Nei giorni scorsi sulle pagine social e sul giornale del partito della Meloni è andata in scena la celebrazione dei risultati ottenuti dal governo per la crescita del pil e per l’andamento del Pnrr. Peccato, però, che cifre e numeri ufficiali dicano esattamente il contrario…
Un film già visto, almeno da queste parti. Il copione è sempre lo stesso, cambia solo l’ambientazione, da Ascoli e dalle Marche si passa a tutto il paese. Ed i protagonisti hanno tutti la stessa provenienza politica, Fratelli d’Italia: il sindaco di Ascoli Marco Fioravanti, il governatore marchigiano Francesco Acquaroli, Il commissario straordinario sisma Guido Castelli, ora la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Il messaggio che deve passare, che deve essere veicolato è quello di una città, una regione, un territorio, ora una nazione dove tutto va bene, tutti i dati sono positivi, contro ogni evidenza.
Un regno incantato costruito a forza di invenzioni e strumentalizzazioni, cercando di gonfiare e strumentalizzare i pochi dati meno negativi, omettendo del tutto quelli chiaramente e pesantemente negativi. Ed è singolare come più le cose vanno male, più i dati e i fatti evidenziano situazioni negative, più invece si costruiscono improbabili successi da celebrare, addirittura primati regionali, nazionali o internazionali mai supportati da numeri che, anzi, quasi sempre dimostrano il contrario. Emblematico a tal proposito quanto accaduto nel capoluogo piceno in merito agli interventi di messa in sicurezza delle scuole cittadine, il più grande ed evidente fallimento di questa e delle precedenti amministrazioni, con il sindaco Fioravanti che pure, dopo l’approvazione della ridicola e inutile Ordinanza Ascoli, ripeteva con enfasi che il cronoprogramma degli interventi del Comune di Ascoli era così perfetto che sarebbe diventato un modello da imitare da parte di tutti gli altri Comuni (peccato che poi negli altri comuni del cratere gli interventi sulle scuole sono andati avanti e in molto casi si sono anche conclusi, mentre in nel comune che doveva essere preso come modello sono ancora “in alto mare”). Per non parlare, poi, di turismo e, da mesi, dei musei, con le surreali e paradossali celebrazioni di improbabili primati, mentre i dati ufficiali confermano come in entrambi i casi il capoluogo piceno continua mestamente ad essere il fanalino di cosa delle Marche.
Stesso discorso per i proclami entusiastici di Acquaroli su una sanità marchigiana sempre più a rotoli e per quelli del commissario Castelli su una fantomatica accelerazione della ricostruzione che, invece, numeri alla mano continua a segnare il passo (e in alcuni casi addirittura rallenta). Si pensava che fossero patetici stratagemmi di politici locali di basso lignaggio, invece ora appare chiaro che si tratta di una precisa strategia propagandistica di chi, come il partito della presidente della Consiglio, evidentemente ormai è convinto che la maggior parte dei cittadini (in questo caso italiani) è composto da sprovveduti “boccaloni” pronti a credere a qualsiasi favoletta nonostante l’evidenza contraria, anche che “gli asini volano”.
Così negli ultimi giorni, guarda il caso in concomitanza con il punto più basso mai toccato dal gradimento del governo e della presidente del Consiglio (rispettivamente al 40 e al 42% secondo i sondaggi), sulle pagine social di Fratelli d’Italia sono stati pubblicati post per celebrare i presunti successi di questo governo in campo economico (tra presunta crescita record del pil e promozione da parte dell’Ocse) e per quanto concerne il Pnrr. “La crescita del pil del nostro paese ha superato quella tedesca e francese – si legge in un post pubblicato da FdI sulla propria pagina Facebook il 5 dicembre scorso – l’Ocse promuove a pieni voti l’Italia”. Naturalmente, come ormai tradizione, immediatamente i fedeli cantori delle gesta del governo (i giornali di destra ma non solo) hanno rilanciato e glorificato questi presunti successi, senza minimamente preoccuparsi almeno di verificarne la fondatezza.
Anche perché, se lo avessero fatto, avrebbero scoperto un mondo completamente differente, quasi opposto, da quello raccontato dal partito della presidente del Consiglio. Perché il nuovo rapporto Ocse, pubblicato il 4 dicembre scorso, con le cifre aggiornate sull’andamento dei suoi paesi membri non promuove affatto l’Italia e fornisce dati e previsioni non propriamente positive per il nostro paese. Infatti secondo l’Ocse nel 2024 il pil italiano, rispetto al 2023, crescerà solamente dello 0,5%, con una percentuale di crescita che è la quart’ultima tra i 20 paesi del G20 e l’ottava peggiore tra i 38 paesi monitorati. L’Italia è decisamente al di sotto della crescita media dei paesi Ocse, più del triplo superiore (+1,7%), con la Spagna governata dai socialisti che fa registrare addirittura una crescita del 3%.
E se, sempre secondo l’Ocse, il pil tedesco resta fermo, quindi è effettivamente peggiore di quello italiano, quello della Francia in realtà ha una crescita doppia rispetto al nostro, con un +1,1%. Da sottolineare poi come, rispetto alle previsioni di settembre, l’Ocse ha rivisto al ribasso praticamente solo la crescita del pil italiano (dallo 0,8 allo 0,5%), a testimonianza di come la situazione sia in progressivo peggioramento. A confermarlo ci sono le stime dell’Istat, identiche a quelle dell’Ocse per il nostro paese, mentre le previsioni di Eurostat certificano non solo come la situazione in Italia sia peggiorata ma anche che il nostro paese è mestamente fanalino di coda. Infatti secondo Eurostat nel terzo trimestre 2024 il pil in Italia non è cresciuto (0%), mentre nella Germania in crisi è cresciuto dello 0,2% e in Francia dello 0,3%. E le previsioni per il prossimo anno non sono certo incoraggianti.
Infatti l’Ocse stima una crescita del nostro nel 2025 dello 0,9% pari a quella della Germania in crisi, con le due nazioni fanalino di coda tra i paesi Ocse. Addirittura peggiori le previsioni di Istata (0,8%) e Eurostat (0,7%) secondo cui l’Italia sarebbe ancora una volta fanalino di coda. Non servirebbe neppure sottolinearlo, ma è del tutto chiaro ed evidente che con simili numeri non può esserci e non c’è certo stata alcuna “promozione a pieni voti” da parte dell’Ocse che, anzi, ha manifestato una certa preoccupazione per la situazione italiana. Se per il rapporto Ocse e la crescita del pil siamo quasi all’invenzione, per quanto riguarda il Pnrr il giochino è per certi versi più semplice, si evidenzia la parte che fa comodo (e che in realtà è scontata) della notizia, omettendo i tanti rilievi negativi, per fornire un quadro estremamente positivo che, però, non assomiglia neppure lontanamente alla realtà.
“Pnrr, la Corte dei Conti promuove il governo” titola un articolo in prima pagina de “Il Secolo d’Italia” (giornale di FdI), subito rilanciato dalla pagina Facebook del partito, che fa riferimento alla relazione semestrale sull’attuazione del Pnrr della Corte dei Conti. Che non promuove affatto il governo ma si limita a constatare che è stato fatto il minimo sindacale (sotto il quale saremmo di fronte ad un fallimento di proporzioni incredibili), cioè sono stati raggiunti entro giunti gli obiettivi necessari per richiedere l’erogazione della sesta rata del piano. Peccato, però, che quello sia l’unico aspetto positivo che menziona la Corte dei Conti, costretta soprattutto a certificare i clamorosi ritardi nella spesa dei fondi, quindi negli interventi concretamente portati avanti.
“L’andamento della spesa sostenuta continua ad evidenziare scostamenti rispetto al cronoprogramma” evidenzia la Corte che ricorda anche come “emerge con evidenza lo sforzo richiesto negli ultimi semestri del Pnrr a tutti i soggetti coinvolti nella realizzazione delle iniziative progettuali al fine di assicurarne la finalizzazione nei tempi previsti”. Senza dilungarci troppo nell’oceano di cifre che si potrebbero fornire in proposito, basterebbe sottolineare come in nessuna delle missioni del Pnrr si è in linea con quanto previsto nel cronoprogramma, senza contare che a settembre 2024 risultava concretamente speso meno del 30% dei 194 miliardi disponibili. E che nei primi 9 mesi del 2024 sono stati spesi solamente 12,6 miliardi di euro, meno di un terzo di quanto previsto dal cronoprogramma per l’anno in corso e poco più della metà di quanto stimato nel Documento programmatico di bilancio (Dpb) che ad ottobre aveva rivisto al ribasso le previsioni di spesa.