Dopo gli insulti ricevuti dalla figlia Larissa Iapichino al termine della gara olimpica, Fiona May denuncia come in Italia negli ultimi 20 anni il razzismo sia purtroppo cresciuto e puntualmente subisce dai soliti giornali di destra lo stesso trattamento riservato a Paola Egonu…
Per certi versi verrebbe quasi da dire che non è poi così negativo che qualcuno, dopo meno di 24 ore, ha vandalizzato il murales raffigurante Paola Egonu realizzato da Laika davanti alla sede del Coni a Roma. Perché, tra i tanti problemi che attanagliano questo paese, non c’è solamente un certo razzismo più che strisciante che inequivocabilmente esiste (che non vuol dire affatto, fortunatamente, che tutti gli italiani sono razzisti) ma anche la testardaggine e la veemenza con cui una parte dell’informazione e dell’opinione pubblica continua ostinatamente a negare l’evidenza, scagliandosi poi con toni da “guerra santa” contro chi si limita ad osservare e certificare la realtà, costantemente confermata da episodi come appunto quello accaduto nelle ore scorse a Roma e altri purtroppo anche più gravi.
Era molto più che un simbolo quel murales realizzato dalla street artist che non a caso era intitolato “Italianità” e raffigurava chi, come la fuoriclasse italiana del volley, ha sperimentato sulla propria pelle non solo il razzismo, ma anche le pesanti e inaccettabile conseguenze che deve subire chi ha il coraggio di denunciare e sottolineare quello che resta comunque un problema profondamente presente nel nostro paese. Paola Egonu, da quando lo ha sostenuto in un’intervista su “Vanity Fair” (nella quale, però, sottolineava anche che non voleva affatto dire che tutta l’Italia è razzista…), è stata pesantemente e violentemente presa di mira da quella parte di informazione di destra (e di conseguenza poi dai suoi fedeli adepti) che assolutamente non è razzista, ma spesso si comporta come se lo fosse, che ha orchestrato nei suoi confronti una vergognosa campagna di fango, costruita su uno sconcertante castello di “bufale”, clamorosamente smentite dalla realtà dei fatti, che pure pian piano sono diventate inattaccabili verità nelle menti di quelli che faticano a tenere a bada il proprio strisciante razzismo.
La medaglia d’oro conquistata a Parigi insieme alle sue straordinarie compagne, accompagnata dall’ennesimo riconoscimento internazionale del suo indiscusso valore, hanno in parte attenuato questa incessante campagna denigratoria nei suoi confronti. Anche perché ora c’è un nuovo bersaglio da poter colpire, un nuovo personaggio noto su cui riversare gli stessi violenti e pesanti strali riservati alla fuoriclasse italiana del volley: Fiona May. Nata in Inghilterra e divenuta italiana dopo il matrimonio con Gianni Iapichino nel 1994, con la maglia azzurra ha conquistato due titoli mondiali e due argenti olimpici (Atlanta 1996 e Sidney 2000). La figlia Larissa Iapichino ha seguito le sue orme e a Parigi ha sfiorato il podio, giungendo quarta. Esattamente come Paola Egonu, però, Larissa ha il “problema” del colore della pelle, è nera, e da anni continua a subire episodi di razzismo.
E dopo l’ennesima serie di offese subite dopo la gara olimpica, a “sbottare” è stata proprio mamma Fiona che, in un’intervista al “Corriere della Sera”, ha affermato che nel nostro paese il razzismo è purtroppo sensibilmente cresciuto rispetto ai suoi tempi, denunciando anche il trattamento ricevuto dalla figlia, con tante persone che, proprio per il colore della pelle, sostengono che in fondo Larissa non è italiana (come dicevano della stessa Egonu).
“Ma come si fa – accusa la May – l’Italia sta andando indietro anziché andare avanti, 20 anni fa non c’era tutto questo razzismo, c’è qualcosa nel subconscio del paese. Sui social scrivono che Larissa non è italiana, non mi piace neppure quando i telecronisti dicono che Larissa ha un papà italiano, mentre la mamma… Io ho gareggiato con la maglia azzurra per tutta la vita”. In realtà l’ex campionessa italiana del lungo da anni denuncia questa situazione che ha vissuto e toccato con mano sia come mamma di Larissa ma anche come responsabile della Commissione per l’integrazione della Figc. Perché la Federazione aveva affidato questo delicato compito proprio alla May che, però, dopo qualche anno ha deciso di abbandonare nel momento in cui si è accorta che “combattere il razzismo non era la loro priorità, non hanno fatto niente e invece servono misure drastiche. Quella in Figc è stata un’esperienza molto deludente”.
Era il 2019 e in una lunga intervista con il quotidiano spagnolo “El Pais” Fiona May denunciava il razzismo purtroppo esistente in Italia. “Che vergogna certi insulti a mia figlia Larissa e ad altre atlete italiane di colore – affermava – quando mia figlia ha vinto la medaglia d’oro agli Europei under 20 uno dei principali giornali ha detto che non era davvero italiana. L’estate scorsa tutto il paese è impazzito quando 4 ragazze nere vinto ai Giochi del Mediterraneo nella staffetta 4×400. Sono stati coinvolti i politici, alcuni commenti sono stati disgustosi. Era una medaglia d’oro, perché non la stavamo celebrando? Che importava di quale colore fossero le ragazze?”. Allora quella denuncia era passata quasi sotto silenzio, ora invece, forse perché arrivata con le Olimpiadi in corso, ha fatto scalpore e provocato reazioni.
Anche perché Fiona May non è certo una che le manda a dire, senza troppi giri di parole non ha paura ad affermare che “il problema è il colore della pelle. Che non dovrebbe appunto essere un problema. A maggior ragione nello sport”. E’ purtroppo sin troppo evidente che è così e se mai ce ne fosse stato bisogno ci sono alcuni episodi legati proprio alle Olimpiadi che dimostrano quanto un certo razzismo di fondo sia così fortemente radicato in una parte del paese, come il colore della pelle provochi ancora imbarazzanti distinzioni. Come il caso che riguarda il triplista Andy Diaz, anche lui atleta italiano di colore, che ha scatenato non poche discussioni con qualche quotidiano e giornalista che si è spinto a chiedersi se il suo sia un bronzo dello sport italiano. Ancora più significativo, però, il contestatissimo tweet di Bruno Vespa, finito immediatamente al centro delle polemiche, che di fatto involontariamente conferma come ancora in questo paese per una larga fetta dell’opinione pubblica il colore della pelle conti tanto, troppo.
Perché è paradossale, ma sin troppo emblematico, che Vespa, a proposito dell’oro della pallavolo femminile, esalti il modello di integrazione citando Egonu e Sylla, che hanno la pelle nera ma sono italianissime, nate e cresciute nel nostro paese, ma non Sarah Fahr (nata in Germania e figlia di genitori tedeschi) o Ekaterina Antropova (nata in Islanda da genitori russi e fino all’estate 2023 a tutti gli effetti russa) ma che hanno la pelle bianca (a scanso di equivoci, per noi non ci sono dubbi e siamo orgogliosi che siano tutte, indistintamente, italiane al 100%). Quindi che vengano da altri paesi europei, che siano nate o meno in Italia, che siano da sempre o solo da poco tempo cittadine italiane è normale considerarle come tali perché hanno la pelle bianca, mentre ancora oggi nel 2024 in qualche modo ci si stupisce e, come in questo caso, non si riesce neppure a credere che chi ha la pelle nera possa essere invece cittadino italiano al 100% (e quindi deve essere integrato…).
Però guai a dirlo, guai a sottolineare quello che è sotto gli occhi di tutti e che solo chi è volutamente cieco finge di non vedere. Così, nello spazio di poco tempo, anche Fiona May è stata subito sottoposta al trattamento riservato prima a Paola Egonu, attaccata pesantemente dai soliti “giornalacci” e dai soliti pseudo giornalisti di destra, tra inviti ad andarsene dall’Italia e accuse di ingratitudine. Senza neppure rendersi conto che proprio quel tipo di reazione di fatto la conferma di quanto purtroppo attuali e centrate siano le accuse dell’ex campionessa di salto in lungo.