L’autogol di Report sui vaccini
Al netto delle polemiche politiche e delle solite stucchevoli liti tra Pd e Movimento 5 Stelle, per una volta il programma di approfondimento di Raitre ha clamorosamente toppato. Dimenticando di citare informazioni e dati fondamentali per dare spazio a testimonianze spot, supposizioni e illazioni di pseudo esperti privi di qualsiasi riscontro
Molto si è detto e si è discusso in questi giorni in merito all’inchiesta sui vaccini per il Papilloma virus (Hpv) andata in onda lunedì scorso nel corso di Report. Purtroppo, come è consuetudine in questo paese, molto presto la discussione si è spostata dal campo prettamente scientifico a quello politico ed è diventata motivo per l’ennesimo violento scontro tra il Pd e il Movimento 5 Stelle, in uno stucchevole gioco delle parti che francamente è diventato insopportabile. Già anni fa, esattamente nel 2013, i due principali partiti italiani (almeno stando a tutti gli attuali sondaggi) si erano scontrati per Report, in quel caso a parti invertite.
Infatti all’epoca era Beppe Grillo che tuonava contro la conduttrice del programma Milena Gabanelli (“Con i giornalisti, con i Floris, con la Gabanelli faremo i conti quando andremo al governo. Gli faremo un culo così”), “colpevole” di aver chiesto al comico genovese dove andavano a finire i soldi del suo blog, mentre il Pd difendeva il programma di Raitre al grido di “Report non si tocca”. Oggi le parti sono invertite, con il Pd che annuncia interrogazioni parlamentari (non si capisce bene se stizzito per il servizio sul vaccino o se, in realtà, per quello precedente su l’Unità) e il Movimento 5 Stelle che fa le barricate in difesa del programma. Naturalmente non potevano mancare i riferimenti alla libertà di stampa che ora sarebbe gravemente a rischio per via di quanti minacciano querele nei confronti di Report. E che, per fortuna, ora trova dei validi difensori in coloro che in questi mesi più di ogni altro politico e schieramento politico si sono distinti per le tante querele nei confronti di altri giornalisti… Siamo al paradosso, sembra davvero che in questo paese non c’è mai un limite al peggio.
Potremmo continuare a parlare a lungo di tutte le “follie” che si sono scatenate dopo quel servizio di Report, di come ancora una volta il mondo politico e dell’informazione abbiano messo in mostra il loro lato peggiore. Ma riteniamo piuttosto importante soffermarci sul contenuto di quel servizio. Premesso che ovviamente non vorremmo mai che nessun programma e nessuno spazio di informazione venga chiuso e che altrettanto ovviamente riteniamo la libertà di stampa e di opinione pilastri sacri e intoccabili, non possiamo non evidenziare la profonda delusione provata nel vedere quel servizio andato in onda lunedì 17. Delusione nata dal fatto che abbiamo sempre considerato Report un vero e proprio cult per chi ama il giornalismo d’inchiesta, intransigente ma non urlato, basato esclusivamente sulla ricostruzione minuziosa e attenta dei fatti e non sulle opinioni, per chi crede che proprio la narrazione puntuale e accurata dei fatti sia, per chi fa informazione, l’unico modo per mantenere una certa autorevolezza e credibilità.
Quello a cui abbiamo assistito lunedì scorso, invece, è l’esatto opposto, i fatti sono diventati un optional o, forse, un fastidioso ostacolo da evitare. Il giornalismo d’inchiesta ha lasciato spazio ad una narrazione mirata esclusivamente a suggestionare i lettori (o, come in questo caso, gi spettatori), con dichiarazioni e testimonianze ad effetto senza alcun concreto riscontro ma che contribuiscono a creare un determinato clima. Siamo completamente d’accordo con Sigfrido Ranucci (il nuovo conduttore di Report) quando sostiene che un programma di informazione deve occuparsi di certi argomenti delicati e deve necessariamente dare spazio anche alle tesi non ufficiali in merito ai vaccini. Anzi, crediamo che a maggior ragione l’informazione sulle reti pubbliche dovrebbe dare spazio a certe tematiche, dovrebbe promuovere ancora di più il confronto per aiutare i cittadini a capire.
Ma lo stesso Ranucci non può non sapere che un tema medico-scientifico così delicato non può essere affrontato, come invece ha fatto Report, con testimonianze spot, praticamente senza contradditorio, ignorando completamente dati e fatti concreti e dando spazio ad affermazioni di presunti esperti che non hanno neppure la decenza di provare a suffragare le proprie tesi con dati concreti e verificabili. La medicina ha una sua ratio che si basa principalmente sulla statistica, sulle prove di efficacia, sugli studi randomizzati. Questo che è un aspetto assolutamente fondamentale e imprescindibile è completamente mancato nel servizio di Report, curato da Alessandra Borella, che ha messo in dubbio l’enorme quantità di dati prodotta in questi anni da tutti i principali organismi sanitari mondiali sui vaccini Hpv, senza però fornire studi e dati alternativi in qualche modo attendibili.
Sarà stata una giornata storta o, come ha sottolineato Mentana, anche ai campioni può accadere di scivolare. Però è innegabile che quel servizio non fa onore alla storia e alla giusta fama che si è guadagnata sul campo Report, dispiace dirlo ma quello che abbiamo visto lunedì è giornalismo spazzatura e della peggior specie. Ci saremmo aspettati una trattazione a 360 gradi, invece abbiamo visto un servizio che ha parlato quasi esclusivamente dei rischi del vaccino hpv, per altro esclusivamente sulla base di suggestioni, di ipotesi aleatorie, di supposizioni, molte delle quali facilmente confutabili con dati alla portata di chiunque avesse avuto la voglia di verificarli. Un approfondimento giornalistico serio ed equilibrato sarebbe dovuto partire innanzitutto parlando del virus del papilloma, di come sia responsabile di molte malattie sessualmente trasmesse e di diversi tipi di tumore (primo tra tutti quello della cervice uterina, poi del pene, della testa e del collo).
Avrebbe dovuto parlare e mostrare i dati sulla mortalità per il tumore della cervice, di quelli della testa, del collo e del pene. “Nell’ultimo anno – afferma Roberto Burioni specialista del san Raffaele di Milano – sono morte nel nostro paese quasi 3 mila donne per il cancro all’utero, malattia causata dall’hpv che il vaccino previene in modo efficacissimo”. Ai dati forniti da Burioni bisogna aggiungere che nel nostro paese ogni anno sono oltre 6 mila i casi di tumore al collo dell’utero, il 95% dei quali causati proprio dal papilloma virus. Secondo i dati forniti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) l’hpv è alla base di quasi il 10% di tutti i tumori della donna. Percentuale che raggiunge il 20% in alcune zone di Asia, America Latina e Africa sub Sahariana.
A differenza di quanto si è fatto credere dal servizio di Report (dal quale sembrava che solo in Italia si spingesse così a fondo per il vaccino hpv) attualmente sono un’ottantina i paesi in cui esistono programmi vaccinali, mentre l’Oms sta finanziando a proprie spese un programma di vaccinazione in diversi paesi dell’Africa (dove fino ad ora sono state vaccinate un milione di ragazze). Da queste informazioni e da questi dati sarebbe dovuta partire l’inchiesta di Report che, inoltre, per dare un’informazione utile e corretta avrebbe dovuto anche parlare dei risultati che si sono ottenuti grazie al vaccino. E che sono certificati da un accurato studio scientifico (pubblicato anche su tutte le principali riviste medico-scientifiche internazionali) basato su 58 diverse ricerche (quindi su un campione di decine di migliaia di casi) che evidenzia come le infezioni dai ceppi di Hpv che possono causare tumori sono diminuite quasi del 90% nelle giovani donne vaccinate, un dato che la comunità scientifica internazionale riconosce unanimemente come uno straordinario successo.
Nulla di tutto ciò è stato evidenziato da Report che, per giunta, si è reso protagonista anche di palesi inesattezze. “Nel servizio è stato dichiarato che il maschio è portatore sano del virus, ignorando la patologia condilomatosa e tumorale che il virus del papilloma causa anche nel maschio” evidenziano in una nota congiunta la Federazione italiana medici-pediatri, la Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica, la Società di pediatria, la Federazione italiana medici medicina generale e il Sindacato italiano specialisti medicina legale. Omesse tutte queste fondamentali informazioni, Report si è concentrato soprattutto sulla cosiddetta farmacovigilanza e sul tema degli effetti collaterali che ogni farmaco efficace porta con se, anche in questo caso non sulla base di qualche dato o fatto concreto ma semplicemente basandosi su suggestioni, su testimonianze prive di riscontro e su illazioni.
Sono state mandate in onda un paio di interviste con alcune ragazze che sostengono di aver riscontrato un peggioramento della loro salute dopo la vaccinazione. Sensazioni personali, basate sul nulla, smentite dai medici che sostengono come le reazioni avverse non sono in alcun modo riconducibili al vaccino. A dare corpo e sostanza a quei dubbi sono state proposte alcune interviste con pseudo esperti del settore. Come l’immunologo israeliano Yehuda Shoenfeld che ha manifestato i suoi dubbi sull’utilità del vaccino per ridurre il rischio di avere alcuni tipi di cancro (evidentemente non conosce i dati sopra citati…) e che ha parlato di reazioni avverse, senza però fornire alcun dettaglio, alcun dato significativo.
Spazio, poi, al ricercato danese Peter Gotzsche della Cochrane Nordic (un centro di ricerca e informazione indipendente) che ha lanciato accuse sui metodi utilizzati per la valutazione della sicurezza dei due vaccini più usati contro l’Hpv, naturalmente sempre senza svelare su quali basi si fonderebbero le sue accuse. Però in suo supporto Report ha proposto un’intervista con la “scienziata indipendente” Antonietta Gatti che nei vaccini contro l’Hpv somministrati in Italia avrebbe riscontrato presenze di impurità. L’unica voce fuori dal coro ascoltata in proposito è stata quella della rappresentante dell’Ema (l’Agenzia europea per i medicinali) che ha spiegato come il processo di revisione e appropriazione dei vaccini è stato condotto normalmente, con un comitato scientifico che ha valutato le informazioni fornite dai produttori e con rapporto finale che ha raccolto il consenso di tutti i membri esaminatori. Il rappresentante dell’Ema ha poi sottolineato come l’Agenzia europea ha valutato le segnalazioni di reazione avverse, concludendo che non ci fossero elementi per sospendere le vaccinazioni, anche e soprattutto visti i risultati ottenuti nella riduzione del rischio legata ad alcuni tipi di tumore.
Report, però, ha messo in discussione l’attendibilità dell’Ema per la presenza al suo interno di Pasqualino Rossi, il cui nome era emerso in una precedente inchiesta sul rapporto tra case farmaceutiche e approvazioni dei farmaci (conclusa con un nulla di fatto per avvenuta prescrizione) , accusando infine l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) di scarsa trasparenza per la gestione della segnalazione degli effetti avversi. Dimostrando, però, ancora una volta di avere una scarsissima conoscenza della materia, visto che la decisione di segnalare gli eventuali effetti avversi spetta innanzitutto ai medici ma, come hanno evidenziato tutti gli esperti del settore, “ciascun cittadino, con estrema facilità può segnalare direttamente e autonomamente un evento avverso ai farmaci alle autorità di farmacovigilanza”.
Al di là di questa ennesima inesattezza, proprio in nome di quella trasparenza tanto richiesta Report avrebbe dovuto rendere noti in proposito i dati dell’Aifa stessa in merito ai tassi di reazione avverse segnalate: 2 ogni 10.00 dosi per casi lievi (cefalea, un po’ di febbre, eruzione cutanea), 1 ogni 100.000 dosi per reazioni più serie (febbre alta, vomita, nausea). Così come, visti i dubbi espressi da Gotzsche, sarebbe stato opportuno citare lo studio commissionato dall’Organizzazione sanitaria mondiale per l’analisi dei fattori di rischio che ha interessato oltre un milione di ragazze sottoposte ai due principali vaccini, Gardasil e Cervarix, che non ha trovato alcuna prova su eventuali reazioni avverse di tipo neurologico o autoimmuni. Ci sarebbero tanti altri dati scientificamente inconfutabili sul tema che si potevano citare per fornire un’informazione davvero utile e corretta.
Ma quello che lascia ancor più perplessi è che Report mette in dubbio l’attendibilità dell’Ema sulla base di sospetti su uno dei suoi componenti ma, poi, da spazio e importanza alle illazione di Antonietta Gatti la cui attendibilità, non solo nel mondo scientifico, è pari allo zero. E che, per giunta, è stata ed è tuttora al centro, insieme al marito e noto anti vaccini sta Stefano Montanari, di vicende su cui pendono inchieste penali e anche un’interrogazione parlamentare. Ed è davvero singolare che coinvolto in queste vicende, in questo caso come inconsapevole vittima, è proprio il leader del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo che si è schierato così in difesa (almeno ora) di Report.
La Gatti e il suo consorte Montanari anni fa catturarono l’attenzione di Grillo sostenendo che, dopo accurate indagini, avevano scoperto tracce di particelle di metalli pesanti, altamente cancerogene, in una serie di cibi. In un incontro con il leader del Movimento 5 Stelle i due sostennero anche di aver inviato lettere informative alle aziende produttrici di quei cibi, senza ricevere alcuna risposta. Inoltre denunciarono il fatto che, proprio a causa di questa denuncia, erano stati scippati dall’Università di Modena del microscopio di cui usufruivano nelle loro ricerche. Grillo rimase così colpito da questa storia che, tramite il suo blog, lanciò una sottoscrizione per l’acquisto di un altro microscopio a scansione ambientale, necessario per la prosecuzione delle ricerche dei due presunti esperti modenesi.
Lo stesso Montanari più volte fu ospite sul palco degli show di Grillo che, per favorire la raccolta fondi, si fece supportare da un’associazione (la “Carlo Bonanni onlus”). In poco tempo furono raccolti i 378 mila euro necessari e fu acquistato il microscopio Esem da quell’onlus. Che, però, 12 mesi dopo lo donò all’Università di Urbino perché scoprì che in realtà Montanari e la Gatti non lo impiegavano nelle citate ricerche ma a scopo di lucro presso la propria azienda, la “Nanodiagnostic srl”. Non solo, approfondendo meglio la situazione si scoprì che il primo microscopio in realtà non era di proprietà di Montanari ma dell’Università di Modena e che la Gatti non aveva mai smesso di continuare ad usarlo.
Come se non bastasse, qualche tempo dopo lo stesso Montanari, in un intervista pubblicata dal sito Byoblu, confessò che la loro indagine sugli alimenti contaminati non aveva alcun valore scientifico perché, a differenza di quanto dichiarava durante i comizi di Grillo, le indagini non erano state effettuate in ossequio ai protocolli scientifici ma limitandosi ad analizzarne un campione di ognuno (e le famose lettere alle aziende per segnalare la contaminazione non erano mai state scritte). Una vicenda surreale che ha avuto e ha tuttora degli strascichi, con l’ex moglie di Grillo , Sonia Toni, che nel febbraio scorso ha denunciato Montanari e la Gatti, mentre sulla vicenda è stata anche presentata un’interrogazione parlamentare.
Alla luce di tutto ciò, può essere considerata un interlocutore credibile, quanto meno da un punto di vista scientifico, la Gatti? Ci si può basare sulle sue affermazioni, ovviamente non supportate da alcun atto concreto, per mettere in dubbio la sicurezza dei vaccini certificata da anni di ricerche e test accurati? La risposta è scontata e doveva esserlo anche per la redazione di Report. Che, a giudicare dalla lettera inviata nei giorni scorsi da Ranucci a Corriere.it, ha forse compreso l’errore commesso. Ancor più grave perché questa inaccettabile opera di disinformazione arriva in un momento già delicato, nel quale la campagna anti vaccini portata avanti a suon di “bufale” sta producendo importanti e gravi conseguenze.
E proprio per questo ai programmi di informazione per giunta della tv pubblica, si richiederebbe una maggiore serietà e attenzione nel trattare determinati argomenti. Cosa che, purtroppo, non è accaduto lunedì scorso a Report.