La commedia è finita ma il costo per il Comune del concerto di Russel Crowe lievita…
Mentre a Piacenza Russel Crowe rivendica le origini parmensi del suo antenato italiano, la determina n. 2604 del 9 luglio svela che il Comune ha speso per il concerto del gladiatore ulteriori 20 mila euro per video e clip promozionale, che si aggiungono ai già noti 140 mila euro
La commedia è finita, con tanto di colpo di scena finale. Perché, proprio nelle stesse ore in cui anche molti dei più affezionati fans del sindaco Fioravanti sono stati costretti ad aprire gli occhi sulla surreale vicenda di Russel Crowe e delle sue presunte origine ascolane, a sorpresa si scopre che in realtà il Comune ha speso per l’occasione 160 mila euro. Perché ai 140 mila per le spese tecniche (non più di 10-15 mila euro a voler esagerare) e per il cachet del “galdiatore” e del suo gruppo bisogna aggiungere ulteriori 20 mila euro per le riprese video per una clip pubblicitaria promozionale che però ora, sulla base di quanto accaduto, sarebbe controproducente diffondere.
A svelarlo, visto il silenzio fatto scendere dall’amministrazione comunale (probabilmente per evitare di esporsi ulteriormente a “figuracce”) sulla vicenda, ancora una volta è un atto ufficiale del Comune, la determina n. 2604 del 9 luglio scorso, “Affidamento diretto del servizio di riprese integrali ai fini promozionali del concerto di Russel Crowe dell’11 luglio 2024”, pubblicato sull’albo pretorio on line lunedì 15 luglio. Con la quale l’amministrazione ha deciso di affidare alla Xentex srl, per un importo di 20 mila euro (provenienti dalle economie dell’intervento Iti 11 “OspitalitAscoli”), “ il servizio di riprese integrali ai fini promozionali del concerto di Russell Crowe ai fini dell’acquisizione del master integrale e delle foto per l’archivio del Comune di Ascoli Piceno e di una clip pubblicitaria con la sintesi del concerto della durata di circa 3 minuti per uso promozionale e social”.
Questo significa che al già incomprensibile cachet, completamente fuori mercato, bisogna aggiungere questa ulteriore spesa a dir poco discutibile. Che, per altro, testimonia in maniera inequivocabile come in questa surreale vicenda il sindaco e l’amministrazione comunale si siano fatti prendere la mano e abbiano finito per perdere il senso della ragione. Per altro la conferma dello stato a dir poco confusionale in cui è sprofondata l’amministrazione comunale è arrivata il giorno successo, con la delibera n. 206 del 10 luglio con la quale l’amministrazione comunale ha deciso di “promuovere l’affidamento delle riprese con regia video HD dell’edizione 2024 della Quintana di luglio, da trasmettere in diretta streaming e utilizzare per finalità promozionali”, con un impegno di spesa, però, 4 volte inferiore, di 4.800 euro oltre iva.
E’ sin troppo evidente che siamo di fronte ad un comportamento quasi schizofrenico, privo di ogni logica. Perché, detto che 20 mila euro sarebbe una spesa difficile da giustificare in qualsiasi caso, eventualmente si sarebbe stato molto più comprensibile l’esatto contrario, cioè spendere molto più per il video e una clip promozionale per la Quintana, che sicuramente può e deve essere uno dei principali veicoli attrattivi per sviluppare il turismo nella nostra città, e non per il concerto di Russel Crowe che, anche sforzandosi, non si capisce come possa mai rappresentare un veicolo per attrarre turisti nel capoluogo piceno. Certo poi quanto accaduto nel successivo concerto a Piacenza ha messo ancora di più a nudo come sindaco e amministrazione si siano comportati come i più sprovveduti “dilettanti allo sbaraglio”.
Ed ora più che mai è il caso di ribadire quanto sosteneva sempre Andreotti, cioè che “a pensar male si fa peccato ma spesso ci azzecca”. Perché nella surreale vicenda di Russel Crowe e delle sue presunte origini ascolane, è quanto mai calzante il famoso detto popolare “passata la festa, gabbato lo Santo”. Non ce ne voglia il “gladiatore”, ma di fatto una volta incassati i 140 mila euro tanti saluti al capoluogo piceno e fine della storia sulle presunte origine picene dei suoi avi. Infatti al successivo concerto di Piacenza ha riproposto quanto detto in piazza del Popolo, variandone semplicemente la dislocazione geografica.
“Il mio antenato italiano Luigi Ghezzi – ha detto il “gladiatore” a Palazzo Farnese a Piacenza – nacque a Parma nel 1827, poi partì nel 1850 e non tornò mai più. Ma stasera io sono tornato a casa, stasera io sono emiliano”. Al di là del fatto che quelle affermazioni in effetti avevano almeno un qualche fondamento in più, perché le origini parmensi dei suoi avi erano state certificate dall’Archivio di stato e da altre autorevoli ricerche, in realtà il “gladiatore” (che si era già dichiarato romano al Colosseo e, poi, italiano a Varese) ha fatto semplicemente quello che solitamente ai concerti fanno tutte le star, italiane o straniere: scaldare ulteriormente la piazza rivendicando un improbabile legame con il territorio.
Lo ha fatto anche Taylor Swift a San Siro, sostenendo di aver sempre sognato di venire a Milano e di essere innamorata di quella città (stesse parole ripetute poi a Londra). Che gli spettatori presenti al concerto in quel momento si lascino trascinare da quelle affermazioni ci sta, ma che poi un sindaco o un’amministrazione comunale ci voglia costruire sopra chissà cosa, addirittura spendendo ulteriori 20 mila euro per il video e una clip pubblicitaria, è un’autentica follia. Perché, lo capisce anche un bambino, in termini pratici per Milano, Ascoli, Parma e Roma non cambia nulla se Taylor Swift si sente milanese o Russel Crowe ascolano, parmense o romano, visto che nessun turista eventualmente deciderà di andare a visitare una di quelle città solo per gli avi del gladiatore o per l’endorsment della Swift. Un concetto che dovrebbe essere una banalità ma che, chissà perché, nel meraviglioso regno di Ugualos è duro da far comprendere soprattutto a quella parte di “sudditi” più fedeli.
Che, per altro, fingono di ignorare l’aspetto comunque rilevante di questa semiseria vicenda: al Comune di Ascoli l’improbabile annuncio sulle origini picene fatto da Russel Crowe è costato la modica cifra di 140 mila euro, a Piacenza (e quindi anche a Parma) zero euro. Si perché, a differenza di quanto accaduto nel capoluogo piceno, a Piacenza il Comune non ha tirato fuori un euro per il concerto del “gladiatore” a palazzo Farnese, con i biglietti che costavano tra 45 e 60 euro (per un incasso complessivo di circa 50 mila euro che vuol dire che, tolte le spese tecniche, Russel Crowe e il suo gruppo hanno intescato circa 40 mila, meno di un terzo rispetto al cachet ottenuto dal Comune di Ascoli).
Naturalmente, mentre da giorni sui social infuriano le polemiche e le discussioni, nonostante anche molti dei loro affezionati fans invocano un intervento chiarificatore, Fioravanti e l’amministrazione comunale si guardano bene dall’intervenire, lasciando che ad esporsi e rimediare solenni “figuracce” siano i loro “sudditi” più fedeli, ma al tempo stesso più ingenui e sprovveduti, che nel tentativo di giustificare l’ingiustificabile si aggrappano ad un presunto e inesistente ritorno d’immagine o, peggio ancora, con motivazioni risibili cercano di negare l’evidenza, cioè che quei 140 mila euro sono una spesa folle e fuori mercato. In tal senso ci sono pochi dubbi, nelle località dove il concerto di Russel Crowe è ad ingresso gratuito come ad Ascoli (Ladispoli e Siena), comunque il cachet del “gladiatore” è decisamente inferiore. Al Summer Fest di Ladispoli, ad esempio, il costo per il Comune per i 3 concerti di Russel Crowe, Celestino e Clara ammonta a 150 mila euro, quindi considerando circa 20-30 mila euro per spese tecniche e di promozione dell’evento, il cachet per i tre artisti non supera i 40 mila euro per ognuno. A poco di più ammonta (circa 50 mila euro) il cachet a Siena.
D’altra parte quella, all’incirca, è anche la somma incassata dal gladiatore e la sua band, al netto delle spese tecniche, nei concerti con biglietto d’ingresso a pagamento. Quanto al presunto ritorno di immagine o all’eventuale improbabile traino per il turismo abbiamo già sottolineato come sei semplicemente ridicolo e fuori da ogni logica pensare che qualcuno possa pensare di venire ad Ascoli perché nella città si è esibito Russel Crowe (e tanto meno qualcuno da fuori poteva pensare di venire per il concerto, viste le modalità d’ingresso) o perché il “gladiatore” avrebbe svelato (vero o falso che sia) le origini picene dei suoi avi.
Per altro sarebbe sufficiente informarsi un minimo che in effetti diversi tg e programmi tv (“Studio Aperto”, Sky tg 24, Rai news, “La vita in diretta”) hanno parlato del tour del gladiatore, in alcuni casi mandando in onda anche lunghe interviste, nelle quali si parla a lungo del suo ritorno al Colosseo, del suo tour in Italia, con citazione di alcune date (come piazza del Campo a Siena) ma senza mai che Ascoli o il nostro territorio sia stato mai nominato, neppure per sbaglio. Si potrebbe aggiungere che lo stesso “gladiatore”, sui social, per mesi ha parlato del suo futuro (attuale) tour in Italia, raccontando l’emozione di tornare a Roma e al Colosseo, ma anche di andare in posti che hanno una storia come Pompei e Siena, senza far alcun riferimento al capoluogo piceno. Che, invece, viene messo in risalto da “Dagospia” (con oltre 2 milioni di utenti unici uno dei siti più consultati in Italia), ma non proprio in maniera particolarmente positiva.
“Una volta Ascoli vantava Carletto Mazzone, ora un neozelandese simbolo di una Roma di celluloide” scrive Dagospia che definisce Russel Crowe “il gladiatore dei trigliceridi” e “il ruffianissimo attore”. Forse non proprio il massimo, soprattutto dopo aver speso 160 mila euro…