ti­can­za è l’em­ble­ma del­la si­tua­zio­ne e del de­sti­no del no­stro ca­po­luo­go. Asco­li è una cit­tà straor­di­na­ria­men­te bel­la, per cer­ti ver­si uni­ca, da sem­pre umi­lia­ta da am­mi­ni­stra­to­ri in­ca­pa­ci di va­lo­riz­zar­la e far­la cre­sce­re come me­ri­te­reb­be. E, pur­trop­po, no­no­stan­te il suo straor­di­na­rio ed ini­mi­ta­bi­le fa­sci­no, come det­to da papa Fran­ce­sco, non ha fu­tu­ro, per­ché i suoi am­mi­ni­stra­to­ri con­ti­nua­no a di­men­ti­ca­re e umi­lia­re la sua glo­rio­sa sto­ria.

Da quando è diventato sindaco, Fioravanti mai una volta, in occasione di questa importantissima ricorrenza, ha ritenuto opportuno celebrarla in maniera adeguata, spendere due parole per quelli che 79 anni fa hanno combattuto e lottato, hanno dato la propria vita per far tornare libero il capoluogo piceno. Una grave dimenticanza, che c’è da sperare che sia provocata semplicemente dalla più profonda ignoranza (nel senso di mancanza di conoscenza della storia della propria città), che quest’anno risulta ancora più sconcertante e inaccettabile perché nei giorni scorsi l’amministrazione comunale non ha perso tempo per mobilitarsi in ricordo di Berlusconi, con post, commenti e, addirittura, la proposta di dedicargli una via o una piazza. Ci si mobilita per chi, a prescindere da tutte le altre considerazioni, non ha fatto nulla di concreto per questa città, ci si dimentica di chi ha versato il proprio sangue per il capoluogo piceno.

L’ennesima conferma di come questo sindaco e la sua sgangherata giunta abbiano a cuore solo gli interessi della propria parte politica, non certo della propria città. For­tu­na­ta­men­te come sem­pre è stato il co­mi­ta­to pro­vin­cia­le del­l’An­pi a ri­cor­da­re que­sto 79° an­ni­ver­sa­rio del­la li­be­ra­zio­ne del ca­po­luo­go pi­ce­no con una se­rie di ini­zia­ti­ve e incontri, in collaborazione con l’Istituto provinciale per la storia di liberazione nelle Marche e dell’età contemporanea Ascoli Piceno, a cui quanto meno il Comune si è degnato di offrire il patrocinio. Mai come in que­sta ri­cor­ren­za, però, è uti­le ri­cor­da­re, a chi non co­no­sce la sto­ria del­la pro­pria cit­tà, le vi­cen­de del ca­po­luo­go pi­ce­no nel cor­so del­la se­con­da guer­ra mon­dia­le, come è av­ve­nu­ta la li­be­ra­zio­ne di Asco­li e di gran par­te del ter­ri­to­rio pro­vin­cia­le.

Ascol­i ven­ne li­be­ra­ta, tra il 18 e il 20 giu­gno 1944, gra­zie al­l’a­zio­ne con­giun­ta del CIL (Cor­po Ita­lia­no di Li­be­ra­zio­ne) e dei grup­pi par­ti­gia­ni. Che en­tra­ro­no per pri­mi in cit­tà in­sie­me al 184° reg­gi­men­to pa­ra­ca­du­ti­sti del­la Nem­bo e il 61° bat­ta­glio­ne al­lie­vi uf­fi­cia­li ber­sa­glie­ri. Stes­sa cosa ac­cad­de a San Be­ne­det­to e, al­cu­ni gior­ni dopo, an­che ad An­co­na (18 lu­glio 1944). Nien­te ame­ri­ca­ni e in­gle­si, nes­sun aiu­to del­le for­ze al­lea­te, solo par­ti­gia­ni asco­la­ni e mi­li­ta­ri ita­lia­ni per li­be­ra­re la cit­tà dai nazi-fa­sci­sti (men­tre ad An­co­na in­sie­me al CIL e ai par­ti­gia­ni c’e­ra­no i Lan­cie­ri di Car­pa­zia del II Cor­po d’Ar­ma­ta po­lac­co). Per chi non co­no­sce la sto­ria del no­stro pae­se e, in par­ti­co­la­re, del­la se­con­da guer­ra mon­dia­le, il Cor­po Ita­lia­no di Li­be­ra­zio­ne era un’u­ni­tà mi­li­ta­re ope­ra­ti­va del­l’E­ser­ci­to Co­bel­li­ge­ran­te Ita­lia­no nato dopo l’ar­mi­sti­zio del­l’8 set­tem­bre. Ini­ziò ad ope­ra­re ad ini­zio del 1944 come cor­po d’ar­ma­ta di uni­tà di li­vel­lo di­vi­sio­na­le.

La pri­ma di­vi­sio­ne ven­ne crea­ta ex novo dal­l’u­nio­ne di due bri­ga­te di fan­te­ria (tra cui il Pri­mo Rag­grup­pa­men­to Mo­to­riz­za­to) con i re­la­ti­vi sup­por­ti, men­tre la se­con­da era la 184^ di­vi­sio­ne pa­ra­ca­du­ti­sti “Nem­bo” di stan­za in Sar­de­gna e poi ri­por­ta­ta sul ter­ri­to­rio con­ti­nen­ta­le. Da fine mag­gio del 1944 il CIL av­viò l’of­fen­si­va che, con il sup­por­to del­le va­rie bri­ga­te par­ti­gia­ne, por­tò alla li­be­ra­zio­ne di di­ver­se cit­ta­di­ne del cen­tro sud (Fi­let­to, Ca­no­sa, San­ni­ta, Guar­dia­gre­le, Or­so­gna, Buc­chia­ni­co, Chie­ti) per poi ar­ri­va­re an­che nel­le Mar­che. Tor­nan­do alle vi­cen­de del ca­po­luo­go pi­ce­no, Asco­li ven­ne oc­cu­pa­ta dai te­de­schi il 12 set­tem­bre 1943, po­chis­si­mi gior­ni dopo l’ar­mi­sti­zio.

In quei gior­ni in cit­tà era­no di stan­za di­ver­se for­ze mi­li­ta­ri: alla ca­ser­ma Um­ber­to I c’e­ra­no due com­pa­gnie di un bat­ta­glio­ne di fan­te­ria (cir­ca 140 mi­li­ta­ri), alla ca­ser­ma Vec­chi c’e­ra una com­pa­gnia di­stret­tua­le di 120 uo­mi­ni, men­tre alle Ca­ser­met­te c’e­ra­no gli avie­ri per un to­ta­le di ol­tre mil­le uo­mi­ni. Ci fu­ro­no di­ver­si scon­tri a fuo­co, il più cruen­to nel­la zona del­le ca­ser­met­te fun­zio­na­li a San Fi­lip­po dove i te­de­schi tro­va­ro­no ad ac­co­glier­li gli avie­ri al­li­nea­ti a di­fe­sa del­l’in­gres­so del­la stra­da e sul ca­val­ca­via del­la fer­ro­via, con an­che nu­me­ro­si cit­ta­di­ni asco­la­ni ar­ma­ti e ap­po­sta­ti tra le case e so­pra i tet­ti. Lo scon­tro pro­vo­cò de­ci­ne di mor­ti e fe­ri­ti da ambo le par­ti. In se­gui­to a que­gli av­ve­ni­men­ti mol­ti di quei sol­da­ti ita­lia­ni, ab­ban­do­na­te le loro ca­ser­me, sa­li­ro­no a Col­le San Mar­co dove poi si ra­du­na­ro­no nu­me­ro­si ci­vi­li, por­tan­do armi e mu­ni­zio­ni re­cu­pe­ra­te nel­le ca­ser­me ab­ban­do­na­te.

E’ qui che si or­ga­niz­zò una ban­da par­ti­gia­na co­sti­tui­ta da ci­vi­li, mi­li­ta­ri in fuga, ex pri­gio­nie­ri al­lea­ti scap­pa­ti dai cam­pi di con­cen­tra­men­to, men­tre an­che in cit­tà si co­sti­tuì un co­mi­ta­to cit­ta­di­no che rac­co­glie­va cibo, co­per­te e ve­stia­rio da por­ta­re ai par­ti­gia­ni a San Mar­co. La bat­ta­glia più cruen­ta si svol­se dal­l’al­ba del 3 ot­to­bre fino a sera quan­do tut­te le sac­che di re­si­sten­za fu­ro­no an­nien­ta­te. In quel­lo scon­tro mo­ri­ro­no 14 par­ti­gia­ni, in se­gui­to ai ra­strel­la­men­ti dei gior­ni suc­ces­si­vi (nei qua­li i na­zi­sti fu­ro­no aiu­ta­ti e gui­da­ti da fa­sci­sti lo­ca­li) ne fu­ro­no fu­ci­la­ti al­tri 12.

Nel­le set­ti­ma­ne suc­ces­si­ve i par­ti­gia­ni asco­la­ni si rior­ga­niz­za­ro­no in pic­co­li grup­pi che si sta­bi­li­ro­no sul­le al­tu­re che cir­con­da­va­no la cit­tà, men­tre al­tri pre­se­ro la stra­da di mon­ta­gna. Al­tri nu­clei ar­ma­ti si co­sti­tui­ro­no nel­la zona pe­de­mon­ta­na dei Si­bil­li­ni da Ac­qua­san­ta ad Aman­do­la e lun­go la li­nea Adria­ti­ca da Por­to d’A­sco­li e Por­to San­t’El­pi­dio. Nel mar­zo del 1944, poi, aiu­ta­ti dai fa­sci­sti lo­ca­li, i na­zi­sti die­de­ro il via ad una va­sta azio­ne di ra­strel­la­men­ti che por­ta­ro­no ai tra­gi­ci fat­ti di Ro­ve­ti­no, Poz­za e Umi­to e, suc­ces­si­va­men­te, Mon­te­mo­na­co dove fu­ro­no bar­ba­ra­men­te uc­ci­si an­che di­ver­si ci­vi­li iner­mi.

Come det­to, poi, nel giu­gno del­lo stes­so anno la li­be­ra­zio­ne del­la cit­tà ad ope­ra del CIL e dei grup­pi par­ti­gia­ni. In meno di un anno di lot­ta il tri­bu­to di vite fu co­mun­que no­te­vo­le. Com­ples­si­va­men­te mo­ri­ro­no 162 par­ti­gia­ni asco­la­ni (di Asco­li e pro­vin­cia) men­tre al­tri 110 par­ti­gia­ni di al­tre lo­ca­li­tà ita­lia­ne per­se­ro la vita nel ter­ri­to­rio asco­la­no. Tra loro c’e­ra­no an­che, ol­tre ai ci­vi­li, nu­me­ro­si mi­li­ta­ri e ca­ra­bi­nie­ri. Que­sta è la sto­ria del­la no­stra cit­tà, del­la sua lot­ta di li­be­ra­zio­ne dai nazi-fa­sci­sti (che è val­sa al ca­po­luo­go pi­ce­no la Me­da­glia d’O­ro al Va­lo­re Mi­li­ta­re), di cui ogni vero asco­la­no non può che es­ser­ne or­go­glio­so.

Chi, per igno­ran­za o per ot­tu­si­tà, la di­sco­no­sce e non ne va fie­ro evi­den­te­men­te non ha a cuo­re la sua cit­tà e non ha al­cun sen­so del ri­spet­to per la pro­pria co­mu­ni­tà che ha pa­ga­to un prez­zo così alto di san­gue, an­che per po­ter ga­ran­ti­re la mas­si­ma li­ber­tà a sog­get­ti che in real­tà non la me­ri­te­reb­be­ro…

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