Nel 2018 Giorgia Meloni, in nome della difesa della sovranità nazionale contro lobby e burocrati stranieri, chiedeva la nazionalizzazione di reti e infrastrutture strategiche. Ora che è al governo, però, mette nelle mani di un privato americano la sicurezza del paese…
“Sapevate che la nostra rete di comunicazione appartiene ai francesi? Fratelli d’Italia presenterà una mozione per nazionalizzare la proprietà di tutte le reti e infrastrutture strategiche. Siete con noi?” annunciava Giorgia Meloni sui social il 29 agosto 2018. Il preludio al lancio di una campagna da “patriota sovranista” che l’allora segretaria di FdI lanciava con impeto a fine di quello stesso anno. “Diciamo basta alle cessioni automatiche di sovranità alla Ue o a chiunque altro, l’Italia non deve essere più sottomessa all’Europa, alla Nato, agli Stati Uniti. La sovranità appartiene al popolo italiano e non alle lobby o ai burocrati europei o americani” annunciava a dicembre 2018 lanciando la sua campagna contro l’Europa, la Nato e gli Stati Uniti sventolando la bandiera della sovranità tricolore sempre e comunque, in qualsiasi settore.
Qualche ingenuo “fessacchiotto” le ha creduto davvero, ha creduto alla Meloni paladina della sovranità nazionale contro le lobby e i burocrati europei e americani, una battaglia credibile come quella in difesa della famiglia tradizionale, composta da padre, madre e figli, portata avanti da chi ha una figlia, ha convissuto per anni e non si è mai sposata… Negli anni ’70 era in voga il famoso slogan “al potere la fantasia”, oggi senza tema di smentita lo slogan adeguato al periodo e a chi ci governo dovrebbe essere “al potere l’ipocrisia”, con una classe politica, in particolare il governo di destra, che ha messo al bando la coerenza.
Basterebbe pensare che se la Meloni del 2018 fosse ancora all’opposizione da giorni sarebbe in piazza a guidare la feroce protesta dei patrioti sovranisti (anche per loro la coerenza è una chimera…) contro un governo e una presidente del Consiglio (la Meloni stessa…) che si appresta a concludere l’operazione con Elon Musk e Space X. Non osiamo neppure immaginare cosa sarebbe accaduto se un’operazione simile l’avessero portato avanti governi di centrosinistra o tecnici. Ma, non lo scopriamo certo ora, i “patrioti sovranisti” di casa nostra sono fatti così, la sovranità nazionale è qualcosa da tutelare solo “a targhe alterne” e in base a chi è al governo…
Per altro la vicenda Space X, con l’ipotesi di accordo con la società di Elon Musk per la fornitura di servizi di sicurezza nelle telecomunicazioni (in particolare nei sistemi di criptaggio di comunicazioni governative e militari), per la “modica” cifra di 1,5 miliardi di euro, è venuta alla luce solo grazie ad un’agenzia di informazione estera, Bloomberg. Secondo la quale, tra l’atro, l’accordo sarebbe stato praticamente raggiunto nel corso della visita della Meloni a Trump. Con un confuso e imbarazzato comunicato stampa la presidenza del Consiglio ha smentito la conclusione dell’accordo, ammettendo però che effettivamente le trattative sono in corso, con Musk che invece ha sostenuto che in realtà le trattative sono in fase molto avanzata e l’altro improbabile patriota, Salvini (quello che un tempo il tricolore lo usava per pulirsi…), che ha auspicato che l’accordo si chiuda subito.
Al di là di tanti altri aspetti non secondari (addirittura anche qualche esponente dei partiti di maggioranza ha ammesso che la procedura seguita non è proprio corretta e trasparente), con una sintesi un po’ brutale ma perfettamente esplicativa si può legittimamente affermare che la sottoscrizione di un simile accordo vorrebbe dire mettere nelle mani di un privato straniero, il più ricco al mondo, la sicurezza del paese. E allora non c’è bisogno neppure di essere sovranisti o patrioti per sobbalzare di fronte ad una simile possibilità. Come sottolinea l’ex sindaco di Massa Volpi questa vicenda fa emergere come “l’Italia non ha più alcun controllo sulla propria rete di telecomunicazioni e sta trattando di affidare la propria sicurezza ad un personaggio che sta sostenendo ovunque le forze più radicalmente antidemocratiche”.
Inoltre “i legami personali di Giorgia Meloni con Musk hanno reso immediatamente credibile l’ipotesi dell’affidamento miliardario tanto da spingere Bloomberg a dare tale notizia come certa. In questo senso la presidente del Consiglio diventa lo strumento in mano a Musk per far crescere il valore delle proprie società anche solo con gli annunci. E questo legame tra Meloni e Musk finisce per condizionare la politica estera italiana nei confronti di Trump verso è evidente una sudditanza paranoica”. “Il sovranismo – conclude l’ex sindaco di Massa – ma anche la ben più rilevante idea di sovranità sono state cancellate da una concezione personalistica dei rapporti internazionali per cui sono gli amici degli amici, e non le istituzioni statuali, a definire il perimetro della presenza estera italiana. Purtroppo per noi, si tratta di amicizie decisamente interessate che stanno svuotando la sostanza dello Stato repubblicano, privato, appunto, degli strumenti fondamentali della sovranità”.
Soprattutto, però, come sottolinea Italia Viva “quando un paese inizia ad appaltare i sistemi di difesa a multimiliardari stranieri, quel paese è al capolinea. Abbiamo già dato la rete fissa di Telecom ad una multinazionale statunitense ed appaltato la cybersicurezza ad Israele. Oggi ci accingiamo a riempirci di satelliti di proprietà di un miliardario sudafricano-statunitense, che per altro ricopre un incarico governativo in un altro paese. Satelliti che serviranno a supportare comunicazioni riservate dello Stato e del governo”.
Non ci dovrebbe essere neppure il bisogno di sottolinearlo (ma ormai in un paese in stato catatonico è purtroppo assolutamente necessario), ma siamo di fronte ad una possibilità a dir poco sconcertante che significherebbe un ulteriore passo verso la più totale sudditanza e sottomissione nei confronti degli Stati Uniti (anzi, della più potente lobby di potere degli Stati Uniti). “Poi si stupiscono se, come accaduto oggi, la direttrice dei nostri servizi segreti si dimette. Non abbiamo più nessuna autonomia. Siamo alla frutta” conclude Italia Viva. Sarebbe ampiamente sufficiente così, ma c’è un ulteriore aspetto non meno rilevante che rende tutta la vicenda ancora più paradossale.
L’Italia è infatti uno dei principali partners del progetto che sta portando avanti la Commissione europea per lo sviluppo comunitario della rete satellitare Iris², una rete satellitare multi orbitale sicura per i governi e le imprese dell’Unione europea. In particolare il progetto mira proprio a ridurre la dipendenza da operatori extra Ue, come appunto Space X o Kuiper di Bezos, perché, come ha sottolineato il commissario europeo per la difesa, “non possiamo permetterci di dipendere troppo da paesi e aziende al di fuori dell’Ue e dobbiamo al più presto garantirci comunicazioni militari sicure”. Secondo logica, quindi, affidandosi a Musk l’Italia, grazie al governo Meloni, andrebbe esattamente in direzione opposta, cioè maggiore dipendenza da lobby al di fuori della Ue e di fatto inesistente sicurezza nelle comunicazioni militari.
Per altro è ancor più paradossale il fatto che l’Italia sia pienamente coinvolta e protagonista di questo progetto, evidentemente alternativo e concorrente di Space X, al punto che proprio il nostro paese sarebbe al momento destinato ad ospitar il principale centro operativo di Iris² presso il Centro Spaziale del Fucino, uno dei più grandi centri spaziali al mondo che gestisce il sistema europeo di navigazione satellitare Galileo. Ed è di tutta evidenza che, al di là delle dichiarazioni di facciata, se davvero l’Italia sigla l’accordo con Musk, cambierà radicalmente il ruolo del nostro paese nel progetto europeo che, per altro, è stimato che produrrà centinaia e centinaia posti di lavoro. Ed è altrettanto significativo che, per provare a giustificare questo sconcertante e clamoroso paradosso, il governo e la destra mistificano in maniera la realtà.
Con il ministro Crosetto che sostiene che ci vorranno almeno una decina di anni prima che Iris² sia realmente attivo, mentre è cosa nota (e il ministro non può non saperlo) che il suo lancio è fissato per il 2029, mentre esponenti e stampa di destra sottolineano l’altissimo costo dell’operazione (oltre 10 miliardi di euro), fingendo però di non sapere che le spese sono divise tra 6 paesi e la Comunità europea, quindi all’Italia costerebbe addirittura qualcosina meno rispetto all’eventuale accordo con Musk. Senza dimenticare che già qualche tempo fa nel rapporto sulla competitività Mario Draghi aveva evidenziato le possibili pesanti conseguenze economiche che deriverebbero da un simile accordo per gli operatori di telecomunicazioni nel nostro paese.