Il nuovo anno si apre con al centro nelle Marche l’emergenza sanità, dopo la clamorosa denuncia dei revisori dei conti secondo cui “la sanità marchigiana è per pochi privilegiati”. Intanto nel Piceno non si ferma la mobilitazione da parte delle Rsu dell’Ast di Ascoli
“I dati delle liste di attesa, vero banco di prova di questa amministrazione regionale, non sono tollerabili e portano a pensare che la sanità marchigiana tutt’altro che universale sia per pochi privilegiati (facoltosi, raccomandati, fortunati, ecc.)” scrivono i revisori dei conti nel parere allegato al bilancio previsionale 2024-26 della Regione. “Ad un anno dalla nascita delle Ast dobbiamo constatare il fallimento delle stesse che continuano a mantenere una disparità di trattamento delle varie zone territoriali” scrive la Rsu dell’Ast di Ascoli insieme alle organizzazioni sindacali territoriali nel documento di fine anno che annuncia il proseguimento delle azioni di mobilitazione “che, se necessario, giungeranno ad Ancona”.
“I sottoscritti Direttori dei Dipartimenti clinico-assistenziali dell’azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche vogliono rappresentare l’allarmante degrado degli standard assistenziali e di sicurezza delle cure omogeneamente diffusa in tutti i Dipartimenti e in tutte le discipline chirurgiche e mediche e dei servizi registrabili all’interno dell’ospedale di Torrette, a causa della perdita del numero minimo di operatori sanitari adeguati a sostenere l’operatività quotidiana. Il depotenziamento dell’azienda ospedaliera, perno su cui ruota tutta la sanità regionale determinerebbe inevitabilmente l’implosione di tutta la rete sanitaria marchigiana” scrivevano ad inizio dicembre, in una nota che rappresentava un durissimo atto di accusa, 11 dirigenti dell’ospedale Torrette di Ancona.
Qualche settimana prima era stata la Corte dei Conti a bocciare pesantemente la politica sanitaria regionale e la riforma sanitaria approvata nel corso dell’estate dalla giunta regionale guidata dal governatore Acquaroli. “Solo a fronte di un miglioramento delle prestazioni erogate può giustificarsi l’incremento dei costi riconducibili all’entrata a regime della nuova organizzazione sanitaria” scriveva la Corte dei Conti sottolineando anche le coperture economiche assolutamente vaghe. Sotto accusa, però, quelli che invece dovevano essere i cardini della politica sanitaria dell’amministrazione Acquaroli, liste di attesa e mobilità passiva, con la Corte che sottolineava “i ritardi nel recupero delle liste di attesa, la mastodontica spesa per la mobilità passiva e i ritardi nel completamento di importanti interventi infrastrutturali” (come il nuovo Salesi, l’ospedale di Fermo a Campiglione e il nuovo Inrca, tutte opere programmate e avviate dalla precedente giunta regionale “i cui costi e tempi di realizzazione sono lievitati nel tempo”).
Potremmo proseguire ancora a lungo ma già così è ampiamente sufficiente per comprendere come l’anno appena terminato nelle Marche si è chiuso all’insegna della gravissima situazione in cui versa il sistema sanitario regionale, con il 2024 che si apre con l’emergenza sanità che ha ormai assunto proporzioni imbarazzanti. Proprio la sanità era stata posta al primo posto da Acquaroli e dalla destra nella campagna elettorale prima delle regionali del 2020. L’attuale governatore allora aveva promesso la drastica riduzione delle liste di attesa, della mobilità passiva e il progressivo azzeramento delle distanze tra le varie province marchigiane, con una particolare attenzione per la provincia di Ascoli, “mai più Cenerentola” in campo sanitario. E’ indiscutibile che la pandemia abbia complicato le cose ma è altrettanto innegabile che, con tutte le difficoltà del caso, le altre regioni sono ripartite, anche grazie al supporto del precedente governo Draghi che ha stanziato importanti fondi per aiutare le Regioni stesse a recuperare prestazioni e interventi non effettuati nel periodo del covid.
Cosa che è accaduta in maniera concreta e positiva in tutte le altre Regioni, con percentuali di recupero di prestazioni e interventi tra il 75 e il 97%, mentre le Marche si sono fermate al 30%. Ma più in generale il peggioramento complessivo e consistente della sanità regionale è sotto gli occhi di tutti, frutto anche e soprattutto di scelte che definire sbagliate e insensate è un eufemismo. Come, ad esempio, il grande piano per la riorganizzazione dei Pronto Soccorso, presentato con la solita enfasi dall’accoppiata Acquaroli-Saltamartini nel giugno 2022, che avrebbe dovuto ridurre drasticamente tempi di attesa e disagi dei cittadini, di cui, però, si sono perse le tracce, per altro come ampiamente previsto e annunciato sin dalla sua presentazione (vedi articolo “Riorganizzazione dei Pronto Soccorso, il grande bluff”).
Detto che i tempi di attesa sono decisamente peggiorati e che la mobilità passiva è aumentata in maniera preoccupante, l’aspetto che più sconcerta è che, nonostante un peggioramento generale della sanità marchigiana, le disuguaglianze tra i vari territori si sono ulteriormente accentuate (e continueranno ad allargarsi grazie alla riforma approvata l’estate scorsa), con la sanità picena di fatto ridotta ai minimi termini, praticamente in stato di coma ormai irreversibile. Emblematico, in tal senso, il comunicato con il quale la Rsu dell’Ast di Ascoli a fine anno annuncia l’ennesima mobilitazione.
“La Rsu – si legge nel comunicato – si trova costretta a scrivere a tutti gli organi preposti al governo della sanità regionale, per chiedere quale modello di Sanità hanno intenzione di garantire a questo territorio, che da sempre viene sottostimato e che vede crescere sempre di più il servizio privato a discapito del pubblico. Il personale precario che durante il periodo della pandemia covid ha garantito il funzionamento di tutte le strutture sanitarie pubbliche, in buona parte non verrà riconfermato, se non per qualche mese o addirittura affatto e questo si traduce con un una sola consapevolezza: ad oggi non abbiamo certezze su quale sarà il destino di questa Azienda Sanitaria Territoriale. Tutto questo avrà ripercussioni negative su tutti i Servizi e sull’organizzazione del lavoro con ripercussioni sulla qualità della cura erogata a tutta l’utenza”.
Un grido d’allarme, l’ennesimo di una serie interminabile, che ancora una volta è facile prevedere che verrà completamente ignorato, anche perché per nulla supportato dalle istituzioni locali, a partire dall’amministrazione comunale e dal sindaco di Ascoli, che ormai hanno abbandonato al proprio destino la sanità locale, sacrificata sull’altare degli interessi politici di parte. Ma se la sanità picena ormai da tempo ha il destino segnato, futuro e prospettive non certo migliori per quella regionale, in un “mal comune” che mai come in questo caso non fa certo “mezzo gaudio”. Quanto grave sia la situazione purtroppo lo sperimentano sulla propria pelle quotidianamente i cittadini marchigiani. Ma ora a mettere nero su bianco quanto sta accadendo ci hanno pensato i revisori dei conti della Regione stessa, non qualche esponente o partito dell’opposizione, con quell’affermazione secondo cui “la sanità marchigiana è per pochi privilegiati” che rappresenta un’accusa senza precedenti.
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti” recita l’articolo 32 della Costituzione. Che, evidentemente, nelle Marche non è più vigore…