Netanyahu e il governo israeliano come i terroristi di Hamas, secondo i dati ufficiali dell’Onu uccisi a Gaza oltre 25 mila inermi civili, tra cui più di 10 mila bambini. Ed un rapporto dell’intelligence americana svela che Hamas non si è certo indebolito…
Le voci accusatorie nei confronti di Israele e della politica di guerra di Netanyahu arrivano anche e soprattutto dalla stessa Israele, addirittura da prima dell’inizio della presunta guerra contro Hamas che, nei fatti, è diventato un vero e proprio inutile massacro contro la popolazione di Gaza. Non a caso lo storico israeliano Ilan Pappè, molto prima di quel tragico 7 ottobre, definiva la politica israeliana verso i palestinesi un “incremental genocide” (“genocidio al rallentatore”), condannando “la distruzione definitiva dei palestinesi come gruppo nazionale attraverso la normalizzazione dell’annessione israeliana del territorio palestinese e l’esilio o l’assorbimento del gruppo nazionale di persone che si identificano come palestinesi”.
Ora, dopo i fatti del 7 ottobre scorso, si può tranquillamente dire che c’è stata un’evidente accelerazione nel genocidio. Ed ancora una volta ad accusare di quell’orribile crimine Israele sono gli stessi israeliani, in particolare “Jewish Voice for Peace”, la più grande organizzazione ebraica progressista, in un documento sottoscritto il 9 dicembre scorso da 55 storici specializzati nello studio della Shoah nel quale si chiede l’immediato cessate il fuoco “per fermare gli attacchi di massa, i crimini di guerra e il genocidio di Israele a Gaza, garantire il rilascio degli ostaggi israeliani e portare aiuti umanitari alla popolazione di Gaza che muore di fame a causa dell’assedio israeliano”. “Noi studiosi dell’Olocausto, del genocidio e della violenza di massa – si legge nel documento – ci sentiamo obbligati a mettere in guardia dal pericolo di genocidio nell’attacco di Israele a Gaza”.
Per altro è oltre modo significativo e dovrebbe quanto meno far riflettere il fatto che il 12 gennaio scorso presso la sede dell’Aja della Corte internazionale di giustizia (il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite) si è svolta la prima udienza del procedimento contro Israele, accusato appunto di genocidio. E se è vero che a presentare la denuncia è stato il Sudafrica, è altrettanto innegabile che, anche se in maniera meno accentuata, parte dei vertici delle Nazioni Unite sembra condividere le accuse mosse nei confronti dello Stato ebraico. Al di là dei termini utilizzati, da “genocidio” a “crimini di guerra”, il dato di fatto incontrovertibile è che con il passare dei giorni diventa sempre più difficile, praticamente impossibile, giustificare in qualche modo l’aggressività e la violenza indiscriminata di Israele. Perplessità e dubbi si levano ormai anche da diversi paesi occidentali, da più parti si invita il premier israeliano e il suo governo di guerra a fermarsi.
Paradossalmente, però, nel nostro paese chiunque osa criticare o anche solo mettere in discussione la folle e sanguinaria politica di distruzione di Netanyahu da gran parte dell’informazione e della politica viene subito accusato di antisemitismo, senza pensare che, allora, anche la crescente parte di israeliani che denuncia l’azione criminale del proprio governo dovrebbe essere tacciata come tale. E come sempre per gli ultras di casa nostra i fatti non contano, sono solo un fastidioso particolare.
Così si finge di ignorare o comunque non si da il giusto risalto ad informazioni, numeri e dati che stanno a dimostrare inequivocabilmente come quella che sta portando avanti il gabinetto di guerra di Netanyahu è solamente una feroce e sanguinaria vendetta nei confronti del popolo della striscia di Gaza. E che, di conseguenza, non c’è alcuna differenza tra lo stesso premier e il governo israeliano e i terroristi di Hamas che hanno compiuto l’orribile strage del 7 ottobre scorso. Che, è giusto ricordarlo, ha provocato la morte di circa 1.200 israeliani, a cui si devono aggiungere i quasi 250 ostaggi (di cui poco più di un centinaio ancora nelle mani di Hamas), senza dimenticare le orribili atrocità e violenze, gli indicibili scempi che sono stati compiuti sulle povere vittime e sugli ostaggi stessi.
Nessuno può e deve dimenticare questo orribile massacro, tanto meno provare anche solo a giustificarlo, a prescindere dalle eventuali ragioni storiche dei palestinesi e dalle colpe di Israele. Ma, allo stesso tempo, non ci si può indignare per quel massacro, per quei 1.200 morti ma poi fare “spallucce”, fregarsene e, anzi, considerare inevitabile e giustificabile la conseguente strage di civili, di proporzioni decisamente maggiori, che sta perpetrando Israele come feroce vendetta, mascherata da guerra per distruggere definitivamente Hamas. Obiettivo che, come chi non ha i “paraocchi” aveva subito compreso, è praticamente certo che non potrà in alcun modo essere raggiunto, neppure solo parzialmente.
La conferma è arrivata nelle ore scorse da un rapporto delle agenzie di intelligence americane, ovviamente completamente ignorato dalla maggior parte dell’informazione italiana (e che invece sta avendo molto risalto negli Usa e negli altri paesi occidentali) secondo cui Israele sta inequivocabilmente fallendo l’obiettivo che aveva sbandierato, al punto che nel rapporto si afferma che si può dire senza tema di smentita che “sta perdendo la guerra”. Infatti Hamas fino ad ora ha subito perdite decisamente contenute in questi 3 mesi di feroci bombardamenti e di guerra, con meno del 30% dei propri miliziani uccisi e una capacità di combattere praticamente intatta, tanto che nel rapporto stesso si certifica che Hamas stesso sarebbe in grado di affrontare tranquillamente la guerra per molti mesi ancora. Non solo, a testimonianza di come non sia stata praticamente scalfita, l’organizzazione terroristica sta pian piano restaurando i controlli di polizia all’interno di Gaza e tutti i suoi capi nella Striscia, a partire da Sinwar e Deif, sono vivi e continuano ad operare senza problemi.
Di contro nelle stesse ore in cui è stato reso noto quel rapporto, l’ente di parità delle Nazioni Unite (United Nations Women) ha diffuso un bollettino secondo cui sono più di 25 mila i civili uccisi da Israele dall’inizio della guerra con Hamas, tre volte di più del numero complessivo di morti che si è registrato a Gaza negli ultimi 15 anni. Inoltre circa il 70% delle vittime civili sono donne o bambini, dati confermati da tutte le associazioni che si occupano dell’infanzia, secondo cui sono più di 10 mila i bambini uccisi dai bombardamenti e dalle azioni militari degli israeliani. Numeri impressionanti e sconcertanti che non lasciano dubbi su due dati di fatto inequivocabili. Il primo che la guerra che sta conducendo Israele non scalfisce quasi per nulla Hamas ma colpisce soprattutto inermi civili, in particolare donne e bambini.
Il secondo che si può anche discutere se si possa legittimamente parlare di genocidio o di crimini di guerra ma ciò che indubitabile è che siamo di fronte ad un’inaccettabile e deliberata strage di civili. E che chi la sta impietosamente perpetrando, Netanyahu e il suo governo, è da mettere sullo stesso piano dei terroristi di Hamas.