Imbarazzante la reazione del governo con posizioni differenti e opposte tra ministri e partiti differenti, con le solite farneticazioni di Salvini. Per certi versi anche peggio gran parte dell’informazione tra contraddizioni, giravolte e le solite omissioni
Bisogna riconoscere che il nostro paese per certi versi è unico al mondo ed inimitabile. Nessun’altra nazione, infatti, è capace con sconcertante naturalezza, senza neppure dover forzare la mano, di trasformare qualsiasi cosa, qualsiasi evento, anche il più drammatico, il più tragico e il più serio in una paradossale farsa. Senza andare troppo indietro nel tempo, nei giorni scorsi, dopo la vergognosa “figuraccia” di Valditara (per quanto ci riguarda non merita di essere nominato come carica istituzionale…) in occasione della presentazione della fondazione Cecchettin, in onore di una ragazza vittima di femminicidio, esponenti e giornalisti di destra si sono prodigati ad appoggiare i deliri dell’esponente leghista, sostenendo che il vero problema dei femminicidi non è certo rappresentato dal 93% di casi in cui il carnefice è un italiano ma il 7% in cui è uno straniero (che naturalmente non può che essere immigrato…).
Tradotto in numeri concreti, considerando che per l’Osservatorio nazionale non una di meno i femminicidi nel 2024 fino all’8 novembre sono stati 104, di cui solamente 87 l’omicida è noto, significa che per quei “geni” dei destri dovremmo concentrare la nostra attenzione solamente sui 6 casi, fregandocene degli altri 81 in cui l’omicida è un italiano (evidentemente deve essere considerato meno grave). Sarebbe una barzelletta, se non fosse che l’argomento è drammaticamente serio. Nulla, però, al confronto di quanto di surreale e paradossale sta accadendo nel nostro paese in merito al mandato di cattura internazionale spiccato dalla Corte penale internazionale (Cpi) nei confronti di Netanyahu e Gallant (ex ministro della difesa israeliano) per “crimini di guerra e crimini contro l’umanità, commessi nell’ambito di un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Gaza”,
In questo caso, infatti, la farsa si raddoppia, anzi, addirittura si triplica perché a fianco di quella di un governo in cui ogni leader e ogni partito ha una posizione differente e contraria, c’è quella di tutta quella parte dell’informazione che, per carità, non è putiniana ma in Ucraina se la prende più con l’aggredito che con l’aggressore (e naturalmente fa esattamente il contrario a Gaza), che per mesi ha screditato e irriso la Cpi rea di aver spiccato il mandato di cattura proprio contro Putin e che ora, improvvisamente, come folgorata sulla via di Damasco, esalta quella stessa Cpi e inveisce contro chiunque provi a screditarla per difendere il premier israeliano.
Senza dimenticare quella parte dell’informazione che, invece, da quando è stato emesso il mandato di cattura nei confronti di Putin non ha fatto altro che magnificare e difendere la Cpi che, però, ora che in pratica ha usato lo stesso metro di giudizio con Netanyahu improvvisamente non è più un organismo attendibile di cui tener conto. Non c’è da stupirsi, la coerenza in questo paese evidentemente da tempo è diventata illegale. E se la destra al governo di fatto ce lo ricorda ogni giorno, non è che dall’altro lato, informazione e politici insieme, sono campioni di coerenza…
In ogni caso, a proposito della coerenza degli esponenti di governo, stupisce (ma fino ad un certo punto) che nessuno tra i più fini (o presunti tali) osservatori politici italiani abbia ricordato per l’occasione le affermazioni ripetute all’unisono da Meloni, Salvini e Tajani (e dai loro partiti) quando Pd e M5S votavano in maniera differente sulle armi all’Ucraina. “Non si può governare senza avere una posizione comune sulla politica estera” ripetevano come un mantra. Limitandoci alla fredda cronaca, dopo il provvedimento della Cpi il ministro della difesa Crosetto (FdI) ha sostenuto che non condivide la sentenza ma che sarebbe pronto ad applicarla se il premier israeliano venisse in Italia, il vicepresidente Salvini (Lega) scimmiottando Orban non solo ha sostenuto che il premier israeliano sarebbe il benvenuto in Italia ma addirittura si è riproposto di incontrare al più presto i ministri del governo Netanyahu, mentre il ministro degli esteri Tajani da buon democristiano non sta né con l’uno né con l’altro e aspetta che siano altri (i paesi alleati) a dirci cosa fare.
Con la Meloni che ovviamente tace (stavolta è più complicato per lei fare una delle cose che le riesce meglio, sostenere tutto e il contrario tutto), l’unica cosa certa che si può dire è che l’avere una posizione comune sulla politica estera, che fino a qualche giorno fa era uno dei principali dogmi per poter governare insieme, ora non vale più. Ridicolo, paradossale e imbarazzante ma c’è dell’altro, probabilmente anche di più surreale. C’è quella parte dell’informazione e quei giornalisti che per due anni hanno vomitato fango e sparato a zero contro la Cpi, ritenuto un organismo inutile ed influenzato esclusivamente dalla politica e non dal diritto, che ora d’incanto diventa il paladino della difesa dei diritti inalienabili del genere umano.
Non servirebbe neppure sottolinearlo, su tutti Marco Travaglio e il suo “Fatto Quotidiano” che quando nel 2023 la Cpi spiccò il mandato contro il dittatore russo l’attaccò duramente sostenendo che si trattava di una scelta politica. Tutto dimenticato, ora chi rivolge alla Cpi le stesse accuse che lui e il suo giornale rivolgevano a quell’organismo un anno e mezzo fa viene duramente contestato e attaccato. Naturalmente vale esattamente il discorso contrario, con l’esempio più lampante che viene da “Il Giornale” e dall’articolo di fuoco di Fiamma Nirestein. Fino a 2 giorni paladina della Cpi, unico concreto baluardo del rispetto dei diritti umani contro Putin, che ora viene accusato addirittura di essere dalla parte di Putin e di Hamas.
“La risoluzione della Cpi fornisce un assegno in bianco al terrorismo, crea un nuovo ordine legale ed etico che nega la legittima difesa, che non distingue la democrazia dalla dittatura, l’umanità dalla crudeltà, la barbarie dalla cultura, la disperata battaglia per recuperare i rapiti dalla crudeltà di ancora li tiene prigionieri” scrive nell’articolo pubblicato da “Il Giornale”. Omettendo, come gran parte dell’informazione italiana, un particolare non propriamente irrilevante. Insieme a Netanyahu e Gallant, la Cpi ha emesso un mandato di arresto anche per Mohammed Diab Ibrahim Al Masri, noto come Deif, capo militare di Hamas accusato di crimini di guerra per attacchi diretti intenzionalmente contro i civili.
Che vuol dire che la Cpi ha avuto l’impudenza di trattare gli attacchi indiscriminati contro i civili allo stato modo, qualcosa di evidentemente intollerabile per Fiamma Nirestein e quelli come lei per i quali gli inermi civili israeliani hanno valore, mentre gli inermi palestinesi hanno un valore decisamente minore, umanamente quasi irrilevante. Ne deriva che chi non distingue tra democrazia e dittatura, tra umanità e crudeltà tra barbarie e cultura è proprio chi, come Fiamma Nirestein attribuisce un valore diverso alla vita umana in base alla nazionalità, al paese di appartenenza. Per altro in realtà per la scrittrice italo israeliana per i morti civili di Gaza non si può neppure parlare di nazionalità e di paese di appartenenza, probabilmente si tratta di una sottospecie umana che non ha neppure diritto ad un avere una nazionalità e un paese di appartenenza. Perché per la Nirestein il peccato originario della Cpi è l’aver riconosciuto la Palestina nel 2015 “che non esisteva e non esiste”.
Un passaggio cruciale del suo intervento perché svela il vero sentimento, le vere motivazioni che muovono quelli come lei, cioè la volontà di negare anche solamente l’esistenza della Palestina. Sarà banale e forse troppo drastico e riduttivo, sappiamo bene che a molti non farà piacere, ma qualcuno può gentilmente spiegarci che differenza passa tra Hamas che si prefigge la distruzione totale di Israele e quelli che negano anche il diritto di esistere alla Palestina? Per quanto ci riguarda la differenza tra umanità e crudeltà vuol dire considerare tutte le uccisioni indiscriminate dei civili un crimine, che venga commesso da Putin, da Hamas e da Netanayahu. Così come la differenza tra barbarie e cultura vuol dire mettere sempre e comunque al primo posto la vita umana, che sia quella degli ucraini, dei israeliani o dei palestinesi. E siamo perfettamente d’accordo con Gad Lerner quando sostiene che è una vergognosa strumentalizzazione parlare di antisemitismo di fronte alla decisione sacrosanta (anzi, tardiva) della Cpi.
“Reagire al mandato di arresto emanato dalla Corte penale internazionale contro Netanyahu per crimini di guerra richiamandosi al processo Dreyfuss e rilanciando a sproposito l’accusa di antisemitismo è una mistificazione strumentale della storia ebraica oltre che un’ulteriore macchia sulla reputazione di Israele” scrive il giornalista di origine ebraica. Chissà se ci sarà qualcuno che avrà il coraggio di accusare di antisemitismo anche lui…