La “Liberazione” dimenticata, ennesimo oltraggio al capoluogo piceno


Ancora una volta il sindaco Fioravanti e l’amministrazione comunale “dimenticano” di ricordare l’anniversario della liberazione di Ascoli dall’occupazione nazista, avvenuta il 18 giugno 1944 grazie all’azione congiunta del Corpo Italiano di Liberazione e dei partigiani

 “Chi di­men­ti­ca la pro­pria sto­ria pas­sa­ta non ha fu­tu­ro” affermava nel 2015, nella sua visita ufficiale a Sarajevo, Papa Francesco. Bi­so­gne­reb­be ri­cor­dar­lo al sovrano di Ugualos Fio­ra­van­ti e al­l’am­mi­ni­stra­zio­ne co­mu­na­le ma, a giu­di­ca­re da cer­ti igno­bi­li com­men­ti let­ti sui so­cial, an­che ad una par­te dei cit­ta­di­ni asco­la­ni. Al­me­no a quel­li che, per igno­ran­za o per­ché an­co­ra no­stal­gi­ca­men­te le­ga­ti ad un’i­deo­lo­gia for­tu­na­ta­men­te mor­ta e se­pol­ta (dopo aver pro­cu­ra­to mi­lio­ni e mi­lio­ni di mor­ti in­no­cen­ti), si osti­na­no a rin­ne­ga­re e non celebrare come si dovrebbe quel­la che in­ve­ce è una data sto­ri­ca per la no­stra cit­tà.

Per­ché al 18 giu­gno 1944 sono le­ga­te le più pro­fon­de ra­di­ci del ca­po­luo­go pi­ce­no ed un sin­da­co ed un’am­mi­ni­stra­zio­ne co­mu­na­le che dav­ve­ro han­no a cuo­re e ama­no la pro­pria cit­tà, come a pa­ro­le so­sten­go­no Fio­ra­van­ti e gli al­tri as­ses­so­ri, do­vreb­be­ro fe­steg­gia­re o quan­to meno ri­cor­da­re nel giu­sto modo. Per chi an­co­ra non lo sa­pes­se, il 18 giu­gno è l’an­ni­ver­sa­rio del­la li­be­ra­zio­ne di Asco­li dal­l’oc­cu­pa­zio­ne na­zi­sta. Esat­ta­men­te 80 anni fa il ca­po­luo­go pi­ce­no fi­nal­men­te tor­na­va ad es­se­re li­be­ro, dopo aver pa­ga­to un du­ris­si­mo prez­zo in ter­mi­ni di vite uma­ne, an­che di sem­pli­ci ci­vi­li, alla fe­ro­ce e san­gui­no­sa oc­cu­pa­zio­ne na­zi­sta (con il sup­por­to del­la mag­gior par­te dei fa­sci­sti lo­ca­li).

Sa­reb­be sta­to do­ve­ro­so per il sin­da­co che a parole dice sempre di amare ed essere profondamente legato alla sua città ri­cor­da­re ade­gua­ta­men­te que­sta ri­cor­ren­za. In­ve­ce nul­la, nep­pu­re una sem­pli­ce ci­ta­zio­ne nep­pu­re un cen­no, una gra­vis­si­ma e inac­cet­ta­bi­le di­men­ti­can­za che ver­reb­be da spe­ra­re che sia sta­ta pro­vo­ca­ta sem­pli­ce­men­te dal­l’i­gno­ran­za (nel sen­so di man­can­za di co­no­scen­za del­la sto­ria del­la pro­pria cit­tà). “A pen­sar male si fa pec­ca­to ma spes­so ci si az­zec­ca” di­ce­va sem­pre An­dreot­ti e mai come in que­sta cir­co­stan­za l’i­nac­cet­ta­bi­le si­len­zio del pri­mo cit­ta­di­no ine­vi­ta­bil­men­te ge­ne­ra “cat­ti­vi pen­sie­ri”. Un silenzio che stupisce e indigna perché rappresenta una gravissima mancanza di rispetto nei confronti del capoluogo piceno.

Così, an­co­ra una vol­ta, ci ha pensato l’Anpi Ascoli a ri­cor­da­re e onorare come merita questo 80° an­ni­ver­sa­rio del­la li­be­ra­zio­ne del ca­po­luo­go pi­ce­no con una se­rie di ini­zia­ti­ve in pro­gram­ma in questi giorni. Tra cui, oltre alla cerimonia per la deposizione di una corona d’alloro sulla targa che in piazza Simonetti ricorda il sacrificio dei 278 caduti per la libertà e la democrazia, l’incontro con il direttore di Fanpage Francesco Cancellato, al centro della cronaca per la scottante inchiesta sul movimento giovanile del partito della presidente del Consiglio (Gioventù Nazionale), per parlare del suo libro “Nel continente nero”. Eppure dovrebbe essere compito soprattutto delle istituzioni locali ricordare la storia della propria città, soprattutto a quanti, com­ple­ta­men­te di­giu­ni di sto­ria, con­ti­nua­no a cer­ca­re di scre­di­ta­re la Re­si­sten­za, so­ste­nen­do che i par­ti­gia­ni non han­no avu­to al­cun ruo­lo nel­la Li­be­ra­zio­ne del no­stro pae­se dai nazi fa­sci­sti, me­ri­to esclu­si­vo del­le trup­pe al­lea­te. E pur­trop­po, come ab­bia­mo avu­to la con­fer­ma nei gior­ni scor­si, sono an­co­ra nu­me­ro­si i no­stri con­cit­ta­di­ni che cre­do­no a que­sta co­los­sa­le bag­gia­na­ta.

Per que­sto è uti­le ri­cor­da­re a que­sti si­gno­ri le vi­cen­de del ca­po­luo­go pi­ce­no nel cor­so del­la se­con­da guer­ra mon­dia­le, come è av­ve­nu­ta la li­be­ra­zio­ne di Asco­li e di gran par­te del ter­ri­to­rio pro­vin­cia­le. Che, per al­tro, sono la più evi­den­te di­mo­stra­zio­ne di quan­to fal­sa sia quel ge­ne­re di ri­co­stru­zio­ne. E di come, pri­ma di espor­si a si­mi­li brut­te fi­gu­re, sa­reb­be me­glio in­for­mar­si. Si per­ché il ca­po­luo­go pi­ce­no ven­ne li­be­ra­to, tra il 18 e il 20 giu­gno 1944, gra­zie al­l’a­zio­ne con­giun­ta del CIL (Cor­po Ita­lia­no di Li­be­ra­zio­ne) e dei grup­pi par­ti­gia­ni. Che en­tra­ro­no per pri­mi in cit­tà in­sie­me al 184° reg­gi­men­to pa­ra­ca­du­ti­sti del­la Nem­bo e il 61° bat­ta­glio­ne al­lie­vi uf­fi­cia­li ber­sa­glie­ri. Stes­sa cosa ac­cad­de a San Be­ne­det­to e, al­cu­ni gior­ni dopo, an­che ad An­co­na (18 lu­glio 1944).

Nien­te ame­ri­ca­ni e in­gle­si, nes­sun aiu­to del­le for­ze al­lea­te, solo par­ti­gia­ni asco­la­ni e mi­li­ta­ri ita­lia­ni per li­be­ra­re la cit­tà dai nazi-fa­sci­sti (men­tre ad An­co­na in­sie­me al CIL e ai par­ti­gia­ni c’e­ra­no i Lan­cie­ri di Car­pa­zia del II Cor­po d’Ar­ma­ta po­lac­co). Per chi non co­no­sce la sto­ria del no­stro pae­se e, in par­ti­co­la­re, del­la se­con­da guer­ra mon­dia­le, il Cor­po Ita­lia­no di Li­be­ra­zio­ne era un’u­ni­tà mi­li­ta­re ope­ra­ti­va del­l’E­ser­ci­to Co­bel­li­ge­ran­te Ita­lia­no nato dopo l’ar­mi­sti­zio del­l’8 set­tem­bre. Ini­ziò ad ope­ra­re ad ini­zio del 1944 come cor­po d’ar­ma­ta di uni­tà di li­vel­lo di­vi­sio­na­le. La pri­ma di­vi­sio­ne ven­ne crea­ta ex novo dal­l’u­nio­ne di due bri­ga­te di fan­te­ria (tra cui il Pri­mo Rag­grup­pa­men­to Mo­to­riz­za­to) con i re­la­ti­vi sup­por­ti, men­tre la se­con­da era la 184^ di­vi­sio­ne pa­ra­ca­du­ti­sti “Nem­bo” di stan­za in Sar­de­gna e poi ri­por­ta­ta sul ter­ri­to­rio con­ti­nen­ta­le.

Da fine mag­gio del 1944 il CIL av­viò l’of­fen­si­va che, con il sup­por­to del­le va­rie bri­ga­te par­ti­gia­ne, por­tò alla li­be­ra­zio­ne di di­ver­se cit­ta­di­ne del cen­tro sud (Fi­let­to, Ca­no­sa, San­ni­ta, Guar­dia­gre­le, Or­so­gna, Buc­chia­ni­co, Chie­ti) per poi ar­ri­va­re an­che nel­le Mar­che. Tor­nan­do alle vi­cen­de del ca­po­luo­go pi­ce­no, Asco­li ven­ne oc­cu­pa­ta dai te­de­schi il 12 set­tem­bre 1943, po­chis­si­mi gior­ni dopo l’ar­mi­sti­zio. In quei gior­ni in cit­tà era­no di stan­za di­ver­se for­ze mi­li­ta­ri: alla ca­ser­ma Um­ber­to I c’e­ra­no due com­pa­gnie di un bat­ta­glio­ne di fan­te­ria (cir­ca 140 mi­li­ta­ri), alla ca­ser­ma Vec­chi c’e­ra una com­pa­gnia di­stret­tua­le di 120 uo­mi­ni, men­tre alle Ca­ser­met­te c’e­ra­no gli avie­ri per un to­ta­le di ol­tre mil­le uo­mi­ni.

Ci fu­ro­no di­ver­si scon­tri a fuo­co, il più cruen­to nel­la zona del­le ca­ser­met­te fun­zio­na­li a San Fi­lip­po dove i te­de­schi tro­va­ro­no ad ac­co­glier­li gli avie­ri al­li­nea­ti a di­fe­sa del­l’in­gres­so del­la stra­da e sul ca­val­ca­via del­la fer­ro­via, con an­che nu­me­ro­si cit­ta­di­ni asco­la­ni ar­ma­ti e ap­po­sta­ti tra le case e so­pra i tet­ti. Lo scon­tro pro­vo­cò de­ci­ne di mor­ti e fe­ri­ti da ambo le par­ti. In se­gui­to a que­gli av­ve­ni­men­ti mol­ti di quei sol­da­ti ita­lia­ni, ab­ban­do­na­te le loro ca­ser­me, sa­li­ro­no a Col­le San Mar­co dove poi si ra­du­na­ro­no nu­me­ro­si ci­vi­li, por­tan­do armi e mu­ni­zio­ni re­cu­pe­ra­te nel­le ca­ser­me ab­ban­do­na­te. E’ qui che si or­ga­niz­zò una ban­da par­ti­gia­na co­sti­tui­ta da ci­vi­li, mi­li­ta­ri in fuga, ex pri­gio­nie­ri al­lea­ti scap­pa­ti dai cam­pi di con­cen­tra­men­to, men­tre an­che in cit­tà si co­sti­tuì un co­mi­ta­to cit­ta­di­no che rac­co­glie­va cibo, co­per­te e ve­stia­rio da por­ta­re ai par­ti­gia­ni a San Mar­co.

La bat­ta­glia più cruen­ta si svol­se dal­l’al­ba del 3 ot­to­bre fino a sera quan­do tut­te le sac­che di re­si­sten­za fu­ro­no an­nien­ta­te. In quel­lo scon­tro mo­ri­ro­no 14 par­ti­gia­ni, in se­gui­to ai ra­strel­la­men­ti dei gior­ni suc­ces­si­vi (nei qua­li i na­zi­sti fu­ro­no aiu­ta­ti e gui­da­ti da fa­sci­sti lo­ca­li) ne fu­ro­no fu­ci­la­ti al­tri 12. Nel­le set­ti­ma­ne suc­ces­si­ve i par­ti­gia­ni asco­la­ni si rior­ga­niz­za­ro­no in pic­co­li grup­pi che si sta­bi­li­ro­no sul­le al­tu­re che cir­con­da­va­no la cit­tà, men­tre al­tri pre­se­ro la stra­da di mon­ta­gna. Al­tri nu­clei ar­ma­ti si co­sti­tui­ro­no nel­la zona pe­de­mon­ta­na dei Si­bil­li­ni da Ac­qua­san­ta ad Aman­do­la e lun­go la li­nea Adria­ti­ca da Por­to d’A­sco­li e Por­to San­t’El­pi­dio. Nel mar­zo del 1944, poi, aiu­ta­ti dai fa­sci­sti lo­ca­li, i na­zi­sti die­de­ro il via ad una va­sta azio­ne di ra­strel­la­men­ti che por­ta­ro­no ai tra­gi­ci fat­ti di Ro­ve­ti­no, Poz­za e Umi­to e, suc­ces­si­va­men­te, Mon­te­mo­na­co dove fu­ro­no bar­ba­ra­men­te uc­ci­si an­che di­ver­si ci­vi­li iner­mi.

Come det­to, poi, nel giu­gno del­lo stes­so anno la li­be­ra­zio­ne del­la cit­tà ad ope­ra del CIL e dei grup­pi par­ti­gia­ni. In meno di un anno di lot­ta il tri­bu­to di vite fu co­mun­que no­te­vo­le. Com­ples­si­va­men­te mo­ri­ro­no 162 par­ti­gia­ni asco­la­ni (di Asco­li e pro­vin­cia) men­tre al­tri 110 par­ti­gia­ni di al­tre lo­ca­li­tà ita­lia­ne per­se­ro la vita nel ter­ri­to­rio asco­la­no. Tra loro c’e­ra­no an­che, ol­tre ai ci­vi­li, nu­me­ro­si mi­li­ta­ri e ca­ra­bi­nie­ri.

Que­sta è la sto­ria del­la no­stra cit­tà, del­la sua lot­ta di li­be­ra­zio­ne dai nazi-fa­sci­sti (che è val­sa al ca­po­luo­go pi­ce­no la Me­da­glia d’O­ro al Va­lo­re Mi­li­ta­re), di cui ogni vero asco­la­no non può che es­ser­ne or­go­glio­so. Chi, per igno­ran­za o per ot­tu­si­tà, la di­sco­no­sce e non ne va fie­ro evi­den­te­men­te non ha a cuo­re la sua cit­tà e non ha al­cun sen­so del ri­spet­to per la pro­pria co­mu­ni­tà che ha pa­ga­to un prez­zo così alto di san­gue, an­che per po­ter ga­ran­ti­re la mas­si­ma li­ber­tà a sog­get­ti che in real­tà non la me­ri­te­reb­be­ro…

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